Spesso le cose diventano evidenti e importanti nel momento stesso in cui
vengono nascoste alla vista. Esistono, lo sappiamo, ma tolte al nostro
sguardo rivelano tutto il vuoto che lascia il loro non esserci. Ci si
accorge di quanto bene si vuole a una
persona quando questa è lontana, ci si rammarica per tutte le volte non
gli abbiamo prestato attenzione, che non abbiamo approfondito la sua
conoscenza. Lo stesso meccanismo può essere applicato agli oggetti e
perfino ai monumenti. Come i due caselli daziari
di Porta Venezia a Milano.
Ieri mattina chi si è trovato a passare per quel nevralgico crocevia, è
rimasto basito: cosa diavolo è successo ai due edifici neoclassici
simbolo della città? Chi li ha "impacchettati" con quei sacchi sporchi,
scarabocchiati e strappati? Ma soprattutto perché
tutto questo degrado? La maggior parte di turisti e milanesi a tutto
hanno pensato tranne che quella fosse un'opera di "land art" come
quelle di Christo. C'è chi ha pensato ad un'occupazione da parte dei
migranti. C'è chi ha pensato a un imminente
restauro: che quei teloni servano a coprire il cantiere. Altri hanno
creduto che fosse il set cinematografico di un film ambientato in
qualche favela, alcuni hanno immaginato una spettacolare
sorpresa nascosta nel loro interno.
Niente di tutto questo. Entrando nel primo
casello "impacchettato" si scopre - c'è tanto di cartello - che quello è
uno degli interventi su scala urbanistica di Ibrahim Mahama in
occasione dell' Art Week e della Settimana del Design (dall'1 al 14 aprile).
sabato 30 marzo 2019
venerdì 22 marzo 2019
Letizia Battaglia, fotografia come scelta di vita
Ha ottantaquattro anni Letizia Battaglia. Lei, prima donna europea premiata a New York con l'Eugene Smith (il più prestigioso dei riconoscimenti, il nobel per la fotografia), diventata famosa per i suoi scatti ai morti ammazzati dalla mafia (tra cui Pier Santi Mattarella) non ci sta ad essere etichettata come fotografa e ancor meno a essere conosciuta nel mondo semplicemente come "la fotografa della mafia": «Non diciamo sciocchezze! Io sono una persona, non sono una fotografa». E lo dice con così tanta convinzione che questa frase campeggia all' ingresso dell' antologica a lei dedicata che apre oggi alla Casa dei Tre Oci a Venezia, curata da Francesca Alfano Miglietti. «Quando ho fotografato l'ho fatto perché dovevo», puntualizza smontando in pochi secondi il falso mito del "divino artefice", del demiurgo e dell' ispirazione sovrannaturale.
Rivendica con orgoglio la necessità di fare quelle foto per portarsi a casa uno stipendio (era una reporter de L' Ora), e rivela senza nessun problema che la fotografia è stata la sua terapia. «La macchinetta che mi ha regalato una mia amica è stata determinante. Ero una donna con tanti problemi, ero infelice, inquieta, non avevo elaborato la strada: ero madre, ma volevo essere io», ricorda. «Sono riuscita a riappropriarmi di me quando ho iniziato a fotografare». E ancora: «La fotografia l'ho vissuta come documento, come interpretazione e come tanto altro ancora. L'ho vissuta come acqua dentro la quale mi sono immersa, mi sono lavata e purificata. L'ho vissuta come salvezza e come verità».
mercoledì 6 marzo 2019
Birgit Jürgenssen: "Io sono" donna, artista, femminista
Hausfrauen-kucheshurze |
domenica 3 marzo 2019
Lola June, the baby artist who making crazy New York
Other than dolls, pans, or balloons: her games are colors and brushes. Lola June, only two years old, sitting on the floor mixes tempera until to find the color gradation she likes the most. Then she spreads it on the canvas with a gestural storm and irreverent sign: what comes out are fantastic worlds in which her imagination over takes. Artworks that are literally making crazy the collectors of New York.
Lola June has just inaugurated her first solo exhibition in a gallery in Union Square, one of the most iconic squares of the city, selling in a few hours much more than many artist on the market of the Big Apple can sell in an year.
sabato 2 marzo 2019
Lola June, la baby artista di due anni che sta facendo impazzire New York
Altro che bambole,
pentoline, o palloni: i suoi giochi sono colori e pennelli. Lola June
ha appena due anni e seduta per terra mescola la tempera fino a
trovare la gradazione cromatica che più le piace, poi la stende
sulla tela con una tempesta gestuale e segnica prorompente: quello
che viene fuori sono i mondi fantastici in cui la sua immaginazione
di bimba sconfina. Opere d' arte a tutti gli effetti che stanno
facendo impazzire i collezionisti di New York.
Lola June ha infatti appena inaugurato la sua prima mostra personale in una galleria a Union Square, una delle piazze iconiche della città, vendendo in poche ore molto più di quanto riescano in un anno tanti creativi sul mercato della Grande Mela. Il giorno dell' inaugurazione, racconta la rivista The Cute che le ha dedicato un ampio servizio, la piccola pittrice ha accolto i suoi estimatori con una particolarissima acconciatura (nove codini attorcigliati e tenuti su da nastrini colorati), il pannolone sotto i pantaloni all' ultima moda maculati di rosa e le mani sporche di ciò che restava di un biscotto alla vaniglia e cioccolato sbriciolato.
Lola June ha infatti appena inaugurato la sua prima mostra personale in una galleria a Union Square, una delle piazze iconiche della città, vendendo in poche ore molto più di quanto riescano in un anno tanti creativi sul mercato della Grande Mela. Il giorno dell' inaugurazione, racconta la rivista The Cute che le ha dedicato un ampio servizio, la piccola pittrice ha accolto i suoi estimatori con una particolarissima acconciatura (nove codini attorcigliati e tenuti su da nastrini colorati), il pannolone sotto i pantaloni all' ultima moda maculati di rosa e le mani sporche di ciò che restava di un biscotto alla vaniglia e cioccolato sbriciolato.
venerdì 1 marzo 2019
Architettura e design dalla parte della Natura #Triennale
La nazione delle Piante |
Iscriviti a:
Post (Atom)