Dawn Kasper |
Viva
l'arte viva! Soprattutto quando celebra il
dolce far niente erede dell'otium romano e della scholè
grega: un momento privilegiato, oggi tradotto nel senso peggiore con
la parola pigrizia e associato al vizio – opposto al mondo degli
affari o negotium (cui comunque l'artista non sfugge) che glorifica
il tempo libero, i momenti di inoperosità, l'inerzia.
In un mondo
che va di fretta, scosso da conflitti sociali e dalla guerra, lo
storico Padiglione Centrale (ex Padiglione Italia) ai Giardini di
Venezia per la 57esima edizione della Biennale si
trasforma in un tributo alla pigrizia. Quella che
anche Joseph Conrad aveva difficoltà a far comprendere: “Come faccio a spiegare a mia moglie che quando
guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”. Di certo c'è che
vedere un'artista profondamente addormentata mentre le passano
accanto flotte di persone, mentre i flash delle macchine fotografiche
e le telecamere la immortalano lascia spiazzati.E pure parecchio invidiosi: sarebbe bellissimo potersi sdraiare accanto a lei dopo aver camminato tutto il giorno alla scoperta di qualche cosa di interessante tra i padiglioni dei Giardini e dell'Arsenale carichi di cartelle stampa, cataloghi e borse varie.
Mladen Stilinovicć |
Nelle
altre stanze del “Padiglione degli Artisti” ci sono le opere di
altri colleghi della Kasper che hanno dedicato all'ozio le loro
opere. Come Mladen Stilinovicć, importante figura dell'arte
concettuale di Zagabria negli anni Settanta del quale è esposto il
lavoro “Artist at work” del 1974: una serie di foto con l'artista
addormentato che rivendica i valori improduttivi del tempo, della
nullità, della non-efficienza.
Ylenia Vorobyeva e Viktor Vorobyev |
C'è poi Franz West con il suo
“OTIUM” (1998) e Frances Stark con “Behold Man!” del 2013 nel
quale l'artista si rappresenta al centro del suo studio distesa con
noncuranza su un divano. Ylenia Vorobyeva e Viktor Vorobyev hanno
invece messo in scena un'istallazione che assomiglia a una
performance: “The Artist is Asleep” (1996) con la quale
proclamano l'improduttività come ingrediente vitale dell'arte. Una
pièce tutt'altro che spettacolare, persino noiosa, che sottolinea
però l'importanza del tempo perso – del tempo dedicato ai sogni –
nell'ambito del processo di ispirazione di un artista, in un periodo
nel quale il tempo non produttivo è seriamente minacciato dal
liberismo globalizzato.
Franz West |
«Una
mostra ispirata all'umanesimo»,
ha spiegato Christine Macel in conferenza stampa. «Un umanesimo non
focalizzato su un ideale artistico da inseguire, né tanto meno
caratterizzato dalla celebrazione dell'uomo come essere capace di
dominare su quanto lo circonda; semmai un umanesimo che celebra la
capacità dell'uomo, attraverso l'arte, di non essere dominato dalle
forze che governano quanto accade nel mondo, forze che se lasciate
sole possono grandemente condizionare in senso riduttivo la
dimensione umana. È un umanesimo nel quale l'atto artistico è a un
tempo atto
di resistenza,
di liberazione
e
di generosità».
Frances Stark |
Ozio
dunque, ma anche convivialità. Tra i progetti speciali di questa
edizione della Biennale c'è anche
“Tavola
aperta”:
ogni venerdì e sabato si potrà mangiare e chiacchierar con uno dei
130 artisti invitati all'Esposizione Internazionale: si pranzerà in
inglese con Kiki Smith e in italiano con Giorgio Griffa, si discuterà
di cultura e politica estera con l’artista-primo ministro albanese
Edi Rama, mentre Olafur Eliasson potrà spiegare come le sue Green
Lights stiano portando la luce dove l’elettricità non c’è. E
per chi non potesse partecipare, nessun problema: c'è la
trasmissione in streaming
sul
sito della Biennale che consentirà a chiunque di non perdersi una
battuta.
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