Si sono accampate in galleria Meravigli fin dalle prime ore del mattino e alle 11,30, quando è iniziato l'incontro, ad ascoltare Sebastião Salgado c'erano oltre mille persone. Non ha voluto nessuna conferenza stampa, quello che aveva da dire sulla mostra Kuwait. Un deserto in fiamme che inaugurava alla Galleria Meravigli di Milano il maestro l'ha raccontato alle persone comuni, ai milanesi, giovani e meno, e ai turisti che non potevano lasciarsi sfuggire l'occasione di conoscerlo di persona.
Considerato uno dei più grandi fotografi del mondo, Salgado ha spiegato come l'incendio dei 600 pozzi di petrolio - ad opera dei soldati iracheni nel 1991 per ostacolare l'avanzata della coalizione militare guidata dagli statunitensi durante la Guerra del Golfo - sia stato l'episodio di inquinamento ambientale più grave di tutti i tempi ad opera dell' uomo, paragonabile a una vera e propria guerra. Lui era lì, tra i primi a intuire la reale portata e la gravità della situazione: in un paesaggio infernale che stava letteralmente bruciando davanti ai suoi occhi, iniziò a documentare quel disastro, seguendo l'operato dei vigili del fuoco (all'incontro era presente anche il pompiere Mike Miller che ha raccontanto la sua drammatica esperienza) e dei tecnici specializzati chiamati da tutto il mondo per limitare i danni e arginare le perdite. Nell’aria nera e calda di un cielo oscurato e saturo di anidride carbonica, di fronte a lui si levavano enormi colonne di fiamme e una coltre scura di petrolio copriva il deserto, le persone e le cose. Il calore raggiunse tali temperature che uno dei suoi obiettivi si deformò. Sfidando il pericolo, lo stordimento, l'inquinamento e le alte temperature, Sebastião Salgado volle catturare i segni della devastazione e il sacrificio di centinaia di uomini.
Il risultato è un pugno nello stomaco: con 34 grandi immagini in bianco e nero esposte per la prima volta a livello internazionale Salgado racconta con luce apocalittica il contrasto dei pozzi in fiamme e la coltre scura di petrolio che copriva il deserto, le persone e le cose. Gli occhi increduli e stanchi dei vigili del fuoco, lo sforzo fisico nel cercare di domare le fiamme, il fumo divagante: nei ricordi e impressioni di Salgado, «era come affrontare la fine del mondo, un mondo intriso di nero e di morte».
La mostra - bellissima e potente - si può visitare fino al 28 gennaio 2018.
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