È appena tornato da Srebrenica dove ha lavorato appoggiato dal progetto “City of Hope”, che vuole ridare vita alla città, attraverso il riutilizzo di abitazioni abbandonate, utilizzando la natura come principale attrattiva turistica, ma anche come crocevia di cultura, arte ed economia, con due imponenti murales: "Dialogue" che lancia alla società, un messaggio di dialogo e coesistenza tra culture e religioni e "CBИJEST", cioè “Consapevolezza": una scritta di 22 metri metà in cirillico e metà in latino perché lì si usano entrambi gli alfabeti per comunicare qualsiasi tipo di informazione non verbale. All’interno delle lettere è rappresentato il fiume Reka Drina che unisce la Bosnia Erzegovina alla Serbia. L'opera è stata volutamente realizzata davanti alla scuola elementare di Srebrenica, simbolo di speranza e avvenire, attraverso le generazioni future.
Nato a Cagliari nel 1990, Manu Invisible risiede ora stabilmente (si fa per dire, viste le numerose committenze all’estero e in ogni parte d’Italia) a Milano dove ha realizzato importanti interventi urbani e dove ha da qualche giorno chiuso la sua prima mostra al Leoncavallo, nello Spazio Galileo. Durante il vernissage sono stati proiettati i video inediti di #ScriptaManent, il film documentario, a cura di Giorgia Ripa, che racconta da vicino i retroscena del suo lavoro. Riservato ma pronto a soddisfare ogni mia curiosità ha accettato questa intervista.
Nessuna improvvisazione. Tutto studiato a tavolino. Quanto lavoro c’è dietro un tuo murales?
Una mia opera in media necessita di circa 30 ore di lavoro, tra concepimento, fase logistica e realizzione.
Opera del periodo "Anziano", 2011 |
Il ritratto ai piedi della ciclabile della Martesana, è uno dei mie primissimi lavori a Milano, risale al 2011 e fa parte del mio periodo "Anziano" in cui concepivo uno studio attento della ritrattistica attraverso personaggi anziani appunto. Tutti strettamente improvvisati, prima su carta e poi su parete.
Come hai iniziato? Quale è stato il tuo primo lavoro?
Ho iniziato influenzato dal mondo dei Graffiti anni 90, suggestionato dai veri valori del movimento che erano la cultura e il rispetto per chi la praticava.
Il mio primissimo lavoro risale a quando avevo 9 anni, ma quello più remoto degno di nota, l'ho realizzato nel 2002.
"Art. 639" |
La vittoria in Corte di Cassazione ha creato un precedente importante per la street art in Italia, prima di me altri artisti hanno avuto problemi con la legge, riscontrando problemi nell'essere assolti e tanto meno nel riconoscimento di questa singolare forma d'arte.
Per me è stato un onore rappresentare la scena artistica Italiana in questa forte vittoria, perchè ha dato un valore aggiunto a tutto quello che creo.
Prima le Istituzioni mi guardavano con occhio scettico, adesso vengo chiamato per realizzare opere per Università e Fondazioni, in un qualche modo è stata una prova che mi ha forgiato rendendomi più forte.
Io personalmente ho sempre avuto la coscienza apposto per quello che faccio, le mie intenzioni son sempre state molto chiare e fare graffiti o street art (chiamatela come volete) per me, oltre che una necessità è una missione.
Quando morirò dovranno rimanere le mie opere, ciò che ho fatto in vita.
Il Comune di Milano ti ha commissionato alcuni interventi urbani: "Navidad” sulle barriere antiterrorismo di cemento in piazza Duomo e "Un pappagallo incorniciato tra le foglie di palma e di monstera” ai piedi del celebre Bosco Verticale dell'architetto Boeri. Che significa per un “graffitaro” lavorare per Palazzo Marino?
E' stato un bel progetto, il mio ruolo è stato quello di alleviare il senso di paura e smarrimento a causa del Terrorismo nel periodo Natalizio.
Sono riuscito a conquistare delle tappe di Milano che avevo sempre pensato di decorare.
Lavorare per Palazzo Marino, è stata un ottima vicenda, che va elencata tra le mie esperienze più importanti.
C'è un domanda che mi pongo sempre davanti a un murales autorizzato alla quale ancora non sono riuscita a dare risposta: la "legalizzazione" dei graffiti mette un freno all'arte dei writers? Se infatti per un certo verso l'iniziativa di alcuni comuni e municipi di mettere a disposizione degli artisti dei muri cittadini consente di preservare le opere d'arte (perché tali sono) dalle "spugnette" degli esaltati miopi del decoro urbano è assolutamente lodevole, dall'altra c'è uno snaturamento della street art che nasce come forma di sovversione, di critica o come tentativo di abolire la proprietà privata, rivendicando le strade e le piazze. Deporre le armi della guerriglia, per vestire gli abiti delle star, è un compromesso al ribasso per gli urban artist?
Che bella questa domanda!
Io, essendo a cavallo tra le due realtà: writing e street art, posso solo dire che risultano due scuole nettamente diverse.
Il writing non si promette il successo ed è un movimento che rimane puro e romantico, con tutto quello che ne concerne.
La street art, invece viene sedotta molto facilmente dai lavori istituzionali, dal successo e dalle logiche legali e imprenditoriali.
Io personalmente rimango a cavallo tra entrambe queste due realtà, sembra quasi impossibile, ma seguo entrambi i filoni, fedele alla linea.
Il mio nome è conosciuto per essere scritto in maniera abusiva in giro per le città, affiancato a opere d'arte, ma nonostante questo ho un mio senso di rispetto nei confronti di altri come me, vanno a creare monumenti dedicati alle città, piazze ecc.
Per questo tipo di linea guida intervengo principalmente in quelli che son considerati in ambito architettonico "non luoghi": cavalcavia, strade a scorrimento veloce, ponti in cemento armato e arredo urbano fatiscente.
Ritengo oltraggio civico il cemento fine a se stesso, considero invece gesto di presenza umana e civiltà: Graffiti rupestri, Geroglifici e messaggi di ogni genere legati al nostro passato, così come i più moderni Graffiti e messaggi urbani moderni.
Il binomio arte-impegno politico ti appartiene?
Fare arte, per fortuna non implica ancora dover fare politica. Sono salvo...
La mostra al Leoncavallo è andata alla grande. Molte delle opere esposte sono state vendute. Il ricavato della vendita dei lavori sarà devoluto a sostegno dei costi di realizzazione del film documentario. So che verrà presentato nei vari festival. Un’operazione di marketing o un altro modo di fare arte?
Il documentario "Scripta Manent" a breve sarà in fase di montaggio, è una grande opportunità per me farmi seguire nei miei interventi più rischiosi, da una persona affidabile come Giorgia Ripa, ideatrice del progetto e del documentario.
La mostra è andata bene, le persone erano curiose e hanno trovato all'interno dello spazio una quantità molto densa di arte, dal filone pittorico della mia "tecnica occulta" fino alla proiezione dei video introduttivi del documentario.
Molte opere son state vendute e questo significa che il progetto andrà avanti in maniera completa e ben rifinita, perchè riusciremo a pagare oltre i costi di strumentazione anche il valore aggiunto dell'intervento che non ha prezzo.
Quale sarà il tuo prossimo murales?
Saranno diversi, passerò tutto il mese di Agosto a realizzare tre opere che ingloberanno tre interi cavalcavia, con una tematica legata ad Antonio Gramsci.
Il frutto di questa iniziativa è la rete "Nino dove sei?" strutturata da Raffaella e Bruno Venturi.
Ultima domanda, probabilmente la più banale: perché indossi la maschera? Un vezzo o una necessità?
E' la domanda più diffusa nei miei confronti, dopo quella: "come fai ad arrivare a certe altezze nei tuoi lavori?".
La maschera è una necessità, molto importante per me, perché divide nettamente vita artistica e vita privata, fondamentale una volta che si diventa un personaggio pubblico, altrimenti non avrei intimità.
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