domenica 14 maggio 2017

Dal Padiglione Usa il manifesto degli artisti anti-Trump #BiennaleVenezia2017

Mark Bradford & me
Un appello a resistere all’amministrazione Trump, a non rimanere in periferia: dalla Biennale di Venezia, il padiglione statunitense è un manifesto dell’artista californiano Mark Bradford (nella foto mentre chiacchiera con me) contro il nuovo presidente degli Stati Uniti.
Bradford, nato a Los Angeles nel 1961, è stato scelto quest’anno per rappresentare l’arte contemporanea del suo Paese nella 57esima edizione dell'Esposizione internazionale d'arte prima della vittoria del magnate newyorkese nel voto dell’8 novembre. «È stato come se ci mancasse la terra sotto i piedi», racconta dinanzi alla bandiera del suo Paese. Inevitabile non parlare di questo «scossone» nel suo lavoro di artista, anche se ammette che «bisogna accettare l’instabilità: è una tale novità che un artista deve accettare questa specie di crollo, questa sorpresa. E dunque, a suo giudizio, l’artista «non deve rimanere in periferia» rispetto alla nuova amministrazione. «Credo che gli artisti e le persone progressiste debbano fare più di quello che fanno».

Cristi, miraggi e tarocchi: il padiglione Italia è il più bello della Biennale

Giorgio Andreotta Calò
«Sublime è tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore», scriveva nel 1757 Edmund Burke nel suo A Philosophical Inquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful. Per il filosofo irlandese la grandezza in senso spirituale, intellettuale, estetico è suscitata nell' umano sentire da tutto ciò che risulta essere indeterminato, i cui limiti sfuggono alle nostre capacità di rappresentazione e da tutto ciò che risulta essere oscuro o disarmonico. Ecco allora che non si fa fatica a definire «sublime» il padiglione italiano della 57esima edizione della Biennale di Venezia firmato da Cecilia Alemani. Il buio, l' inquietudine, il misticismo accompagnano il visitatore in tutti e duemila metri quadri dello spazio all'Arsenale fino alla fine del percorso che sfocia nel giardino delle Vergini.
Roberto Cuoghi

sabato 13 maggio 2017

Viva l'arte viva! Soprattutto quando celebra l'ozio #BIENNALEVENEZIA2017


Dawn Kasper
Viva l'arte viva! Soprattutto quando celebra il dolce far niente erede dell'otium romano e della scholè grega: un momento privilegiato, oggi tradotto nel senso peggiore con la parola pigrizia e associato al vizio – opposto al mondo degli affari o negotium (cui comunque l'artista non sfugge) che glorifica il tempo libero, i momenti di inoperosità, l'inerzia. 
In un mondo che va di fretta, scosso da conflitti sociali e dalla guerra, lo storico Padiglione Centrale (ex Padiglione Italia) ai Giardini di Venezia per la 57esima edizione della Biennale si trasforma in un tributo alla pigrizia. Quella che anche Joseph Conrad aveva difficoltà a far comprendere: “Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”. Di certo c'è che vedere un'artista profondamente addormentata mentre le passano accanto flotte di persone, mentre i flash delle macchine fotografiche e le telecamere la immortalano lascia spiazzati.E pure parecchio invidiosi: sarebbe bellissimo potersi sdraiare accanto a lei dopo aver camminato tutto il giorno alla scoperta di qualche cosa di interessante tra i padiglioni dei Giardini e dell'Arsenale carichi di cartelle stampa, cataloghi e borse varie. 

martedì 9 maggio 2017

Trasgressioni, lotte e libertà: la Rai degli anni Settanta vista da Francesco Vezzoli

Il 9 maggio 1978, in via delle Botteghe Oscure a Roma, viene ritrovato il corpo di Aldo Moro. Il 9 maggio 2017 la Fondazione Prada inaugura a Milano Tv70. Francesco Vezzoli guarda la Rai, un viaggio nella televisione pubblica italiana in quel decennio di trasgressione, lotte e libertà: ma anche dei tg che raccontavano le stragi, il terrorismo, i morti di Stato. «A questo non avevo pensato, ma devo dire che mi fa piacere, perché è il ricordo più intenso e insieme drammatico della mia infanzia», dice l’artista quando gli faccio notare la coincidenza delle date.

mercoledì 3 maggio 2017

Hockney, il potere delle immagini dalle caverne all'Ipad



Compie ottant’anni a luglio e crea opere d’arte usando l’iPad. David Hockney oltre a essere tra i massimi esponenti dell'avanguardia anglosassone negli anni '60 del secolo scorso, è uno degli artisti più popolari nel Regno Unito (il 17 novembre scorso Sotheby's ha battuto la sua opera «Woldgate Woods, 24, 25 and 26 October 2006» a 11,7 milioni di dollari)  e alla Tate Britain di Londra è in corso la più vasta retrospettiva che gli sia stata mai dedicata sinora. Organizzata con il Centre Pompidou di Parigi e il Met di New York, la mostra riunisce i suoi lavori più significativi: dai primi «Love Painting» (1960-61) con i quali ha sovvertito il linguaggio dell'Espressionismo astratto in un'autobiografia omoerotica,  alle opere realizzate dopo il suo ritorno in California nel 2013 compresi i ritratti di familiari, amici e di se stesso, come  «Self Portrait with Blue Guitar» 1977;  le sue iconiche immagini piscine di Los Angeles e ovviamente le opere realizzate con l’app “Brushes” sul suo iPad che gli ha permesso, a suo dire, di risolvere il problema della luce mutevole.