sabato 10 dicembre 2016

Da Dior a Chanel: gli abiti di carta di Isabelle de Borchgrave


Sembrano abiti, in realtà sono delle vere e proprie sculture realizzate con incredibile perizia e talento creativo da Isabelle de Borchgrave. E Villa Necchi Campiglio è la location ideale per ammirarle in tutta la loro bellezza: in questa splendida dimora degli anni Trenta in pieno centro a Milano, i vestiti di carta dell' artista belga dialogano con gli spazi progettati dall' eclettico architetto Piero Portaluppi offrendo ai visitatori un assaggio di quella fertilissima stagione della moda, dell'architettura e del design d'inizio Novecento. Laddove vivevano Angelo Campiglio e le sorelle Gigina, moglie di Angelo, e Nedda Necchi (delle famose macchine da cucire), nelle camere da letto, nel giardino d'inverno, nelle stanza da bagno, nel guardaroba e nel salone dove ricevevano gli ospiti, e persino nell'alloggio della domestica e nei locali di servizio, le 30 sculture della de Borchgrave - vere e proprie installazioni - evocano il lusso di un'epoca passata.

Macchine, vapori e archivi nei musei portatili di Dayanita Singh

Musei portatili, da allestire dove e quando serve. Dentro le sue foto. Dayanita Singh è la protagonista della mostra in corso al Mast (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) di Bologna: una incredibile esposizione di oltre trecento scatti che raccontano il lavoro e la produzione, la vita, la sua gestione quotidiana e la sua archiviazione attraverso gli occhi di una donna fuori dal comune. L' artista indiana, una delle figure più rilevanti della fotografia contemporanea, non solo ha sviluppato una personale ricerca documentaristica e poetica, ma ha anche elaborato una modalità espositiva assolutamente originale. I suoi lavori, suddivisi in serie e capitoli, sono proposti su strutture modulabili e autoportanti in legno - paraventi, carrelli, tavoli che riprendono il concetto di griglia modernista - che edificano strutture mobili e autonome per esporre.

mercoledì 7 dicembre 2016

I capricci dei veneti



«I pittori e i poeti hanno la facoltà di inventare qualunque cosa a loro piace». Il vedutista veneziano Bernardo Bellotto mette questa citazione dell’Ars Poetica di Orazio  nel suo autoritratto datato 1764 per rivendicare, qualora ce ne fosse bisogno,  la sua libertà di artista. Ingaggiato dalle più importanti corti italiane ed europee, il nipote di Canaletto la scrive su un manifesto affisso su una delle colonne del monumentale portico che fa da scenografia alla sua celebrazione insieme alle locandine degli spettacoli del teatro di corte di Dresda: in una, pittorescamente strappata, si riesce a individuare il titolo dello spettacolo L’enfant prodigue di Voltaire; sulla colonna più in fondo è annunciato Rodogune di Corneille, entrambe opere che Bellotto conosceva bene, facendo parte della sua ricca biblioteca.