giovedì 11 ottobre 2018

Così Leonardo da Vinci preparò l'Ultima Cena

L'Ultima Cena di Leonardo da Vinci oggi risulta un'immagine così familiare che quasi viene data per scontata. Invece entrare nel Refettorio del Convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano e trovarsi davanti a quel dipinto, alla sua profonda vulnerabilità e al suo giganteggiare sempre più sulle proprie disgrazie (a cinquant'anni dalla realizzazione Giorgio Vasari notava come fosse diventato una macchia indistinta di colori a causa dell'umidità; sfuggì miracolosamente alla distruzione di gran parte del convento e dello stesso Refettorio durante la Seconda Guerra Mondiale; poi sopravvisse alle condizioni proibitive cui fu abbandonato per mesi prima di essere messo in sicurezza) è un'esperienza quasi mistica. Nella penombra in cui viene conservata la grandiosa opera sembra possibile vedere Leonardo al lavoro, mentre prepara la parete con due strati di calcina fresca e si prepara ad usare tempera e olio di lino come se stesse realizzando un piccolo dipinto su tavola. E intorno a lui i disegni preparatori, gli studi dei particolari, gli schizzi della composizione.
Oggi quei preziosissimi fogli sono ritornati nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie e l'emozione di vederli "dialogare" con l'opera finita è grande.


Un'emozione regalata ai visitatori dal Polo Museale Regionale della Lombardia che è riusciuto ad ottenere in prestito dalla Regina Elisabetta dieci disegni della collezione reale di Windsor e li ha esposti nel Museo del Cenacolo Vinciano in un allestimento "sussurrato" che fa pensare davvero ai fogli sparsi allorché il maestro lavorava sul ponteggio tra il 1494 e il 1498, rifletteva, correggeva e dipingeva.
La mostra "Leonardo da Vinci: prime idee per l'Ultima Cena" racconta il percorso creativo del genio del Rinascimento dagli abbozzi iniziali al capolavoro che oggi ammiriamo. Un primo nucleo raccoglie gli studi d' insieme, schizzi rapidi a penna nei quali studia la composizione nel suo complesso: ci troviamo di fronte documenti eccezionali perché dimostrano come Leonardo fosse partito da una concezione tradizionale della rappresentazione dell'ultima cena (con Giuda sul lato opposto degli apostoli) per arrivare poi alla sistemazione che vediamo con il "traditore" riconoscibile in mezzo agli altri solo per i sentimenti che esprimono il suo volto.

Gli altri disegni, per lo più a matita rossa o nera, si soffermano - con la sua grande capacità di osservazione - sui singoli dettagli e sui "moti dell'animo" in volti e gesti presi dal vero. Ecco allora lo stupore di Giacomo, il naso aquilino di Bartolomeo, le dita intrecciate di Giovanni, ma anche la mano sinistra di Tommaso e la mano sinistra di Bartolomeo tradizionalmente attributi dalla critica a Cesare da Sesto, assegnati qui al Cenacolo a Leonardo. E poi l'unico studio di drappeggio a oggi noto nel braccio piegato di Pietro che nel dipinto su muro impugnerà il coltello. In mostra pure il disegno di un piede destro con le linee per lo studio delle proporzioni: si tratta probabilmente del piede di Gesù Cristo, perduto nel dipinto a causa dell' apertura della porta sulla parete del Refettorio.
Di grande importanza storiografica l'emblema di Gian Galeazzo Maria Sforza che in un primo tempo il maestro Da Vinci aveva realizzato nella lunetta centrale: il disegno a penna d' inchiostro anticipa, quindi, l'inizio degli studi vinciani per il Cenacolo e assegna al nipote di Ludovico il Moro la prima committenza dell'opera.La mostra, accompagnata dal catalogo Skira, dà il via alle celebrazioni milanesi per i 500 anni della morte di Leonardo.
Si può visitare fino al 13 gennaio 2019 senza costo aggiuntivo al biglietto per la visita al Cenacolo.






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