martedì 21 gennaio 2020

Il duro lavoro delle donne

"Scavi a Pompei"
Filomena osserva pensierosa gli antichi edifici di Pompei di cui non conosce la storia. Ai suoi piedi c'è una cesta vuota che dovrà riempire con i resti delle preziose mura sgretolate ben visibili attorno. Vicino a lei altre ragazze, cariche come muli, che portano via macerie. Siamo nel 1870 e da poco sono ripresi gli scavi per riportare alla luce la città sepolta dalla lava del Vesuvio. Una frotta di fanciulle era stata assoldata nel cantiere per trasportare cocci, tegole, frammenti murari, pietre. Una mansione faticosa assegnata alle donne per speculare sui salari, decisamente più bassi rispetto a quanto percepivano gli uomini. Una fatica sottolineata dai cronisti del tempo, come Vittorio Imbriani, che nel 1863 descrivendo gli scavi di Pompei mette in luce proprio «quelle misere fanciulle che muovono a torme con le ceste di terra in capo che ti si trasformano nelle dolenti Danaidi». Mentre Filomena si spezza la schiena, c'è un pittore, Filippo Palizzi, che sta lì ore e ore a ritrarla. Filomena (sappiamo che si chiama così perché compare anche in un altro quadro intitolato con il suo nome) è, più o meno consapevolmente, la sua modella.
"La raccolta del granturco"

Il quadro «Scavi a Pompei» è un inedito (proviene da una collezione privata) ed è esposto nella mostra "Donne nell'arte. Da Tiziano a Boldini" che apre oggi a Palazzo Martinengo a Brescia. Curata da Davide Dotti l'esposizione ha l'obiettivo di documentare quanto l'universo femminile abbia giocato un ruolo determinante nella società e nella storia dell'arte italiana lungo un periodo di quattro secoli, dagli albori del Rinascimento al Barocco, fino alla Belle Époque. Suddivisa in otto sezioni offre inoltre uno spaccato di quella che era la vita di una donna in quelle epoche.
E proprio in questa ottica è di grandissimo interesse la sala dedicata al «Lavoro» che testimonia come le signore abbiano sempre fatto la loro parte - spesso anche di più - per portare a casa i soldi necessari per far vivere o sopravvivere la famiglia.
Accanto al dipinto di Filippo Palizzi c'è infatti «La raccolta del graturco» (1881) dell'artista bresciano Achille Silenti che ci racconta come in Italia il lavoro femminile nelle campagne era assai diffuso e difficilmente censibile, poiché gran parte delle donne prestava attività in ambito familiare. «Nelle campagne del settentrione», spiega Alessandra Imbellone nel catalogo della mostra (Silvana Editoriale), «vigeva la tradizione della famiglia patriarcale: le mogli dei figli vivevano nella casa dei genitori del marito, con le famiglie degli altri figli. Le donne erano sottomesse alla suocera e tutte lavoravano nella cascina e nei campi. A loro erano affidati diversi e faticosi incarichi, quali la raccolta di granturco, uva, olive, castagne e frutta, ortaggi e della legna; la spigolatura e la sarchiatura. Questa realtà sociale rimase quasi immutata fino al secondo dopoguerra».
"Lavandaie a Pallanza"
 Di grande interesse sociale è anche il quadro del 1898 di Arnaldo Ferraguti «Lavandaie a Pallanza»: donne chine per ore ai bordi del Lago Maggiore a risciacquare la biancheria dei villeggianti.
Alle lavandaie l'artista dedica una serie di «impressioni dal vero», come lui stesso le definisce, nelle quali sospende il proprio giudizio e si limita a dipingere solo ciò che vede. Stefano Bosi nella scheda del catalogo spiega «come la stampa progressista abbia ravvisato nella tela un quadro-denuncia delle condizioni di sfruttamento delle lavoratrici, trasformando in impegno militante quello che per l'artista stato in primo luogo una presa diretta del vero». In pratica loro si ammazzavano di fatica e lui dipingeva. Nella stessa sezione ci sono pure le «Ragazze che lavorano al tombolo», celebre tela di Giacomo Ceruti detto Pitocchetto del 1730; la pastorella che accompagna al pascolo gli animali immortalata nel 1893 da Ettore Tito nella grandiosa tela «Il lago di Alleghe»; ci sono le venditrici al mercato come «La Ciociara» di Antonio Mancini che propone a chi la osserva l'acquisto di una veduta di Roma e perfino la ballerina de La Scala ritratta da Angelo Morbelli.

"Nudo di giovane su cuscini rosa"
La mostra a Palazzo Martinengo propone al visitatore un totale di oltre 90 dipinti tra i quali alcuni capolavori di artisti quali Tiziano, Guercino, Pitocchetto, Appiani, Hayez, Corcos, Zandomeneghi e Boldini, che le donne le ha amate, celebrate, venerate. In mostra, nella sezione dedicata al «Nudo e sensualità» ci sono due opere straordinarie, lontane dai ritratti ufficiali: «Nudo di giovane su cuscini rosa» e «Nudo di donna dai capelli rossi». «Nel focalizzare l'attenzione dell'osservatore sul soffice e madreperlaceo nudo emergente da un fondale neutro», spiega Nicoletta Colombo nel catalogo, «Boldini conferma la personale visione pittorica della donna come centro del proprio cosmo filosofico e vitale».
La mostra, organizzata dall'Associazione Amici di Palazzo Martinengo, propone infine un disegno di Gustav Klimt, mai esposto prima, «Coppia di amanti in piedi». Si può visitare fino al 7 giugno 2020.

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