Questa è la storia di una stella e di un'ombra. Era una notte di una primavera inoltrata e già caldissima quando la stella si accorse di lei. L'ombra vista da lassù non era altro che una macchia scura: la stella non riusciva a definirne i contorni, non poteva capirne il contenuto. Era comunque attratta inspiegabilmente da lei. Voleva a tutti i costi toccare quel misterioso vapore nero che si muoveva tra le tante altre ombre proiettate dalle luci del palco sul parco. Era eccitata all'idea di farsi avvolgere dal quel velluto nero, di penetrare nella sua trama e scoprirne l'essenza.
Desiderava accarezzare quell'ombra convinta che il solo sfiorarla avrebbe potuto riaccenderla. La stellina, infatti, stava progressivamente perdendo la sua luce. No, non era malata. Aveva semplicemente deciso che non valeva più la pena illuminare la terra e i suoi abitanti. Ora però avrebbe dato un miliardo dei suoi anni per splendere un po' di più e riuscire così a guardare all'interno di quell'ombra. Peccato che non ne avesse più la forza: con il passare del tempo aveva dimenticato come brillare. L'unica cosa che poteva era avvicinarsi il più possibile. E così fece. Si staccò dal manto celeste e attraversò le morbide nuvole. Pensò che erano della stessa materia dell'ombra e un lieve, impercettibile, bagliore la percorse. Decise di andare ancora più vicino per meglio vedere l'ombra che si spostava inquieta tra le tante altre ombre proiettate dalle luci del palco sul parco.
La stella dovette ricorrere a tutto il suo coraggio per scendere ancora di più: la terra l'attirava e la respingeva allo stesso tempo. Si sentiva infuocata, ma allo stesso tempo era ben cosciente che la luce che emanava era fredda. Con uno sforzo incredibile riuscì a scavalcare lo spesso strato di inquinamento che galleggiava sopra la città e si posò su un albero: la sua chioma era rassicurante e protettiva. Da lì sentiva l'odore di quello che doveva essere un concerto: un misto di erba, di vino, di birra, di roba cucinata, di sudore, di eccitazione, di lotta e di nostalgia. Da lì poteva vedere le persone che cantavano, che bevevano, che ballavano, che si baciavano. Da lì riusciva a vedere meglio la sua desiderata ombra: le sembrava inquieta, distratta, stanca. Avrebbe voluto consolarla e farsi consolare: anche lei si sentiva inquieta, distratta e stanca. Tra l'immaginare e l'agire quella volta per la stella fu un attimo. Si fece largo tra le tante altre ombre proiettate dalle luci del palco sul parco e la baciò.
Lei, che non aveva mai provato un sentimento umano, per la prima volta capì cosa era l'amore. L'ombra sapeva di buono, era calda e avvolgente. La stella si sentì al sicuro. Anche l'ombra dopo un iniziale stato di smarrimento provò una sensazione di benessere. Era come se ogni particella del suo essere fosse improvvisamente irrorata da liquido vitale. Sentiva come fosse la prima volta il cuore battere. E ogni battito era un pulsare energia. Ogni cellula ritrovava così la forza di squarciare quel manto oscuro che l'aveva avvolta da così tanto tempo. Si sentiva forte l'ombra mentre si accorgeva che non era più un'ombra: era un uomo. Un uomo bellissimo che baciava una donna felice e innamorata. Tra le tante altre ombre proiettate dalle luci del palco sul parco la stella era entrata nel suo cuore e là sarebbe rimasta fino alla notte dei tempi.
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