sabato 10 dicembre 2016

Da Dior a Chanel: gli abiti di carta di Isabelle de Borchgrave


Sembrano abiti, in realtà sono delle vere e proprie sculture realizzate con incredibile perizia e talento creativo da Isabelle de Borchgrave. E Villa Necchi Campiglio è la location ideale per ammirarle in tutta la loro bellezza: in questa splendida dimora degli anni Trenta in pieno centro a Milano, i vestiti di carta dell' artista belga dialogano con gli spazi progettati dall' eclettico architetto Piero Portaluppi offrendo ai visitatori un assaggio di quella fertilissima stagione della moda, dell'architettura e del design d'inizio Novecento. Laddove vivevano Angelo Campiglio e le sorelle Gigina, moglie di Angelo, e Nedda Necchi (delle famose macchine da cucire), nelle camere da letto, nel giardino d'inverno, nelle stanza da bagno, nel guardaroba e nel salone dove ricevevano gli ospiti, e persino nell'alloggio della domestica e nei locali di servizio, le 30 sculture della de Borchgrave - vere e proprie installazioni - evocano il lusso di un'epoca passata.
Dai tailleur di Dior ai colorati kimono giapponesi, Villa Necchi si anima dei personaggi che hanno indossato quei celebri modelli e collezioni che hanno fatto la storia della moda del Novecento.
 Nel bagno degli ospiti maschili, c' è ad esempio la redingote di Gabriele D' Annunzio: originale e maniacale nelle sue scelte, anche in fatto di moda, si dice disegnasse perfino i tessuti per gli abiti destinati a lui e alle sue donne. Ebbene Isabelle de Borchgrave ha ricreato con la carta la giacca del Vate e perfino gli stivali. E ancora: dagli abiti da sera di Lanvin e Poiret ai vestiti da giorno di Chanel, sono in mostra le minuziose riproduzioni di abiti-icona che hanno rivoluzionato il nostro modo di vestire come la fitta plissettatura dell' abito Delphos, disegnato da Mariano Fortuny ispirandosi alle tuniche delle sculture greche, che rappresenta una radicale innovazione nell' abbigliamento femminile proponendo un indumento estremamente confortevole, privo di busto, e di facile realizzazione, basato su un modello con pochi tagli e cuciture.
Tailleur Bar di Dior del 1947
Oppure si scopre la storia del tailleur Bar, modello-manifesto della collezione New Look del 1947 di Christian Dior, che ha dettato le regole di una nuova estetica: dalla giacchina in shantung color crema a falde arrotondate modellate sulle curve del busto alla gonna plissettata e svasata che regala un incedere flessuoso inedito.
Realizzare tutto questo con un materiale semplice come la carta non è semplice. «Si parte sempre da un foglio di carta», spiega l'artista, «ma poi la pittura, le mani, l'acqua, la padronanza e la fantasia nell'uso dei materiali riescono a produrre effetti di velluto e di seta, spessori e morbidezze alla vista e al tatto, lucentezze d'oro e di perle e impalpabili preziosi merletti».
All' ultimo piano della villa è ricostruito il suo laboratorio e i visitatori sono invitati a vedere e a toccare con mano le carte, le plissettature, le tecniche sartoriali e pittoriche dell'artista. Nessuno di questi abiti - non cuciti, ma semplicemente incollati - è stato indossato. Ad eccezione di uno realizzato per la regina Fabiola del Belgio che lo ha messo in occasione del matrimonio di re Filippo di Spagna.

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