domenica 15 settembre 2019

Millia ed Emilia tornano a casa e svelano a tutti il segreto di Tiziano

Quella figlia illegittima avuta dalla serva doveva rimanere un segreto, di quelli che non conviene rivelare per evitare imbarazzi, ma ancora di più perché dividere un’eredità con degli estranei non è piacevole. Deve averlo pensato anche Pomponio, il figlio del grande Tiziano Vecelio, quando alla morte del padre, nel 1576, trovò nel suo studio a Venezia un dipinto non terminato che ritraeva una donna così somigliante alla loro domestica Millia insieme ad una bambina. Era un quadro incompiuto, eppure splendido, eseguito con la massima cura dalle mani di un artista innamorato che non potendo gridare al mondo il suo amore si doveva accontentare di vederlo riprodotto su una tela.
Per questo aveva chiesto a Millia e alla sua bimba Emilia di posare infinite volte per lui, era ossessionato. Voleva a tutti i costi rendere eterna la loro bellezza anche attraverso dei particolari che avrebbero potuto fargli rivivere i momenti felici trascorsi insieme. E così, in una composizione intima e affettuosa, ritrasse la donna amata con i capelli d’oro accuratamente acconciati, con un fiore dietro l’orecchio e tre fili di perle intorno al collo. Alla figlia mise perle scaramazze tra i capelli castani e un orecchino di ametista. Era vedovo - sua moglie Cecilia era morta nel 1531 sei anni dopo il matrimonio dando alla luce la terza figlia - e avrebbe potuto sposare Millia, ma ai tempi era considerato sconveniente portare all’altare una domestica e così non se ne fece nulla. Poté solo garantirle una dote, almeno finché fosse campato. Lei ne fu riconoscente e uscì di scena insieme alla bambina. L’unica consolazione era quella di ricordare i giorni che avevano passato insieme e che quel quadro nel suo studio gli riportava alla memoria.
Del tutto diversi furono invece i sentimenti che si impadronirono del figlio Pomponio quando lo vide e capì la situazione. In preda alla rabbia chiamò l’allievo del padre Leonardo Corona affinché trasformasse il soggetto del dipinto. Il pittore obbedì: aggiunse le ali al corpo della donna così che sembrasse un arcangelo, e dato un taglio di capelli maschile alla bimba la raffigurò come Tobiolo. Da quel momento Millia e Emilia sparirono dalla storia - e dall’eredità - lasciando il posto a «Tobiolo e l’Angelo». È con questo nome che il dipinto fu venduto nel 1581 a Cristoforo Barbarico e poi nel 1859 allo zar Nicola I di Russia.
Nel 1920, dopo la rivoluzione bolscevica, il quadro finì nelle mani del mercante d’arte parigino Reni Gimpel che nella seconda guerra partecipò alla resistenza unendosi ai partigiani nascondendo i quadri a Londra. Gimpel mori nel 1944 in un lager nazista ma era riuscito a nascondere la sua collezione a Londra: a ritrovare le opere, tra cui il dipinto di Tiziano, furono i figli. Nel 1948 Jean Gimpel commissionò un esame tecnico al “Courtauld Institute of Art di Londra” e questo permise di rivelare un ritratto sottostante «Tobiolo e l’angelo» che raffigurava una giovane mentre guardava teneramente la madre. Ma si è dovuto attendere un altro mezzo secolo, vari passaggi di proprietà e una ventina d’anni di lavori (si conclusero nel 2003) prima che l’opera originaria fosse riportata alla luce. Oggi finalmente quel prezioso dipinto è tornato a Venezia per raccontare a tutti il grande segreto del Vecellio. «Ritratto di una dama e sua figlia», così è stato ribattezzato, si può ammirare in tutta la sua bellezza e carica emotiva nella mostra, appena inaugurata nell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale Da Tiziano a Rubens. Capolavori da Anversa e da altre collezioni fiamminghe. Un ritorno a casa, questa volta con un posto di primo piano per Millia e la piccola Emilia.

1 commento:

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