Man Ray |
Oggi mi sono svegliata presto. Per scrivere. O meglio per fissare con le parole quello che ho provato ieri sera poco prima della mezzanotte quando, dopo averla tanto cercata, ho trovato l'illuminazione grazie a “Le parole che non o/so dire”.
Avevo atteso il 15 maggio, ieri, con mille mila fantasie. Mi eccitava l'idea di fare un laboratorio di scrittura erotica mentre nella palestra al piano di sopra il mio compagno insegnava a tirar di bastoni, di coltelli, di pugni. Mi piaceva immaginare lo scambio dei ruoli. Mi piaceva immaginare come potevano interagire le nostre attività: la scrittura e la lotta. Cercavo attinenze, similitudini, termini comuni. E' stato del tutto naturale per questo, quando durante il laboratorio mi sono trovata nell'esigenza di descrivere un atto sessuale, pensare alla potenza e alla determinazione che il mio compagno stava usando in quel preciso momento nel colpire l'avversario/allievo di là. Nella palestra al piano di sopra.
Una potenza che dà piacere, intenso come quello che si prova quando si varca la soglia del dolore, quando la perversione si fa violenza, sperimentazione, condivisione e poi si trasforma in estasi. Una determinazione che ne fa il mio padrone. Ripenso alle volte in cui, mentre la mente vagava per altri sentieri, lui mi ha preso la mano, la ha infilata nei pantaloni e si è fatto toccare il suo enorme, caldo membro eccitato. Basta questo per infiammarmi e rendermi sua schiava. Basta questo per sentire quel brivido che parte dal cervello, attraversa la nuca, scende come un lampo per la spina dorsale e arriva alla fica e le impedisce, con la complicità delle sue mani, di restare asciutta. La fa aprire, la inumidisce, la prepara alla penetrazione che avverrà più e più volte, in ogni posizione e in ogni immaginabile modo. Vengo sulle sue mani. Godo di tutta l'eccitazione che mi ha dato quando lo masturbo, lo assaggio, lo accarezzo, lo stringo, lo succhio, lo lecco e ingoio.
A questo pensavo ieri sera mentre seduti sul divano, per terra, sulle poltrone della biblioteca/aula studio di Zam cominciava il laboratorio.
Ci siamo presentate. Slavina non ne ha bisogno. E' stato un onore per me conoscerla in carne e ossa, parlarci, capire. Avevo letto molto su di lei, avevo studiato i suoi lavori, avevo visto le sue foto. Le occasioni cercate di andare a vedere una sua performance sono sfumate per motivi indipendenti dalla mia volontà. Questa volta no.
Le presentazioni.
«Inizio io. Mi chiamo M., ho 32 anni, sono una militante politica, mi occupo di un sacco di cose e in particolare della questione di genere con il collettivo A.. Mi sono sposata in un momento di estremo romanticismo, lavoro nel sociale soprattutto con le adolescenti».
Subito dopo è stato il mio turno. Tre frasi scontate sulla mia vita e poi senza neanche rifletterci troppo sono passata a parlare della mia sessualità libera da pregiudizi, autocensure, tabù scoprendo, mentre uscivano “le parole che non o/so dire”, una parte di me finora sconosciuta o taciuta perfino a me stessa.
E' stata meraviglia anche sentirmi parlare di queste cose davanti a un gruppo eterogeneo di persone interessate ad ascoltarmi. Io, che per mestiere scrivo, posso solo immaginare lo sguardo, l'interesse, la curiosità, il disprezzo, il disgusto o il piacere di chi legge mio libro o un articolo. Ieri sera per la prima volta ho tirato fuori i desideri più intimi, le voglie scatenate dagli ormoni sessuali ormai messi in circolazione, guardando gli interlocutori negli occhi. Ed è stato fantastico.
C'era Slavina, c'era M., c'era S., c'era V., c'era V2. Ognuno con i suoi bagagli di esperienze fatte e da fare.
E' stato bello condividere con loro le parole evocatrici di godimenti tra lesbiche, tra gay, tra un uomo e una donna, trans, creature fantastiche in posti altrettanto fantastici. Storie di piratesse e di sirene, di compagni d'avventura e di studentesse, di amiche che si ritrovano a vivere un triangolo incestuoso non consumato con il padre di una di queste, di un professore di letteratura russa. E ancora: di principesse, di vendette, di biancheria intima, di queer, di tacchi alti, di corsetti da stringere con lacci di cuoio, di una casa in riva lago, di una canna, di biodanza, di body painting, di piedi massaggiati dopo un lungo cammino, del canto/lamento delle sirene.
E' stato bello tornare a casa eccitata, sbrigare le faccende di rito e rifugiarsi nel letto decisa a trarre il massimo del benessere dalla scintilla che si era accesa nella biblioteca/sala studio di Zam. E' stata una notte di sesso focoso, appagante, di voglie e curiosità soddisfatte.
Stamattina mi sono svegliata eccitata come non mai. Ho fatto l'amore. Ho giocato. Ho parlato. Ho ascoltato. Ho goduto, ho fatto godere, mi sono riempita di seme e ho irrorato della mia essenza.
E mentre il mio compagno dormiva mi sono messa a scrivere. Mi sono eccitata mentre cercavo le parole più adatte, i suoni più precisi, per trasmettere in chi legge l'intensità di quello che provo. E sono venuta di nuovo.
Scrivo questo per gratitudine a Slavina perché, quando mancava poco alla mezzanotte, ho capito. Il suo laboratorio di letteratura erotica, al piano di sotto della palestra popolare di Zam, è stato illuminante.
Nessun commento:
Posta un commento