Lello ed io |
Non sa chi è quel "paraplegico a capo della protesta dei No-Tav".
Pasquale Valitutti, ripeto Lello per gli amici, è un uomo costretto sulla sedia a rotelle ma è prima di tutto un anarchico e come tale non vuole essere a capo di niente. L'innominabile giornalista sostiene che Lello "va in piazza da sempre tanto per protestare" come se non sapesse che fare tutto il giorno. Invece Lello di cose da fare ne ha veramente tante e quando non sta in piazza sta in giro per l'Italia a raccontare senza mai stancarsi la sua storia, la nostra storia, una storia che è ancora una ferita aperta, ma che il giornalista ignora. E' una storia di bombe, di morti, di omicidi mascherati da suicidi. E' una storia dove manca la verità giudiziaria, ma che lui e noi conosciamo bene: quella di uno Stato responsabile e impunito.
Lello Valitutti fu l'ultimo compagno a vedere vivo Pino Pinelli quella maledetta notte del 15 dicembre 1969. Anche lui era stato portato a via Fatebenefratelli dopo la strage di Piazza Fontana e mentre il ferroviere anarchico veniva "suicidato" dalla finestra del quarto piano della questura di Milano aspettava di essere interrogato. “Da questo corridoio passano, portando Pino, Calabresi e gli altri, e vanno nella stanza vicino", spiega Lello a chiunque glielo chieda. "Chi dice che Calabresi non era in quella stanza sta mentendo, nel più spudorato dei modi. Calabresi è entrato in quella stanza, è entrato insieme agli altri, nessuno è più uscito. Io ve l’assicuro, era notte fonda, c’era un silenzio incredibile, qualunque passo, qualunque rumore rimbombava, era impossibile sbagliarsi, lui era in quella stanza. Dopo circa un’ora che lui era in quella stanza, che c’era Pino in quella stanza, che non avevo sentito nulla, quindi saranno state le 11 e mezzo, grosso modo, in quella stanza succede qualcosa che io ho sempre descritto nel modo più oggettivo, più serio, scrupoloso, dei rumori, un trambusto, come una rissa, come se si rovesciassero dei mobili, delle sedie, delle voci concitate”.
Il racconto che fa Lello di quella sera è sempre lo stesso. Negli ultimi 44 anni non è mai cambiato di una virgola, al contrario delle versioni riferite ai magistrati dalla maggior parte degli altri testimoni presenti nella stanza che hanno cambiato più volte versione mettendo in discussione persino il rapporto firmato dal Commissario Capo di P.S. Dr. Allegra, redatto lo stesso giorno della tragedia.
Una verità questa che Lello non si stanca mai di ripetere soprattutto ai giovani, convinto che senza memoria non c'è futuro. Per questo fa arrabbiare quando l'anonimo articolista del Messaggero parla di "vecchio anarchico romano". La parola "vecchio" usata come dispregiativo da chi non vede una persona con tutta l'esperienza di Lello come una risorsa, ma solo come una cosa da rottamare grida vendetta. Si vergogni signor giornalista ignoto del Messaggero. Si vergogni anche della chiusa del suo ignobile articolo: "Anche ieri nei momenti più concitati, l'anarchico ha mantenuto la sua triste, nostalgica, soprattutto buffa posizione da leader”. Sono parole insulse scritte da una persona che evidentemente è triste, nostalgica, buffa.
Questo è l'articolo del Messaggero |
Un articolo vergognoso per le parole sconce usate per raffigurare il nostro fratello Lello. Talmente sconce e grondanti di profonda ignoranza che il verme che le ha scritte si è nascosto dietro l'anonimato. Grazie Nico per aver ricordato brevemente la figura di Lello. Questi velinari sappiano che noi non permetteremo il linciaggio di nessun compagno e tantomeno di uno con alle spalle una storia limpida e bella come quella di Lello.
RispondiEliminaproprio così! Chi tocca Lello tocca tutti noi.
RispondiEliminaassurda..anche la parte finale..."buffa posizione di leader"..per quest'uomo infinito provo solo una grande ammirazione..pur nn conoscendolo di persona..per il/la giornalista lasciamo perdere,cosa si fà pur di scrivere quattro righe ridicole su un quotidiano ancor più ridicolo...
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