sabato 13 maggio 2017

Viva l'arte viva! Soprattutto quando celebra l'ozio #BIENNALEVENEZIA2017


Dawn Kasper
Viva l'arte viva! Soprattutto quando celebra il dolce far niente erede dell'otium romano e della scholè grega: un momento privilegiato, oggi tradotto nel senso peggiore con la parola pigrizia e associato al vizio – opposto al mondo degli affari o negotium (cui comunque l'artista non sfugge) che glorifica il tempo libero, i momenti di inoperosità, l'inerzia. 
In un mondo che va di fretta, scosso da conflitti sociali e dalla guerra, lo storico Padiglione Centrale (ex Padiglione Italia) ai Giardini di Venezia per la 57esima edizione della Biennale si trasforma in un tributo alla pigrizia. Quella che anche Joseph Conrad aveva difficoltà a far comprendere: “Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”. Di certo c'è che vedere un'artista profondamente addormentata mentre le passano accanto flotte di persone, mentre i flash delle macchine fotografiche e le telecamere la immortalano lascia spiazzati.E pure parecchio invidiosi: sarebbe bellissimo potersi sdraiare accanto a lei dopo aver camminato tutto il giorno alla scoperta di qualche cosa di interessante tra i padiglioni dei Giardini e dell'Arsenale carichi di cartelle stampa, cataloghi e borse varie. 
 Appena si entra, nella grande sala Chini c'è infatti Dawn Kasper, artista americana classe 1977, che si sta svestendo per mettersi a letto. Dopo essersi intrattenuta a chiacchierare amabilmente con una visitatrice si toglie la tuta da lavoro sporca di vernice. Resta in biancheria intima mentre cerca una maglietta, poi si mette a dormire – insieme a un'amica - in quello che per i prossimi sei mesi sarà il suo letto. Invitata dalla curatrice della 57esima edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte Christine Macel, la Kasper ha traslocato qui tutto il contenuto del suo studio: lavora, scrive, suona e interagisce con i visitatori. Utilizzando dei giradischi obsoleti, un computer portatile e strumenti a percussione crea delle performance visive e musicali alternando momenti di inoperosità e relax. Tutto ciò è un'opera d'arte, ovviamente. L'ha intitolata “The Sun, the Moon and the Star” e ha come obiettivo quello di annientare i confini tra pubblico e privato, la fusione tra arte e vita. Non c'è nessun filtro, infatti, tra lei e chi la guarda; il vouyerimo, l'eccitazione nello spiare viene annullata dall'assenza di barriere; l'artista è nuda (in senso metaforico e letterale).
Mladen Stilinovicć
Nelle altre stanze del “Padiglione degli Artisti” ci sono le opere di altri colleghi della Kasper che hanno dedicato all'ozio le loro opere. Come Mladen Stilinovicć, importante figura dell'arte concettuale di Zagabria negli anni Settanta del quale è esposto il lavoro “Artist at work” del 1974: una serie di foto con l'artista addormentato che rivendica i valori improduttivi del tempo, della nullità, della non-efficienza. 
Ylenia Vorobyeva e Viktor Vorobyev
C'è poi Franz West con il suo “OTIUM” (1998) e Frances Stark con “Behold Man!” del 2013 nel quale l'artista si rappresenta al centro del suo studio distesa con noncuranza su un divano. Ylenia Vorobyeva e Viktor Vorobyev hanno invece messo in scena un'istallazione che assomiglia a una performance: “The Artist is Asleep” (1996) con la quale proclamano l'improduttività come ingrediente vitale dell'arte. Una pièce tutt'altro che spettacolare, persino noiosa, che sottolinea però l'importanza del tempo perso – del tempo dedicato ai sogni – nell'ambito del processo di ispirazione di un artista, in un periodo nel quale il tempo non produttivo è seriamente minacciato dal liberismo globalizzato. 
Franz West


 
«Una mostra ispirata all'umanesimo», ha spiegato Christine Macel in conferenza stampa. «Un umanesimo non focalizzato su un ideale artistico da inseguire, né tanto meno caratterizzato dalla celebrazione dell'uomo come essere capace di dominare su quanto lo circonda; semmai un umanesimo che celebra la capacità dell'uomo, attraverso l'arte, di non essere dominato dalle forze che governano quanto accade nel mondo, forze che se lasciate sole possono grandemente condizionare in senso riduttivo la dimensione umana. È un umanesimo nel quale l'atto artistico è a un tempo atto di resistenza, di liberazione e di generosità».
Frances Stark
Ozio dunque, ma anche convivialità. Tra i progetti speciali di questa edizione della Biennale c'è ancheTavola aperta”: ogni venerdì e sabato si potrà mangiare e chiacchierar con uno dei 130 artisti invitati all'Esposizione Internazionale: si pranzerà in inglese con Kiki Smith e in italiano con Giorgio Griffa, si discuterà di cultura e politica estera con l’artista-primo ministro albanese Edi Rama, mentre Olafur Eliasson potrà spiegare come le sue Green Lights stiano portando la luce dove l’elettricità non c’è. E per chi non potesse partecipare, nessun problema: c'è la trasmissione in streaming sul sito della Biennale che consentirà a chiunque di non perdersi una battuta.

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