lunedì 25 febbraio 2019

Madonne, marinai e mafiosi: ecco chi c'è dietro i ritratti di Antonello da Messina


Ritratto di marinaio ignoto

L’Annunciata, il marinaio, il “mafioso” Trivulzio, l’uomo di Pavia, ma anche il bambino della Madonna Benson e l’Ecce homo: la capacità di Antonello da Messina di cogliere l’intima essenza della persona fa sì che ogni suo ritratto sia una storia, un romanzo, una leggenda. Che il prof Giovanni Carlo Federico Villa smonta ad una ad una. Lui, che ha portato a  Palazzo Reale, 19 dei 35 capolavori del più grande pittore siciliano del Quattrocento, durante la preview della mostra milanese ribatte punto per punto alla letteratura fiorita attorno a quei ritratti così vitali ed enigmatici. «Ma quale marinaio», puntualizza davanti alla tavola con il fascinoso e spavaldo uomo dipinta tra il 1465 e il 1476 proveniente dal Museo Mandralisca di Cefalù. Sorridendo rivela che si tratta del vescovo umanista Francesco Vitale da Noja e non certo lo sconosciuto marinaio che, secondo la tradizione, avrebbe sedotto e abbandonato la figlia del farmacista di Lipari: fu lei, per la vulgata, a sfregiare il ritratto con la punta di un’agave e il padre lo usò come sportello per un mobile della bottega. 

Annunciata
Allo stesso modo è «assolutamente infondata» l’ipotesi che dietro la vergine Annunciata ci sia Grinet, la figlia illegittima di Jan van Eyck, il pittore fiammingo che custodiva gelosamente nel suo laboratorio la formula della pittura ad olio. Grinet, secondo la versione del romanzo di Silvana La Spina “L’uomo che veniva da Messina”, consegnò nelle mani del Messinese i taccuini del padre aprendole le porte dello studio dove c’erano le ampolle con i colori orami essiccati dal tempo, gli alambicchi e persino un forno per bruciare le impurità dei metalli, e libri come il De pittura dell’Alberti, quello del Cennini e la Schedula Diversarum Artium del monaco Teofilo. Fu lei che le fece conoscere l’amore. «Macché», taglia corto il curatore, «la giovane ritratta è una siciliana pudica e velata, con il volto che sa di chiostro».
Il problema, spiega Villa, è che appena otto decenni dopo la morte di Antonello s’erano già perse tracce e documenti: restavano solo racconti e leggende. Di certo c’è che stiamo parlando di un artista straordinario che seppe per primo fondere la luce, l’atmosfera e l’attenzione al dettaglio della pittura fiamminga con la monumentalità e la spazialità razionale della scuola italiana, del quale abbiamo a disposizione poche straordinarie opere, scampate a tragici avvenimenti naturali come alluvioni, terremoti, maremoti e all’incuria e ignoranza degli uomini.
San Girolamo
La mostra a Palazzo Reale dà la possibilità di ammirare dal vivo più della metà di questi dipinti grazie a importanti prestiti da musei nazionali e esteri. Ecco allora l’Annunciata (1475 circa), autentica icona, sintesi dell’arte di Antonello, con lo sguardo e il gesto della Vergine rivolti alla presenza fuoricampo dell’angelo che coincide con quella dello spettatore: arriva da Palazzo Abatellis di Palermo coperta da un’assicurazione da 60 milioni di euro Ma c’è anche, tra gli altri capolavori, il preziosissimo San Girolamo nello studio (1474-1475) della National Gallery di Londra utilizzato dal maestro per presentare la sua abilità di pittore ai committenti di Venezia, la Crocifissione (1460 circa) proveniente dal Museo nazionale Brukenthal di Sibiu in Romania e l’incantevole Madonna Benson (1475 circa) della National Gallery di Washington con il bambin Gesù che con uno sguardo da birbante, divertito, gioca con lo scollo dell’abito della Vergine in atteggiamento affettuoso e molto umano.
Ritratto Trivulzio
Madonna Benson
Dagli Uffizi arriva l’importantissimo trittico con la Madonna con Bambino, il San Giovanni Battista e il San Benedetto; dalla Pinacoteca Malaspina di Pavia giunge il ritratto di un giovane gentiluomo Ritratto d’uomo 1468-1470, a lungo considerato il vero volto dell’artista che trafugato dal museo nella notte fra il 10 e l’11 maggio 1970 e recuperato sette anni dopo dal nucleo di Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri; dal Collegio degli Alberoni di Piacenza il celebre Ecce Homo (1473-76). E ancora il poetico Cristo in pietà sorretto da tre angeli (1474-1476 circa) dal Museo Correr di Venezia rovinato da un disastroso restauro ottocentesco e il Ritratto Trivulzio (1476) dal Museo Civico d’Arte Antica, Palazzo Madama di Torino che pare abbia appena finito di schioccare le labbra come usano fare i siciliani e per questo ribattezzato “il mafioso”.
Ad accompagnare il visitatore lungo tutto il percorso espositivo una guida d’eccezione: Giovan Battista Cavalcaselle (1819 -1897) che girò la Sicilia in lungo e in largo a dorso di un mulo - e pure mezza Europa (dalla Spagna alla Provenza, nelle Fiandre fino ad Urbino, Napoli e Venezia) - per ricostruire il catalogo delle opere di Antonello. Attraverso i suoi taccuini e i suoi disegni si riesce a comprendere appieno i meriti di questa eccezionale figura, uno dei padri della storia dell’arte occidentale, e insieme a lui capire come il pittore messinese, da mito, è divenuto realtà.
La mostra, che in 5 giorni di prevendite ha già distribuito 11mila biglietti, è accompagnata da un catalogo Skira con tutte le immagini delle opere esistenti e riconosciute di Antonello da Messina e importanti contributi scientifici a partire da quello del prof Giovanni Carlo Federico Villa.
Si può visitare fino al 2 giugno.

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