Venerdì.
Sveglia, caffè,
metropolitana, citofono, cancello, quotidiani, caffè, sigaretta,
computer, rabbia, sigaretta, computer, sigaretta, computer,
sigaretta, telefono. Tram, occhiali, cane, palestra, bastoni, cena,
vino, fumo, chiacchiere, politica, individualisti e faisti, divano,
alba.
“Non ci siamo per
nessuno. Io e Morgana non siamo raggiungibili fino a domenica sera se
non per emergenze e/o la rivoluzione”. Shadow aveva affidato al suo
profilo facebook l'annuncio non certo per fare il figo, ma proprio
perché non voleva essere disturbato in quello che per lui e Morgana
doveva essere un weekend speciale. La quotidianità non lascia tregua
e ogni tanto serve ritrovarsi e rivivere le emozioni dell'inizio,
quelle che ti hanno fatto trovare e restare.
Fuori pioveva. Aveva messo
a freddo dopo un inizio autunno che sembrava il proseguimento
dell'estate. Erano i primi giorni in cui era davvero piacevole
stringersi in un vecchio largo golf infeltrito che sa di buono o
infilarsi sotto il piumone con un libro da leggere mentre dalla
finestra aperta entra l'odore della pioggia. Morgana dopo
l'estenuante giornata al giornale aveva aspettato così che Shadow
tornasse dall'allenamento in palestra. Poi, vista l'ora, aveva
convenuto con se stessa che era meglio iniziare a preparare la
tavola. Ogni tipo di formaggio fu fatto a dadini e sistemato attorno
a due grandi cucchiaiate di miele aromatizzato al tartufo. Aspettare
il suo uomo e pregustare come ognuno di quei pezzettini di formaggio
sarebbe stato sporcato con il miele, assaggiato con la punta della
lingua e poi addentato la eccitava.
Si spogliò: tolse la
maglietta, sfilò i pantaloni. Addosso restarono solo con le calde
parigine di lana spessa che arrivano sopra il ginocchio e il vecchio,
largo golf infeltrito. Avrebbe accolto così Shadow al rientro.
Il momento che aspettava
era arrivato: l'aveva capito quando il cane era corso alla porta
allertata dal rumore delle chiavi. Era completamente bagnato dalla
pioggia, ma l'abbracciò stretta stretta baciandola sulla bocca.
Miele, formaggio, nero
d'avola, telegiornale, politica.
«Il
superuomo nietzschiano modella la propria etica come un’opera
d’arte, senza condizionamenti e compromessi e allo stesso modo
l’individualista anarchico determina se stesso senza sentirsi
obbligato ad attribuire alle proprie scelte un valore universale.
L’anarchico individualista non ha bisogno di approvazione o di
gratificazioni. Basta a se stesso. In questa prospettiva, condividere
con altri la propria azione è un fatto del tutto superfluo e, nel
suo accadere, dipendente esclusivamente dal caso. Nulla può
ostacolare la compiutezza della propria soggettiva realizzazione».
Il discorso a tavola,
partito dalle notizie del giorno, si era presto spostato sulla
sentenza contro i due informali che avevano gambizzato a Genova un
manager dell'Ansaldo che adesso dovranno scontare in carcere 10 anni
e 8 mesi uno e a 9 anni e 4 mesi l'altro.
A Morgana l'atteggiamento
di quei due compagni in aula era piaciuto, così come l'avevano
emozionata le loro parole prima e dopo la sentenza. Del resto,
sosteneva con Shadow, quello che loro avevano colpito era un uomo che
propagandava e progettava centrali nucleari in giro per il mondo per
conto di Ansaldo Nucleare, un individuo che con il suo ruolo
legittimizzava tutti i traffici di Finmeccanica (oltre il nucleare in
tutti i suoi passaggi, traffico di armi, corruzione, truffe, progetti
militari…) che si possono annoverare tra le peggiori e più crudeli
facce del capitalismo. L’atteggiamento iper dignitoso dei due
detenuti durante il processo, le loro rivendicazioni, non potevano
che essere per lei un ulteriore stimolo (se ce ne fosse bisogno) a
continuare sulla strada dell’attacco a società, stato e capitale
attraverso l’azione diretta.
«A
questi due fratelli non posso che esprimere solidarietà totale e
attiva, complicità e affetto»,
disse Morgana provocando Shadow che non la pensava affatto così.
«Hanno
sbucciato la gamba ad uno, si sono fatti prendere perché non hanno
minimamente pianificato il colpo, hanno fatto in modo che la
repressione contro i compagni sia, per quanto possibile, ancora più
dura», ribatte con forza.
La procura, infatti, da
subito dopo la gambizzazione del manager, nonostante uno dei
compagni si fosse arrogato la completa responsabilità
dell'organizzazione e realizzazione dell'agguato, stava cercando di
capire se esistesse una specie di struttura alle spalle
dell'anarchico, ovvero se il nucleo della cellula non fosse la monade
di una struttura anarchica più vasta in grado di colpire ancora.
Certo è, sostenevano gli investigatori, che «esiste
una rete che si muove tra Italia, Grecia e Spagna»
e che gli anarco-insurrezionalisti «erano
passati dalla impostazione individualistica e spontaneistica»
a una struttura «reticolare
che, pur non costituendone una verticistica come quella delle Br,
vede in questo schema un'adesione al progetto complessivo antisistema
da parte di una vera e propria organizzazione».
Le ultime stime degli investigatori «contavano
almeno 50 persone aderenti entrate in clandestinità»,
ma ciò che più li spaventava
«era il consenso che
raccolgono in aree dell'antagonismo che si oppongono a situazioni
politiche e ambientali tra Napoli, Genova e Torino».
Un asse sul quale, secondo gli investigatori, si muovevano i compagni
carcerati e alcuni anarchici a lui vicini.
Morgana difendeva però il
diritto di un individualista ad agire.
«Anche
un capitalista è individualista quando si sente soggettivamente
realizzato nel depredare il mondo... qualsiasi egoismo è allora
individualismo... come discerniamo un sano e corretto individualismo?
Se il termine di paragone non è il ruolo dell'individuo e il
rapporto con la collettività, come se ne esce? Non credo certamente
che l'interesse collettivo sia sopra quello dell'individuo... anche
se di certo credo siano strettamente legati»,
la fermò Shadow.
«Ma
il capitalista non agisce per il bene della collettività. Agisce,
trama, colpisce per il suo tornaconto economico, di potere, di
supremazia. Quindi non è anarchico. Il punto è che io spinta dai
ideali libertari e non fini personale, devo poter agire quando meglio
credo, nei modi che ritengo opportuni, senza dovermi subire ore e
ore, giorni e giorni di assemblee. Mi muovo, faccio, mi assumo la
responsabilità».
«Il
non voler subirsi ore e ore di assemblea è anarchico in generale,
mica solo individualista... chiunque può agire a suo nome senza
passare per assemblea... Se vuoi fare qualcosa da solo agisci da
solo, se lo vuoi fare insieme ne parli. E comunque anche se passi per
l'assemblea ogni azione te la assumi individualmente... Non esistendo
vincoli di maggioranza ogni scelta non può che essere individuale».
«Parlare,
parlare, parlare. Basta. Credo che sia arrivato il momento di agire».
Il vino già stava facendo
il suo effetto mentre la tv dava le altre notizie della giornata. Una
giornata storica, almeno in Cina, dove il presidente aveva revocato
il divieto di mettere al mondo un solo figlio, ma ancora più
clamorosamente aveva fatto un passo indietro sulla pena di morte
prevista per alcuni reati di tipo politico.
«Tocca
festeggiare!», diceva
Shadow mentre tirava fuori dal suo porta tabacco un prezioso
involucro.
«Abbasso
il comunismo, viva l'anarchia!»,
urlava Morgana saltando per la stanza sotto gli occhi sconcertati del
cane. Poi prima di lasciarsi cadere sul divano accese le candele che
erano disseminate per la stanza, chiuse la luce e zittì la
televisione.
Ci voleva silenzio per
quel rituale che si apprestavano a compiere dopo tanto tempo di
astinenza.
Mentre Shadow tritava
l'erba Morgana arrotolava il filtro tra il pollice e l'indice della
mano sinistra. Con l'altra prese ad accarezzare la nuca del suo
compagno provocandogli brividi che lo riscaldarono.
Le piaceva vedere come
mischiava il poco tabacco all'erba finemente spezzettata. Era
affascinata da come livellava il miscuglio prima di coprirlo con la
cartina per poi fargli scorrere il foglio intorno senza perdere
nemmeno una briciola mentre infilava il filtro e rollava. Osservava
con malizia come leccava la gomma della King size e chiudeva la
“sigaretta”.
Il primo tiro fu per lei
che si alzò di nuovo per accendere la musica. I Pink Floid
riempirono la casa.
Shadow aprì la seconda
bottiglia di Nero d'Avola. Ne versò un po' nel bicchiere, poi ne
prese qualche goccia con l'indice e con lo stesso sfiorò le labbra
di Morgana. Ne disegnò i contorni più volte. Lei aprì la bocca,
toccò con la punta della lingua il dito bagnato. Lo assaporò. Lui
ripetè l'operazione spingendosi fin dentro la bocca permettendole di
leccarlo. Lo tirò fuori e lo rimise dentro. Lo tirò fuori e lo
rimise dentro. Lo tirò fuori e avvicinò la bocca alla sua per
respirare lo stesso respiro.
Fece lo stesso gioco con
la lingua. Provocò quella di Morgana, la fece uscire dalla bocca
mentre la sua si ritraeva. Poi quando lei la ritraeva lui la
penetrava. Lì nella sua tana la assaggiò e gli parve di sentire
tutti i sapori del mondo mentre le bocche s’incontravano e
lottavano, mentre si mordevano, mentre giocavano nei loro recinti. Il
vino, il dolce del miele, il fumo: c'era una sola saliva.
L’aria entrava e usciva
col suo profumo antico e il suo silenzio. Allora le mani di lei si
immersero nei suoi capelli, accarezzarono lentamente le rotondità
del suo cranio mentre lo baciava come se avessero la bocca piena di
fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranze oscure e
afrodisiache. E si addentarono. Il sapore era dolce. Affogati in un
breve e terribile assorbirsi dell’alito, quell’istantanea morte
fu bella. C’era una sola saliva e un solo sapore di frutta matura.
E Shadow sentì tremare su di lui Morgana come la luna nell’acqua.
Fuoco, corde, profumo,
benda.
«Ora
facciamo un gioco», disse Shadow alzandosi dal divano.
Con
un gesto di estrema galanteria porse la mano a Morgana invitandola a
seguirlo in camera da letto.
La
fece adagiare sul piumone rosso e le chiese di aspettarlo
fantasticando su quello che l'aspettava.
Fece
avanti e indietro, riempì la stanza di candele, raccolse degli
oggetti che non le mostrò, poi spruzzo nell'aria quel profumo di
muschio e arancia che Morgava usava ogni giorno, da dieci anni a
questa parte.
Le
tolse il maglione per stringergli i seni nelle sue potenti mani. La
stretta lasciò il posto alle carezze, ai massaggi finché il
capezzolo divenne duro, dritto come un chiodo piantato lì al centro
di quell'aureola che diventava sempre più nera.
Fu
allora che le prese i polsi e con la corda li legò.
Morgana
provò un senso di ribellione: nessuno poteva privarla della sua
libertà. Ma fu il pensiero di un attimo. Lei in quel momento era
liberissima di decidere se interrompere tutto o se invece andare
avanti e assaporare ogni momento di quel gioco che stava facendo con
Shadow.
Decise
di andare avanti, di vestire panni che non le erano stati cuciti
addossi, ma che in quel momento voleva indossare.
Dopo
i polsi fu la volta del viso. La mano di Shadow lo copriva, lo
accarezzava. La bocca fu violata dalle dita bramose di lui e poi
abbandonata. Quelle stesse dita avanzarono sul collo, lo strinsero
fino a farle mancare il respiro.
«Ora
ti bendo».
Morgana
lasciò che le mettesse sugli occhi quel fazzoletto rosso e nero che
era solito indossare alle manifestazioni. Era completamente a sua
disposizione. E questa cosa la eccitava molto.
Shadow
le alzò le braccia sopra la testa, le aprì le gambe e fece
assaggiare alla sua fica il suo caldo, enorme, duro membro. Poi con
una botta di reni la penetrò.
Morgana
cercò di opporre resistenza inarcando il bacino, stringendo le sue
gambe ai fianchi del compagno.
«Masturbati.
Vorrei farti delle foto».
A
lei sembrò la cosa più folle del mondo e acconsentì. Le piaceva
l'idea che avessero una prova, un ricordo per immagini di quel
viaggio che stavano compiendo insieme.
«Toccati»,
le ordinò lui. A Morgana eseguire il comando venne del tutto
naturale. L'avrebbe fatto anche senza che lui non glielo avesse
imposto.
E
fu bello accarezzarsi la fica bollente e umida. Fu bello esplorarsi.
Fu bello penetrarsi e cercare un punto che le desse più piacere
dell'altro. Nelle orecchie l'intera discografia dei Pink Floyd a
sottofondo del click della macchina fotografica. Nel cervello l'odore
del suo profumo che da secoli non assaporava più così intensamente.
Poi
Shadow sostituì le mani con il suo cazzo eccitato. Inginocchiato
davanti a lei la scopava mentre giocava con i capezzoli irti. Lei,
bendata, era ignara di quello che stava per accaderle. Si godeva
quella penetrazione morbida, dolce, ritmata allargando e stringendo
l'orifizio vaginale.
Fu
durante uno dei suoi multi orgasmi che Morgana si sentì come
pungere. Una scossa iniziale, poi un calore improvviso, poi il
piacere. Shadow aveva lasciato cadere sul suo seno la goccia di cera
di una candela. Per entrambi fu un piacere prolungare quella
sensazione di infiniti mondi che si incontrano che le parole faticano
a descrivere.
«Il
dolore che si trasforma in delizia», disse lei provando a godere
pure del suono che quella frase evocava.
Shadow
la abbandonò così sul letto.
Ritornò
qualche minuto più tardi con la bottiglia di vino e il suo prezioso
portatabacco.
Sogni,
realtà, giardini, altri mondi.
Le
tolse la benda e insieme si accoccolarono sotto il piumone. E mentre
bevevano e fumavano continuavano a toccarsi, a strusciarsi, a
baciarsi. Fin quando non fu più possibile resistere. Fu un amplesso
lunghissimo fatto di intuizioni, di tentativi, di scoperte, di
conferme, di mari in tempesta, di fantasie sussurrate all'orecchio,
di scambi di ruolo, di compagni di gioco evocati, di paesaggi, di
ricordi, di palline cinesi, di vibratori, di racconti erotici che
prendevano forma in infinite possibilità.
Poi
arrivò il momento in cui l'universo esplose. Il cuore batteva a
ritmi accelerati, un calore improvviso corse dalla nuca agli organi
genitali percorrendo la spina dorsale. Una gioia incontenibile si
impossessò dei loro corpi. Il desiderio di perdere completamente il
controllo in uno stato di relax totale ebbe il sopravvento.
Shadow
liberò il suo piacere nel ventre bagnato di Morgana gustando il
sapore delle sue labbra. Le parve di non aver mai mangiato nulla di
più buono.
Lei
si ritrovò nel giardino dell'anima esausta e felice.
Restarono
così avvinghiati a lungo. Parlarono dei loro progetti, dei loro
sogni. Poi alla fine crollarono in un sonno sereno e profondo.
Sognarono. Il weekend era appena cominciato.
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