Tv70
è concepita come una sequenza di associazioni visive e semantiche che
prende forma a attraverso un percorso espositivo - ideato da M/M (Paris)
- che combina, nell’alternanza tra luce e buio, documenti immateriali
provenienti dagli archivi delle Teche Rai accostati alla materialità di
dipinti, sculture e installazioni. Tra esperienza individuale e
mitologie collettive, l’esposizione restituisce il senso di un decennio
che ha cambiato profondamente il nostro Paese individuando
nell’immaginario televisivo e nel confronto serrato che questo ha avuto
con gli altri aspetti della cultura italiana uno degli attivatori
principali di questa trasformazione.
Del
resto, durante quel decennio la Rai ripensò il proprio ruolo pedagogico
contraddistinguendosi per l’alto valore culturale dei suoi prodotti
(basti pensare alle collaborazioni con registi del calibro di
Bertolucci, Fellini, Pasolini e i fratelli Taviani) e per la libertà dei
temi affrontati. «Con questo progetto», puntualizza Vezzoli, «ho voluto
realizzare un percorso rischioso e denso, duro quando l’argomento lo
richiede, ma anche divertente e surreale. Un’indagine vera sul costume
contemporaneo e sulle sue radici, ma con un senso critico sull’oggi. La
televisione degli anni Settanta produceva riti e, di conseguenza, miti
assoluti e duraturi che ancora oggi possono ispirare scelte non
convenzionali».
Ecco allora la
sezione «Arte e Televisione», introdotta dai Paesaggi TV (1970) di Mario
Schifano, che riflette sull’impiego artistico del mezzo televisivo:
programmi come Io e… e Come nasce un’opera d’arte rendono gli autori,
intervistati o ripresi mentre realizzano i propri lavori (come Boetti,
Burri, De Chirico, Guttuso e Pistoletto), personaggi pubblici,
protagonisti della cultura popolare.
La
sezione «Politica e Televisione» analizza la natura frammentaria e
ossessiva dei messaggi politici degli anni ’70 attraverso gli estratti
dei telegiornali dell’epoca (oltre al sequestro Moro c’è la cronaca
sulla strage di Piazza Fontana, di piazza della Loggia, del treno
Italicus e della Stazione di Bologna; la morte di Giangiacomo
Feltrinelli e di Pier Paolo Pasolini; il rogo di Primavalle,
l’assassinio di Giorgiana Masi), di programmi come Processo per Stupro e
Si dice donna, e dei filmati sulle manifestazioni delle femministe che
dialogano idealmente con le opere coeve di Carla Accardi, che mette in
discussione la pratica artistica come prerogativa maschile e con i
collage di Nanni Balestrini che manipola e demolisce i linguaggi di
massa.
La terza parte,
«Intrattenimento e Televisione», è introdotta dall’installazione di
Giosetta Fioroni La spia ottica (1968), che si concentra sul corpo della
donna come oggetto dello sguardo e del desiderio dell’altro e al
contempo come soggetto attivo e cosciente. Questa sezione analizza il
limite incerto tra liberazione sessuale e consumo del corpo femminile,
tra affermazione politica e ribellione individuale: Vezzoli interpreta
questa dinamica attraverso una visione complessa che tiene insieme
estratti di programmi come Milleluci, Stryx, C’era due volte e Sotto il
divano e opere di artiste quali Tomaso Binga, Lisetta Carmi, Elisabetta
Catalano e Paola Mattioli.
Tv70,
che si potrà visitare fino al 24 settembre, si conclude all’interno del
Cinema della Fondazione Prada con una nuova opera di Francesco Vezzoli:
Trilogia della Rai (2017), costituita da un montaggio di estratti
televisivi.
Nessun commento:
Posta un commento