lunedì 25 febbraio 2019

Giorgio Andreotta Calò ha portato il mare a Milano

Meduse
Dopo essersi inabbissato, il piroscafo "Città di Milano" riemerge dalle profondità marine con un carico di sculture enigmatiche. Sono le opere di Giorgio Andreotta Calò (ha rappresentato l'Italia all'ultima Biennale di Venezia con la spettacolare installazione all'Arsenale "La fine del mondo") che hanno "invaso" i 1400 metri quadrati dello Shed del PirelliHangar Bicocca a Milano per raccontare vicende dimenticate in una stimolante trama di rimandi. A cominciare dal titolo scelto per la mostra Città di Milano che è il nome del piroscafo della Pirelli che il 16 giugno del 1919, urtando in una secca, colò a picco al largo di Filicudi dopo 32 anni di campagne fra posa e riparazione di cavi telegrafici sottomarini tra le isole italiane, il Mar Rosso, lo Stretto di Gibilterra, le Baleari, il Marocco, la Libia, l'Oceano Indiano, le guerre (come quella italo-turca quando dovette andare ai Dardanelli a tagliar cavi sotto il fuoco delle batterie nemiche) e la riparazione di quelli spazzati via dalle onde del maremoto a Messina.

Madonne, marinai e mafiosi: ecco chi c'è dietro i ritratti di Antonello da Messina


Ritratto di marinaio ignoto

L’Annunciata, il marinaio, il “mafioso” Trivulzio, l’uomo di Pavia, ma anche il bambino della Madonna Benson e l’Ecce homo: la capacità di Antonello da Messina di cogliere l’intima essenza della persona fa sì che ogni suo ritratto sia una storia, un romanzo, una leggenda. Che il prof Giovanni Carlo Federico Villa smonta ad una ad una. Lui, che ha portato a  Palazzo Reale, 19 dei 35 capolavori del più grande pittore siciliano del Quattrocento, durante la preview della mostra milanese ribatte punto per punto alla letteratura fiorita attorno a quei ritratti così vitali ed enigmatici. «Ma quale marinaio», puntualizza davanti alla tavola con il fascinoso e spavaldo uomo dipinta tra il 1465 e il 1476 proveniente dal Museo Mandralisca di Cefalù. Sorridendo rivela che si tratta del vescovo umanista Francesco Vitale da Noja e non certo lo sconosciuto marinaio che, secondo la tradizione, avrebbe sedotto e abbandonato la figlia del farmacista di Lipari: fu lei, per la vulgata, a sfregiare il ritratto con la punta di un’agave e il padre lo usò come sportello per un mobile della bottega. 

mercoledì 20 febbraio 2019

Figlie, amiche, amanti: le bambole di silicone surrogati d'amore


Elena Dorfman "Still Lovers"
Rimpiazzano gli esseri umani con una bambola. Neonata, adolescente, adulta: ognuno la sceglie per meglio soddisfare il proprio bisogno di dare amore. E la cura con tutte le attenzioni che si darebbero a un neonato vero, a un’amica o a una fidanzata in carne ed ossa. Del resto sembrano veramente delle persone. Capelli da pettinare, viso, espressioni e incarnato che invitano alle carezze, ai baci: tutto è studiato per rendere la bambola (costa 20 mila euro) quanto più vicina alla realtà così da dare l’illusione di una compagnia umana a tutti gli effetti. Sono tanti nel mondo a offrire, senza chiedere nulla in cambio, il loro amore a un manichino di silicone: amore surrogato, lo chiamano ad indicare il legame emozionale tra un uomo o una donna e una rappresentazione artificiale dell’essere umano.

domenica 3 febbraio 2019

Andy Warhol, lo sciamano dei nostri tempi


Guardare Andy Warhol da un' altra prospettiva, quella capace di mettere in luce il suo essere non solo «sismografo dei suoi tempi», ma anche anticipatore dei nostri. È quello che si propone di fare la mostra che all'Orangerie della Villa Reale di Monza. Lo si capisce subito, a partire dal sottotilo: «L' alchimista degli anni Sessanta» voluto dal curatore Maurizio Vanni. E, sì. Andy Warhol è un moderno alchimista che trasforma - o più correttamente trasmuta - in oro tutto ciò che vede: i protagonisti della cronaca, gli oggetti di uso quotidiano, ma anche mucche, tartarughe, fiori, diventano un qualcosa che attrae, che tutti vorrebbero avere, che brilla come il metallo più prezioso. In questo, al pari di tante altre sue geniali intuizioni, fu precursore dei nostri tempi. Fu lui il primo a trasformare l' opera in un prodotto culturale, fu lui il primo a definirsi non artista, ma "businessman dell' arte" anticipando lo stato attuale del mercato del contemporaneo. Nel cogliere desideri, illusioni e angosce di allora Warhol ha di fatto introdotto visioni e strategie operative che sono tutt' oggi evidenti nella nostra società iper-moderna confermando la sua lungimiranza nella capacità di confrontarsi con la cultura di massa, l'era dell' informazione e dell'imperialismo tecnologico globale. Quando internet e i cellulari nemmeno esistevano, Andy Warhol disse: «In futuro, ciascuno sarà famoso nel mondo per 15 minuti». Correva l' anno 1968, e il padre della pop art aveva appena urlato al mondo la sua profezia: il rincorrere una fama virtuale che dura il tempo di una sigaretta, è divenuta l' occupazione quotidiana di milioni di internauti che fanno dei social la vetrina autoreferenziale della propria vita, fatta di selfie, di vacanze, di aperitivi, tutto immancabilmente documentato da resoconti fotografici che danno l' idea che tutti siano felici e soddisfatti. Realtà o finzione?