domenica 18 maggio 2014

Racconto: di corde, di bende, di fuoco. E di politica





Venerdì.
Sveglia, caffè, metropolitana, citofono, cancello, quotidiani, caffè, sigaretta, computer, rabbia, sigaretta, computer, sigaretta, computer, sigaretta, telefono. Tram, occhiali, cane, palestra, bastoni, cena, vino, fumo, chiacchiere, politica, individualisti e faisti, divano, alba.

Non ci siamo per nessuno. Io e Morgana non siamo raggiungibili fino a domenica sera se non per emergenze e/o la rivoluzione”. Shadow aveva affidato al suo profilo facebook l'annuncio non certo per fare il figo, ma proprio perché non voleva essere disturbato in quello che per lui e Morgana doveva essere un weekend speciale. La quotidianità non lascia tregua e ogni tanto serve ritrovarsi e rivivere le emozioni dell'inizio, quelle che ti hanno fatto trovare e restare.

Fuori pioveva. Aveva messo a freddo dopo un inizio autunno che sembrava il proseguimento dell'estate. Erano i primi giorni in cui era davvero piacevole stringersi in un vecchio largo golf infeltrito che sa di buono o infilarsi sotto il piumone con un libro da leggere mentre dalla finestra aperta entra l'odore della pioggia. Morgana dopo l'estenuante giornata al giornale aveva aspettato così che Shadow tornasse dall'allenamento in palestra. Poi, vista l'ora, aveva convenuto con se stessa che era meglio iniziare a preparare la tavola. Ogni tipo di formaggio fu fatto a dadini e sistemato attorno a due grandi cucchiaiate di miele aromatizzato al tartufo. Aspettare il suo uomo e pregustare come ognuno di quei pezzettini di formaggio sarebbe stato sporcato con il miele, assaggiato con la punta della lingua e poi addentato la eccitava.

Si spogliò: tolse la maglietta, sfilò i pantaloni. Addosso restarono solo con le calde parigine di lana spessa che arrivano sopra il ginocchio e il vecchio, largo golf infeltrito. Avrebbe accolto così Shadow al rientro.

Il momento che aspettava era arrivato: l'aveva capito quando il cane era corso alla porta allertata dal rumore delle chiavi. Era completamente bagnato dalla pioggia, ma l'abbracciò stretta stretta baciandola sulla bocca.

Miele, formaggio, nero d'avola, telegiornale, politica.

«Il superuomo nietzschiano modella la propria etica come un’opera d’arte, senza condizionamenti e compromessi e allo stesso modo l’individualista anarchico determina se stesso senza sentirsi obbligato ad attribuire alle proprie scelte un valore universale. L’anarchico individualista non ha bisogno di approvazione o di gratificazioni. Basta a se stesso. In questa prospettiva, condividere con altri la propria azione è un fatto del tutto superfluo e, nel suo accadere, dipendente esclusivamente dal caso. Nulla può ostacolare la compiutezza della propria soggettiva realizzazione».

Il discorso a tavola, partito dalle notizie del giorno, si era presto spostato sulla sentenza contro i due informali che avevano gambizzato a Genova un manager dell'Ansaldo che adesso dovranno scontare in carcere 10 anni e 8 mesi uno e a 9 anni e 4 mesi l'altro.

A Morgana l'atteggiamento di quei due compagni in aula era piaciuto, così come l'avevano emozionata le loro parole prima e dopo la sentenza. Del resto, sosteneva con Shadow, quello che loro avevano colpito era un uomo che propagandava e progettava centrali nucleari in giro per il mondo per conto di Ansaldo Nucleare, un individuo che con il suo ruolo legittimizzava tutti i traffici di Finmeccanica (oltre il nucleare in tutti i suoi passaggi, traffico di armi, corruzione, truffe, progetti militari…) che si possono annoverare tra le peggiori e più crudeli facce del capitalismo. L’atteggiamento iper dignitoso dei due detenuti durante il processo, le loro rivendicazioni, non potevano che essere per lei un ulteriore stimolo (se ce ne fosse bisogno) a continuare sulla strada dell’attacco a società, stato e capitale attraverso l’azione diretta.

«A questi due fratelli non posso che esprimere solidarietà totale e attiva, complicità e affetto», disse Morgana provocando Shadow che non la pensava affatto così.

«Hanno sbucciato la gamba ad uno, si sono fatti prendere perché non hanno minimamente pianificato il colpo, hanno fatto in modo che la repressione contro i compagni sia, per quanto possibile, ancora più dura», ribatte con forza.

La procura, infatti, da subito dopo la gambizzazione del manager, nonostante uno dei compagni si fosse arrogato la completa responsabilità dell'organizzazione e realizzazione dell'agguato, stava cercando di capire se esistesse una specie di struttura alle spalle dell'anarchico, ovvero se il nucleo della cellula non fosse la monade di una struttura anarchica più vasta in grado di colpire ancora. Certo è, sostenevano gli investigatori, che «esiste una rete che si muove tra Italia, Grecia e Spagna» e che gli anarco-insurrezionalisti «erano passati dalla impostazione individualistica e spontaneistica» a una struttura «reticolare che, pur non costituendone una verticistica come quella delle Br, vede in questo schema un'adesione al progetto complessivo antisistema da parte di una vera e propria organizzazione». Le ultime stime degli investigatori «contavano almeno 50 persone aderenti entrate in clandestinità», ma ciò che più li spaventava «era il consenso che raccolgono in aree dell'antagonismo che si oppongono a situazioni politiche e ambientali tra Napoli, Genova e Torino». Un asse sul quale, secondo gli investigatori, si muovevano i compagni carcerati e alcuni anarchici a lui vicini.

Morgana difendeva però il diritto di un individualista ad agire.

«Anche un capitalista è individualista quando si sente soggettivamente realizzato nel depredare il mondo... qualsiasi egoismo è allora individualismo... come discerniamo un sano e corretto individualismo? Se il termine di paragone non è il ruolo dell'individuo e il rapporto con la collettività, come se ne esce? Non credo certamente che l'interesse collettivo sia sopra quello dell'individuo... anche se di certo credo siano strettamente legati», la fermò Shadow.

«Ma il capitalista non agisce per il bene della collettività. Agisce, trama, colpisce per il suo tornaconto economico, di potere, di supremazia. Quindi non è anarchico. Il punto è che io spinta dai ideali libertari e non fini personale, devo poter agire quando meglio credo, nei modi che ritengo opportuni, senza dovermi subire ore e ore, giorni e giorni di assemblee. Mi muovo, faccio, mi assumo la responsabilità».

«Il non voler subirsi ore e ore di assemblea è anarchico in generale, mica solo individualista... chiunque può agire a suo nome senza passare per assemblea... Se vuoi fare qualcosa da solo agisci da solo, se lo vuoi fare insieme ne parli. E comunque anche se passi per l'assemblea ogni azione te la assumi individualmente... Non esistendo vincoli di maggioranza ogni scelta non può che essere individuale».

«Parlare, parlare, parlare. Basta. Credo che sia arrivato il momento di agire».

Il vino già stava facendo il suo effetto mentre la tv dava le altre notizie della giornata. Una giornata storica, almeno in Cina, dove il presidente aveva revocato il divieto di mettere al mondo un solo figlio, ma ancora più clamorosamente aveva fatto un passo indietro sulla pena di morte prevista per alcuni reati di tipo politico.

«Tocca festeggiare!», diceva Shadow mentre tirava fuori dal suo porta tabacco un prezioso involucro.

«Abbasso il comunismo, viva l'anarchia!», urlava Morgana saltando per la stanza sotto gli occhi sconcertati del cane. Poi prima di lasciarsi cadere sul divano accese le candele che erano disseminate per la stanza, chiuse la luce e zittì la televisione.

Ci voleva silenzio per quel rituale che si apprestavano a compiere dopo tanto tempo di astinenza.
Mentre Shadow tritava l'erba Morgana arrotolava il filtro tra il pollice e l'indice della mano sinistra. Con l'altra prese ad accarezzare la nuca del suo compagno provocandogli brividi che lo riscaldarono.

Le piaceva vedere come mischiava il poco tabacco all'erba finemente spezzettata. Era affascinata da come livellava il miscuglio prima di coprirlo con la cartina per poi fargli scorrere il foglio intorno senza perdere nemmeno una briciola mentre infilava il filtro e rollava. Osservava con malizia come leccava la gomma della King size e chiudeva la “sigaretta”.
Il primo tiro fu per lei che si alzò di nuovo per accendere la musica. I Pink Floid riempirono la casa.

Shadow aprì la seconda bottiglia di Nero d'Avola. Ne versò un po' nel bicchiere, poi ne prese qualche goccia con l'indice e con lo stesso sfiorò le labbra di Morgana. Ne disegnò i contorni più volte. Lei aprì la bocca, toccò con la punta della lingua il dito bagnato. Lo assaporò. Lui ripetè l'operazione spingendosi fin dentro la bocca permettendole di leccarlo. Lo tirò fuori e lo rimise dentro. Lo tirò fuori e lo rimise dentro. Lo tirò fuori e avvicinò la bocca alla sua per respirare lo stesso respiro.

Fece lo stesso gioco con la lingua. Provocò quella di Morgana, la fece uscire dalla bocca mentre la sua si ritraeva. Poi quando lei la ritraeva lui la penetrava. Lì nella sua tana la assaggiò e gli parve di sentire tutti i sapori del mondo mentre le bocche s’incontravano e lottavano, mentre si mordevano, mentre giocavano nei loro recinti. Il vino, il dolce del miele, il fumo: c'era una sola saliva.

L’aria entrava e usciva col suo profumo antico e il suo silenzio. Allora le mani di lei si immersero nei suoi capelli, accarezzarono lentamente le rotondità del suo cranio mentre lo baciava come se avessero la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranze oscure e afrodisiache. E si addentarono. Il sapore era dolce. Affogati in un breve e terribile assorbirsi dell’alito, quell’istantanea morte fu bella. C’era una sola saliva e un solo sapore di frutta matura. E Shadow sentì tremare su di lui Morgana come la luna nell’acqua.

Fuoco, corde, profumo, benda.

«Ora facciamo un gioco», disse Shadow alzandosi dal divano.

Con un gesto di estrema galanteria porse la mano a Morgana invitandola a seguirlo in camera da letto.

La fece adagiare sul piumone rosso e le chiese di aspettarlo fantasticando su quello che l'aspettava.

Fece avanti e indietro, riempì la stanza di candele, raccolse degli oggetti che non le mostrò, poi spruzzo nell'aria quel profumo di muschio e arancia che Morgava usava ogni giorno, da dieci anni a questa parte.

Le tolse il maglione per stringergli i seni nelle sue potenti mani. La stretta lasciò il posto alle carezze, ai massaggi finché il capezzolo divenne duro, dritto come un chiodo piantato lì al centro di quell'aureola che diventava sempre più nera.
Fu allora che le prese i polsi e con la corda li legò.

Morgana provò un senso di ribellione: nessuno poteva privarla della sua libertà. Ma fu il pensiero di un attimo. Lei in quel momento era liberissima di decidere se interrompere tutto o se invece andare avanti e assaporare ogni momento di quel gioco che stava facendo con Shadow.
Decise di andare avanti, di vestire panni che non le erano stati cuciti addossi, ma che in quel momento voleva indossare.

Dopo i polsi fu la volta del viso. La mano di Shadow lo copriva, lo accarezzava. La bocca fu violata dalle dita bramose di lui e poi abbandonata. Quelle stesse dita avanzarono sul collo, lo strinsero fino a farle mancare il respiro.

«Ora ti bendo».

Morgana lasciò che le mettesse sugli occhi quel fazzoletto rosso e nero che era solito indossare alle manifestazioni. Era completamente a sua disposizione. E questa cosa la eccitava molto.

Shadow le alzò le braccia sopra la testa, le aprì le gambe e fece assaggiare alla sua fica il suo caldo, enorme, duro membro. Poi con una botta di reni la penetrò.

Morgana cercò di opporre resistenza inarcando il bacino, stringendo le sue gambe ai fianchi del compagno.

«Masturbati. Vorrei farti delle foto».

A lei sembrò la cosa più folle del mondo e acconsentì. Le piaceva l'idea che avessero una prova, un ricordo per immagini di quel viaggio che stavano compiendo insieme.

«Toccati», le ordinò lui. A Morgana eseguire il comando venne del tutto naturale. L'avrebbe fatto anche senza che lui non glielo avesse imposto.

E fu bello accarezzarsi la fica bollente e umida. Fu bello esplorarsi. Fu bello penetrarsi e cercare un punto che le desse più piacere dell'altro. Nelle orecchie l'intera discografia dei Pink Floyd a sottofondo del click della macchina fotografica. Nel cervello l'odore del suo profumo che da secoli non assaporava più così intensamente.

Poi Shadow sostituì le mani con il suo cazzo eccitato. Inginocchiato davanti a lei la scopava mentre giocava con i capezzoli irti. Lei, bendata, era ignara di quello che stava per accaderle. Si godeva quella penetrazione morbida, dolce, ritmata allargando e stringendo l'orifizio vaginale.

Fu durante uno dei suoi multi orgasmi che Morgana si sentì come pungere. Una scossa iniziale, poi un calore improvviso, poi il piacere. Shadow aveva lasciato cadere sul suo seno la goccia di cera di una candela. Per entrambi fu un piacere prolungare quella sensazione di infiniti mondi che si incontrano che le parole faticano a descrivere.

«Il dolore che si trasforma in delizia», disse lei provando a godere pure del suono che quella frase evocava.

Shadow la abbandonò così sul letto.

Ritornò qualche minuto più tardi con la bottiglia di vino e il suo prezioso portatabacco.

Sogni, realtà, giardini, altri mondi.

Le tolse la benda e insieme si accoccolarono sotto il piumone. E mentre bevevano e fumavano continuavano a toccarsi, a strusciarsi, a baciarsi. Fin quando non fu più possibile resistere. Fu un amplesso lunghissimo fatto di intuizioni, di tentativi, di scoperte, di conferme, di mari in tempesta, di fantasie sussurrate all'orecchio, di scambi di ruolo, di compagni di gioco evocati, di paesaggi, di ricordi, di palline cinesi, di vibratori, di racconti erotici che prendevano forma in infinite possibilità.

Poi arrivò il momento in cui l'universo esplose. Il cuore batteva a ritmi accelerati, un calore improvviso corse dalla nuca agli organi genitali percorrendo la spina dorsale. Una gioia incontenibile si impossessò dei loro corpi. Il desiderio di perdere completamente il controllo in uno stato di relax totale ebbe il sopravvento.

Shadow liberò il suo piacere nel ventre bagnato di Morgana gustando il sapore delle sue labbra. Le parve di non aver mai mangiato nulla di più buono.
Lei si ritrovò nel giardino dell'anima esausta e felice.

Restarono così avvinghiati a lungo. Parlarono dei loro progetti, dei loro sogni. Poi alla fine crollarono in un sonno sereno e profondo. Sognarono. Il weekend era appena cominciato.

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