sabato 13 febbraio 2021
Zehra Doğan, l'artista curda che sfida Erdogan con l'arte
In questa nuova puntata di ART'è vi racconto la storia di Zehra Doğan, l'artista curda che ha sfidato il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan.
Rinchiusa nelle carceri turche con l'accusa di propaganda terrorista
per via di una sua opera, Zehra Doğan dietro le sbarre ha continuato a
dipingere usando quello che aveva a disposizione: su lenzuola, fogli di
giornale, pacchetti vuoti di sigarette creava con il caffè che le
portavano una volta alla settimana, con tintura di iodio, penne a sfera,
té, melograni, cenere e perfino sangue mestruale. Quei lavori
riuscivano a varcare la soglia della galera in cui era imprigionata con
la complicità della sorella che al termine delle visite li portava via
fingendo davanti alle guardie che fosse indumenti di lavare. Le opere di
Zehra Doğan sono state esposte al Museo di Santa Giulia
a Brescia. Una città che le è rimasta nel cuore: le ha infatti donato
un suo murale di 130mq come omaggio alla resistenza dei bresciani contro
il coronavirus. Presto la vedremo al Pac di Milano diretto da Diego Sileo.
venerdì 12 febbraio 2021
Diva, l'opera femminista che sta infiammando il Brasile
L’artista brasiliana Juliana Notari è finita al centro delle polemiche per la sua ultima opera “Diva”. Si tratta di una enorme vulva di cemento armato e resina rossa che spunta dal terreno nel parco di Land Art "Usina de Arte" di Agua Preta, nello stato del Nordest brasiliano di Pernambuco. L'opera è stata realizzata dall’artista a mano senza escavatrice. Ci ha messo 11 mesi. Misura 33 metri di lunghezza, 16 di larghezza e cinque di profondità. L'artista ha pubblicato alcune foto scattate durante la lavorazione, che le hanno attirato ulteriori critiche e insulti visto che i 20 operai che l’hanno aiutata erano tutti afro-brasiliani. Ma altrettanti sono stati i commenti positivi e di incoraggiamento. Come quello della poetessa Cida Pedrosa, tra le più apprezzate del Paese, che ha scritto che si tratta di un’opera “bella e urgente”.
martedì 24 marzo 2020
Fosse Ardeatine: uno dei semi era Lallo Orlandi Posti
«Ci hanno sotterrato, ma eravamo
semi». Dietro questo striscione del liceo Socrate e del liceo Peano di Roma gli
studenti dell'ottavo municipio sfilano ogni anno attraverso le strade di
Garbatella e Tormarancia fino ad arrivare al Sacrario. Qui rendono omaggio ai
martiri delle Fosse Ardeatine liberando in cielo 335 palloncini colorati, uno
per ciascuno delle vittime della barbarie nazifascista. Uno era dedicato a un loro coetaneo: Lallo Orlandi Posti,
tra i più giovani, mio zio.
Lallo, infatti, aveva compiuto da pochi giorni diciotto anni quando venne trucidato su ordine di Erich Priebke nelle cave delle Ardeatine. Fu ammazzato con un colpo di pistola alla testa dopo 50 giorni di torture fisiche e morali subite nel carcere di via Tasso. Il suo corpo quando venne scoperto l'eccidio era irriconoscibile: i capelli neri e ricci erano diventati tutti bianchi e dritti.
Lallo, infatti, aveva compiuto da pochi giorni diciotto anni quando venne trucidato su ordine di Erich Priebke nelle cave delle Ardeatine. Fu ammazzato con un colpo di pistola alla testa dopo 50 giorni di torture fisiche e morali subite nel carcere di via Tasso. Il suo corpo quando venne scoperto l'eccidio era irriconoscibile: i capelli neri e ricci erano diventati tutti bianchi e dritti.
Era alto e bello Lallo quando
armato di un vecchio fucile stava tra gli studenti, le donne, gli operai che
cercavano di respingere le armate tedesche a Porta San Paolo e sulle rive
dell'Aniene. Studente dalle scuole magistrali, a diciassette anni era entrato
nella Resistenza: seminava chiodi per strade per fermare le autocolonne
tedesche, trasportava armi, partecipava alle dimostrazioni per boicottare le
lezioni all'università da dove erano stati esclusi gli ebrei e gli
antifascisti. Lo hanno fermato la mattina del 3 febbraio 1944 non prima però di
essere riuscito ad avvertire i compagni di un'imminente retata.
mercoledì 4 marzo 2020
Non solo pittori e scultori: tutti i lavori nel mondo dell'arte
"Vengo ora al mio grande delitto, quello che sovrasta tutti gli altri. Da tempo acquisto e stimo massimamente le opere di pittori assai originali e colti, tra cui vi sono molti uomini di genio, e pretendo di imporle agli amatori". Questo scrive Paul Durand-Ruel a proposito di Degas, Monet, Renoir, Sisley, Pissarro che si erano proclamati Impressionisti inaugurando tra mille polemiche a Parigi la mostra destinata a far cambiare rotta alla storia dell'arte. Era il 15 aprile 1874: un solco nella linea del tempo che segna un prima e un dopo. Non solo per le innovazioni linguistiche e tematiche introdotte dai pittori ribelli, ma pure per quel modello di relazioni messe in campo che sarà poi ripreso e sviluppato fino a delineare quello che oggi chiamiamo mercato dell'arte. A tessere la rete fu Paul Durand-Ruel (1831-1922), un mercante parigino che, in controtendenza rispetto alla critica e al pubblico, puntò tutto su una nuova arte, l’Impressionismo, i vincendo alla grande anche grazie al un nuovo modello di fruizione e vendita di opere che mise in campo circondandosi e valorizzando figure specializzate fino ad allora non riconosciute.
Parte tutto da qui. Lo sa bene Andrea Concas, docente e divulgatore nonché fondatore della prima community dedicata alla formazione, aggiornamento e orientamento sulle professioni dell’arte che ha appena pubblicato il nuovo libro “Professione Arte” (Mondadori, pag. 224, euro 19,90).
Parte tutto da qui. Lo sa bene Andrea Concas, docente e divulgatore nonché fondatore della prima community dedicata alla formazione, aggiornamento e orientamento sulle professioni dell’arte che ha appena pubblicato il nuovo libro “Professione Arte” (Mondadori, pag. 224, euro 19,90).
lunedì 24 febbraio 2020
Donne in gravidanza, il pudore degli artisti nel ritrarre il pancione
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| Chantal Joffe "Self Portrait Pregnant" (2004) |
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