o era dedicato a un loro coetaneo: Lallo Orlandi Posti,
tra i più giovani, mio zio.
Lallo, infatti, aveva compiuto da pochi giorni diciotto anni quando venne trucidato su ordine di Erich Priebke nelle cave delle Ardeatine. Fu ammazzato con un colpo di pistola alla testa dopo 50 giorni di torture fisiche e morali subite nel carcere di via Tasso. Il suo corpo quando venne scoperto l'eccidio era irriconoscibile: i capelli neri e ricci erano diventati tutti bianchi e dritti.
Lallo, infatti, aveva compiuto da pochi giorni diciotto anni quando venne trucidato su ordine di Erich Priebke nelle cave delle Ardeatine. Fu ammazzato con un colpo di pistola alla testa dopo 50 giorni di torture fisiche e morali subite nel carcere di via Tasso. Il suo corpo quando venne scoperto l'eccidio era irriconoscibile: i capelli neri e ricci erano diventati tutti bianchi e dritti.
Era alto e bello Lallo quando
armato di un vecchio fucile stava tra gli studenti, le donne, gli operai che
cercavano di respingere le armate tedesche a Porta San Paolo e sulle rive
dell'Aniene. Studente dalle scuole magistrali, a diciassette anni era entrato
nella Resistenza: seminava chiodi per strade per fermare le autocolonne
tedesche, trasportava armi, partecipava alle dimostrazioni per boicottare le
lezioni all'università da dove erano stati esclusi gli ebrei e gli
antifascisti. Lo hanno fermato la mattina del 3 febbraio 1944 non prima però di
essere riuscito ad avvertire i compagni di un'imminente retata.
Proprio davanti al Bar Bonelli a
corso Sempione scattò la trappola: bloccato dalla polizia di sicurezza tedesca
viene consegnato a via Tasso nelle mani del boia.
i foglietti di Lallo |
È lo stesso Lallo a raccontare, beffando Priebke e i suoi sottoposti, quello che subiva in quel luogo di tortura e prigionia. Il martedì e il venerdì la madre Matilde e la sua amica Bruna andavano, infatti, a ritirare la biancheria di Orlando a via Tasso. Il capitano Erich Priebke controllava l'ingresso di fianco a un interprete che urlava il nome del detenuto e consegnava i pacchi ai parenti. Matilde portava via i panni sporchi del figlio che contenevano, arrotolati e infilati nei canali dei colletti delle camice, i bigliettini che Lallo scriveva. Su uno, datato 10 febbraio c'è una grande M, iniziale di “mamma” e “marcella”, sotto la quale ha annotato: «Ho scritto questo biglietto nel pomeriggio e la sera mi hanno picchiato per la (parola illegibile) interrogazione e solo ricordando questa frase ho potuto resistere al sanguinoso flagello inflittomi. Opo».
Lallo passò in cella anche il
giorno del suo 18° compleanno, l'ultimo della sua vita. Ecco come lo ha
raccontato in uno di questi bigliettini, oggi conservati nell'Archivio dei
Diari di Pieve Santo Stefano. «Oggi 14 marzo, brutta, ma brutta giornata per
me. L'inizio del mio 18° anno di età è stato disastroso. Questa mattina sono
stato svegliato dagli urli potenti del maresciallo che monta la guardia questa
settimana. E' un essere indescrivibile per la sua malignità e il suo odio che
manifesta verso di noi che siamo inermi nel suo confronto. Dopo alcune ore che
sono rimasto sdraiato steso sullo steccato tra il il dottore (Gelsomini) e il
maresciallo (Alvini) viene ad aprirci per fare pulizia; e trovandoci in letto e
in disordine comincia ad inveire, specie contro di me. Sembra che abbia
un'antipatia personale, perché basta una piccola disattenzione nella cella che
si scatena verso di me come sei io, più giovane, ne fossi responsabile.
Pazienza, passerà. Dunque, dopo quella strillata che è finita con le parole: e
oggi non ti do da mangiare, naturalmente dette in tedesco, la porte si chiude e
tutti e 7 ci mettiamo ad aspettare il benedetto pasto quotidiano, chi parlando
di politica, chi raccontando qualche fatto della sua vita. Io che questa
mattina ho il morale abbastanza basso, mi son tenuto in disparte, e dato che
facendo una passeggiatina attraverso il ristretto spazio mi ero stancato, non
per il lungo camminare, perché avrò fatto in tutto 200 metri, ma per l'avanzato
stato di esaurimento fisico, mi sono messo seduto e lì sono rimasto per diverso
tempo così, con la mente che vagava nel nulla perché ho avuto paura che fossi
colto da nostalgia, e solo di tanto in tanto seguivo il ragionamento dei miei
amici. Poi, il suonare degli allarmi aerei e i bombardamenti mi hanno distratto
un pochino, e fra il dolore del sapere che molte persone sarebbe rimaste
sepolte sotto quella pioggia, un sorriso è spuntato dalle mie labbra secche
pensando che quei bombardamenti volevano dire che quegli altri si stanno
muovendo. La mia futura gioia si è spenta subito, sono ritornato di nuovo
malinconico e sempre con lo sguardo e la mente nel vuoto. Sto notando che
questo fatto si sussegue in me da circa una settimana, e maggiormente il
mattino. Lo adduco al forte stato di denutrimento in cui ci lasciano questi
assassini; e tanta è la fame, dico fame, perché non sento dopo 41 giorni di
prigionia tedesca quello stimolo leggero che procura a volte lo stomaco vuoto,
cioè l'appetito. Sento proprio la fame, che è una cosa ben diversa. A volte mi
sento mugolare stando sdraiato, mi calmo un poco dopo mangiato, ma verso sera
sono di nuovo daccapo. Arriva il pasto, e come al solito usciamo dalle celle ad
uno ad uno, un mestolo di minestra, se così si vuol chiamare, naturalmente
senza sale e senza condimento di alcuna qualità, e due pagnottine. Dopo averci
distribuito questo lauto pranzo ci rinchiudono di nuovo dentro con male parole
e spintoni come se fossimo belve. Ci accomodiamo alla meglio, chi in terra, chi
sullo steccato e ci mettiamo a mangiare con la massima calma per il timore di
terminare presto tutto. Mentre stavo finendo il mio pane, dico al dottore che
era seduto vicino a me: non mi credevo mai di passare questa giornata in questo
luogo tanto lontano dalla mia mamma. (Mentre scrivo il terzo allarme mi riempie
di gioia). Il dottore si ricorda che oggi è il mio compleanno e mi fa gli
auguri stringendomi la mano e infondendomi coraggio, e così ad uno ad uno il
maresciallo Alvino, il sergente Cocco, Vincenzo e Ornello. L'avvocato,
poveretto, mi ha abbracciato e baciato forse pensando al suo figlio della mia
stessa età internato in Alta Italia dai cosiddetti repubblicani. Questo gesto
spontaneo, mi ha così commosso che mi è spuntata qualche lacrima, ma poi mi
sono subito frenato anche per le parole di incoraggiamento che tutti inviavano
a mio favore. Dopo aver mangiato, ci siamo tutti sdraiati come al solito, e
tutti si sono messi a sonnecchiare. Solo io sono rimasto sveglio e mi sono
messo a scrivere il diario di questa giornata. Mentre sto scrivendo penso alla
mia mamma, ma cerco di scacciare questo nostalgico pensiero, perché, se lo
mantenessi, sarebbe una rovina per me, per il resto della giornata. E dato che
tutti si sono svegliati seguiterò a scrivere questa sera non appena gli altri
si metteranno di nuovo a riposare».
E infatti poi scrive:
«Dico: la giornata è finita così. Solo tardi hanno incominciato a picchiare uno e così siamo rimasti a sentire i lamenti del poveretto fino a tardi. Per tutta la giornata, sono riuscito a non pensare a casa. Meno male. In ogni modo, buonanotte mamma.
Buona notte Lella pensa a me
14/3/44
Quarantunesimo giorno di prigionia
Il mio compleanno 18° - OPO»
Dopo dieci giorni Orlando Orlandi Posti è stato trucidato
alle Fosse Ardeatine.
Durante la detenzione, Orlando Orlandi Posti ha scritto 39 pagine di diario che si trovano custodite nell'Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano. La sua storia è raccontata nel bel libro di Edgarda Ferri “Uno dei tanti. Orlando Orlandi Posti ucciso alle Fosse Ardeatine”, 2009 Mondadori. Lallo è stato insignito con la medaglia d'argento al valor militare per il suo contributo alla Resistenza. Alla sua memoria è dedicata la sezione Anpi di Montesacro.
Durante la detenzione, Orlando Orlandi Posti ha scritto 39 pagine di diario che si trovano custodite nell'Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano. La sua storia è raccontata nel bel libro di Edgarda Ferri “Uno dei tanti. Orlando Orlandi Posti ucciso alle Fosse Ardeatine”, 2009 Mondadori. Lallo è stato insignito con la medaglia d'argento al valor militare per il suo contributo alla Resistenza. Alla sua memoria è dedicata la sezione Anpi di Montesacro.
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