mercoledì 25 settembre 2019

de Chirico, una grande scoperta

Autoritratto nudo, 1943
Quando René Magritte, per la prima volta, si trovò a tu per tu con un quadro di Giorgio de Chirico rimase folgorato. «Vidi il pensiero per la prima volta», disse. In effetti dopo la visita a Palazzo Reale a Milano, dove ieri si è tenuta la preview della mostra dedicata al «pictor optimus», l’impressione è proprio quella di essere riusciti a varcare una soglia, quella del suo inconscio. Piazze vuote, manichini senza volto, colonne e busti di marmo, ritratti e autoritratti: le opere di Giorgio de Chirico sono attimi rubati a un sogno, catturati e trasposti sulla tela, come testimonianze di un inconscio che si confessa in un quadro e non tra le pagine di un diario.

Provare per credere. In quegli stessi spazi che cinquant’anni fa avevano ospitato la sua prima retrospettiva italiana Giorgio de Chirico torna per spiegarsi, soprattutto alle nuove generazioni, ma anche a coloro che già conoscono la sua opera. Il merito è del curatore, Luca Massimo Barbero, che con oltre cento lavori del Maestro, nel ricostruire la sua irripetibile carriera ha centrato l’obiettivo di smontare il granitico binomio «de Chirico-Grande Metafisico» raccontandoci dell’uomo che diventa scultura, della nascita del manichino, della pittura come tema e rovello controverso e vivissimo, dell’attualità sconcertante dei suoi ritratti.
Ariadne, 1913
Bagnanti sopra una spiaggia, 1934
«Benvenuti nel palazzo incantato immaginato da de Chirico», dice Barbero facendo riferimento a quanto sostenuto da Maurizio Calvesi che lo definì come «il portiere di notte di uno splendido palazzo, i cui inquilini si sono ritirati a dormire».
Nel grande contenitore bianco, luminoso della mostra - dove si procede per confronti inediti e accostamenti irripetibili che svelano il fantasmico mondo di de Chirico abitato dai pensieri dei filosofi e dalla condizione dei poeti moderni - si resta letteralmente ipnotizzati davanti a opere come "Ariadne". Realizzato nel 1913, il dipinto chiede a chi lo osserva di estraniarsi e attendere. Il senso di sospensione del tempo e il silenzio assordante della piazza vuota dove le ombre si fanno presenza fisica diventano suspense per qualcosa che sta per accadere.
E poi c’è "Bagnanti sopra una spiaggia" del 1934 con il ritratto senza tempo di Isabella Far stesa su una spiaggia come una Venere tizianesca. Si tratta di un’allegoria ancora prima che un ritratto e lo prova la replica di questo stesso dipinto, esposto in mostra lì vicino, nel 1945: dopo undici anni sua moglie non è affatto invecchiata mentre è completamente mutata l’ambientazione. La donna poggia ora su un drappo rosso mentre le bagnanti si muovono su un fondale boscoso. Straordinario è anche l’Autoritratto del 1943: de Chirico, viaggiatore solitario nella pittura barocca si mette letteralmente a nudo, 55enne, davanti allo specchio. Il dipinto fece scandalo e quando nel 1949 gli fu chiesto di esporlo alla Royal Academy di Londra dovette coprire le parti intime con un panno. Il quadro, che lo stesso Maestro reputava uno dei suo capolavori, è un paradosso sconvolgente, cupo e ancora una volta senza tempo, minaccioso e ironico in un momento in cui la pittura internazionale aspirava ad altro.
Andy Warhol
Luigi Ontani
Allo stesso modo il pittore si mostra come torero e in vari costumi barocchi suscitando la perplessità della critica del tempo. Oggi invece questi autoritratti barocchi vengono letti come una messa in scena del sé, una vera performance moderna. La mostra, che è accompagnata da un catalogo edito da Marsilio Electa, dimostra infatti come le invenzioni inedite, genuine di de Chirico siano diventate fonte innegabile per artisti di generazioni successive, apparentemente distanti, da Andy Warhol (in mostra c’è l’opera del 1982 "Le muse inquietanti, alla maniera di de Chirico") a Luigi Ontani e Francesco Vezzoli.
Si può visitare fino al 19 gennaio.

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