Andate a vederla e perdetevi. Se lo scopo di una recensione su una
mostra deve essere quello di scoraggiare o incoraggiare il lettore a
visitarla, questo è un invito esplicito ad acquistare il biglietto per
entrare a Palazzo Reale e immergervi nel fantastico mondo di Escher.
Perdetevi nelle sue oltre 200 opere come fa il ragazzo nella Galleria
di Stampe (1957) intento a guardare una stampa in cui è rappresentato il
porto de La Valletta nell' isola di Malta, esposta in una galleria. L'
immagine (qui a fianco) si ingrandisce sotto i suoi occhi, aumenta le sue dimensioni a
tal punto da uscire dalla sua cornice fino a confondersi con il
paesaggio esterno alla stampa e alla galleria; la sensazione è quella di
essere rinviati dall' interno all' esterno e dall' esterno all'
interno, in una specie di moto perpetuo in cui i piani si mescolano e si
intersecano tanto da non poter più capire dove finisca l' interno e
dove cominci l' esterno, e viceversa. Perdetevi nelle Mani che disegnano
(1948), in cui si vedono due mani ognuna della quali disegna l' altra, o
nel famoso triangolo impossibile del matematico Roger Penrose, nel
nastro di Moebius o nel cubo tenuto in mano dal ragazzo seduto alla base
della villa, anch' essa impossibile, nella litografia Belvedere (1958),
realizzabile sul foglio ma non nello spazio.
domenica 26 giugno 2016
sabato 25 giugno 2016
Sol LeWitt, l'arte concettuale e Giotto
«Mi piacerebbe produrre qualcosa che non mi vergognerei di mostrare a Giotto», diceva Sol LeWitt progettando i suoi Wall Drawing.
Era il frescante di Assisi il Maestro a cui l’artista americano guardava mentre prendevano forma quelle grandi opere murali dove le figure geometriche si accendevano di rossi sgargianti, gialli solari, da blu elettrici. Opere di facile lettura che lo resero uno dei più amati artisti contemporanei ma che in realtà nascono da ragionamenti complessi su teoremi matematici e regole apprese studiando la pittura del Quattrocento italiano. In particolare gli affreschi dove, spiega Sol LeWitt «non veniva usata la prospettiva lineare ma un sistema di prospettiva isometrica che appiattiva le forme». Come Giotto, che settecento anni prima aveva interpretato l’arte come una misurazione mentale del mondo, così l’artista americano mirava a sollecitare prima di tutto la mente dell’osservatore piuttosto che il suo occhio e le sue emozioni.
Era il frescante di Assisi il Maestro a cui l’artista americano guardava mentre prendevano forma quelle grandi opere murali dove le figure geometriche si accendevano di rossi sgargianti, gialli solari, da blu elettrici. Opere di facile lettura che lo resero uno dei più amati artisti contemporanei ma che in realtà nascono da ragionamenti complessi su teoremi matematici e regole apprese studiando la pittura del Quattrocento italiano. In particolare gli affreschi dove, spiega Sol LeWitt «non veniva usata la prospettiva lineare ma un sistema di prospettiva isometrica che appiattiva le forme». Come Giotto, che settecento anni prima aveva interpretato l’arte come una misurazione mentale del mondo, così l’artista americano mirava a sollecitare prima di tutto la mente dell’osservatore piuttosto che il suo occhio e le sue emozioni.
venerdì 24 giugno 2016
La passerella di Christo: arte viva, ponte tra passato e futuro
«Questa non è arte», tuonano i detrattori di The Floating Piers
liquidando l’opera come attrazione da luna park o da sagra di paese o
peggio ancora come mera operazione di marketing. Niente di più
sbagliato: la passerella di Christo sul Lago di Iseo è un capolavoro sia
se la si guardi dalla cima del Monte Isola, sia se ci si cammini sopra a
piedi nudi, così come consiglia l’autore. È una pennellata d’oro
sull’acqua azzurra del Sebino che toglie il fiato a quanti arrivano dopo
aver percorso la vecchia mulattiera fino al Santuario della Madonna
della Ceriola. Quello che gli spettatori si trovano davanti è una tela
dipinta da un artista che è riuscito nell’impresa delle imprese:
dipingere sull’acqua. Prima di lui era solo un’improbabile utopia. Ci
voleva una mente visionaria, ostinata e intraprendente come quella di
Christo per concretizzare un’idea che gli frulla in testa da
quarant’anni. E alla fine c’è riuscito.
lunedì 6 giugno 2016
Mea culpa di una madre: Sofia ha vinto
Sono una madre rompipalle lo so: l'ultima in ordine cronologico a farmelo notare è stata la mia amica Benedetta con un messaggio su WhatsApp. Mia figlia, invece, si limita a guardarmi per poi come se nulla fossa rimettersi a fare quello che stava facendo: niente, i miei rimproveri le entrano da un orecchio e le escono dall'altro. Sorride con le cuffie a palla mentre si mette lo smalto alle unghie, prova qualche nuova pettinatura o cerca quella maglietta sepolta sotto cumuli di abiti abbandonati da giorni sul pavimento vicino a libri, quaderni, penne mozzicate e calzini sporchi. "Metti a posto la stanza che se viene qualcuno", è il mio disperato appello quotidiano (tanto che è diventato una canzone di Dario dedicata a lei).
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