Non stupisce quindi che gran parte della sua produzione artistica sia proprio dedicata agli adorati felini. Considerati un affascinante specchio dell'imprevedibilità della natura umana, erano loro ad offrirgli ispirazione per le sue opere e a personificare lo spirito tipico dell' abitante di Edo (oggi Tokio) della metà dell'Ottocento: spensierato e sempre alla ricerca di nuovi piaceri. Ecco allora i gatti che si trastullano nelle case da tè insieme a cortigiane micette dai sontuosi kimoni dai sontuosi, i gatti vestiti all' ultima moda che giocano a palla, gatti in relax nel centro benessere, gatti in amore. Ma anche gatti al lavoro come i portatori di lanterne con i loro tatuaggi o come samurai con la spada al fianco.
Del resto le autorità cittadine di Edo, all'epoca erano preoccupate per le tendenze scialacquatrici dei mercanti o dei ricchi borghesi tanto da emanare con una serie di leggi suntuarie (riforme dell' era Tenpoo, 1830-1844) che proibivano perfino i piaceri più innocui. Furono vietati i fuochi artificiali, i kimono sfarzosi, le rappresentazioni di attori del teatro kabuki e delle più famose geisha che per anni erano stati i soggetti preferiti degli artisti dell' ukiyoe. Kuniyoshi, racconta Graziana Canova Tura su Pagine Zen, trovò il modo di aggirare le leggi e di far divertire il suo pubblico rappresentando attori, cortigiane, personaggi storici o leggendari sotto forma di gatti. In alcuni casi assunse anche lo pseudonimo Gobyokai, il maestro dei cinque gatti.
Naturalmente produsse anche stampe nelle quali l'animale è semplicemente un gatto, che gioca con l' orlo del kimono della padrona o che si fa da lei accarezzare, tenuto amorevolmente in braccio. Altre volte le pose dei felini vengono associate a proverbi che li riguardano (oggi non sempre comprensibili) o vengono usati per opere ingegnose che si fondono su meccanismi a cavallo tra il gioco di parole, ossimori, e gioco grafico. Si resta a bocca aperta davanti ai caratteri calligrafici composti da figure di gatto alla maniera di Arcimboldo che scrivono in sillabario corsivo, così come davanti ai gatti delle Cinquantatré stazioni del Tokaido che con il suono del loro nome evocano i nomi delle città: Fujikawa viene associato al un gatto nel cesto (buchikago); a Fujieda un gatto un po' incapace (buchiheta); a Kyoto un gatto che miagola impaurito (gyau). I gatti di Kuniyoshi si possono ammirare nella mostra - la prima monografica in Italia a lui dedicata - che inaugura oggi (4 ottobre 2017) al Museo della Permanente di Milano. Non solo gatti, però, ovviamente.
L' esposizione Kuniyoshi, maestro visionario dell' ukiyoe, presenta la produzione diell'artista nella sua interezza, evidenziando la sua strabiliante capacità tecnica e la capacità inventiva attraverso una selezione di 165 silografie policrome divise in cinque sezioni tematiche (Beltà, Paesaggi, Eroi e guerrieri, Animali e parodie e Gatti). Provengono tutte dal Giappone e raccontano di briganti che si muovono a difesa del popolo stremato dalle ingiustizie e dalla corruzione: personalità violente, potenti, armati, dai corpi muscolosi e coperti di tatuaggi che oggi ispirano manga, anime, tatuatori e disegnatori di tutto il mondo; ma anche donne, bambini, attori kabuki e di fantasmi; giochi illusionistici, fatti di ombre e di figure composite alla maniera di Arcimboldo, parodie di storie e battaglie, oggetti, dolci, cibi.
Opere ironiche e umoristiche che giocano sui sentimenti e le emozioni come nessun altro artista ha saputo fare prima di lui.
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