giovedì 12 settembre 2019

Mangrané, l'artista che ci spinge a ripensare il nostro ruolo nel mondo

C’è un padiglione realizzato con filtri fotografici arancioni dove farsi una spremuta da assaporare tranquillamente seduti. Là dentro, ma ancor di più quando si esce, ci si accorge che la percezione dello spazio e dei colori cambia: qualcuno vede tutto più blu, altri trovano alterate le distanze e altri ancora si sentono in preda ad una sensazione di straniamento. A dimostrazione che ha ragione Daniel Steegmann Mangrané. L’artista, nato a Barcellona ma da 15 anni di casa in Brasile, con "Orange Oranges" sovverte categorie di pensiero che caratterizzano il nostro modo di percepire la realtà. In questa relazione il filtro fotografico è come a una membrana attraverso cui le informazioni e sensazioni vengono proiettate dall’interno all’esterno e viceversa.

L’installazione fa parte della mostra personale "A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand" che apre oggi al Pirelli Hangar Bicocca di Milano (con la curatela di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli) nella quale Mangrané indaga - con disegni, sculture, oleogrammi, video, foto, installazioni, realtà virtuale - le relazioni tra individuo e società ponendo al centro la dimensione sensoriale dello spettatore che viene coinvolto soprattutto in un confronto intimo con la rappresentazione della natura e delle sue componenti animali e vegetali.
Ecco allora "Transparent Leaf Instead Of The Mouth": un terrario con piante e arbusti lombardi all’interno del quale vivono insetti foglia, insetti stecco e mantidi di origine asiatica: 70 esemplari che si mimetizzano e costringono i visitatori, che devono individuarli in mezzo alla vegetazione, a guardare bene e riflettere su quel particolare ecosistema. Ma c’è anche "Phantom"con la ricostruzione virtuale immersiva della Mata Atlantica. Indossato un visore ci si ritrova in un ambiente tridimensionale in bianco e nero, polveroso, che riproduce in ogni dettaglio un’area della foresta. Guardando in basso il visitatore non vede però i propri piedi, ma solo piante e vegetazione, così da sentirsi smaterializzato, quasi vivesse un sogno.
Il filo conduttore delle opere di Mangrané è comunque la foresta pluviale brasiliana: è il suo studio, il suo fornitore di materiale, la sua musa e la sua ossessione.«Entrarci per la prima volta, 15 anni fa, è stato come prendere una droga fortissima», ha detto l’artista durante la preview. «Questa esperienza ha cambiato la mia percezione del nostro ruolo nel mondo». La scommessa è che visitando la mostra (gratuita al Pirelli Hangar Bicocca fino al 19 gennaio 2020) succeda anche a voi.
Daniel Steegmann Mangrané e me

Nessun commento:

Posta un commento