giovedì 31 ottobre 2019

Le opere di Cerith Wyn Evans fatte di luce, suono ed energia

La sinestesia è un’esperienza percettiva in cui gli stimoli di un certo tipo evocano sensazioni di un tipo differente: ad esempio permette di “assaporare” le forme, fa “vedere” un suono o “sentire” un colore. Il fenomeno appare sette volte più comune in artisti, poeti e scrittori che nel resto della popolazione, ma può essere anche indotto così che tutti possano provarlo.
Ed è proprio quel che fa l’artista inglese Cerith Wyn Evans. Provare per credere.

Al Pirelli Hangar Bicocca di Milano è allestita la sua più grande esposizione «...the Illuminating Gas»: un “concerto” di luce, energia e suono che offre ai visitatori un’esperienza sinestetica unica. La mostra, a cura di Roberta Tenconi e Vicente Todoli, presenta 24 lavori, tra sculture storiche, complesse installazioni monumentali e nuove produzioni, che occupano gli oltre 5 mila metri quadrati delle Navate e del Cubo. Il percorso si apre con il lento e costante pulsare di sette imponenti colonne luminose alte venti metri: si tratta di "StarStarStar/Steer (totransversephoton)" realizzata appositamente per la mostra e composta da uno scheletro di lampade tubolari assemblate in cilindri di varie altezze, crea una coreografia di luci e ombre che a intermittenza invadono lo spazio e fanno da contrappunto al suono emesso dall’eterea scultura in vetro "Composition for 37 flutes".
Lungo le Navate ci sono elementi sospesi che sviluppano una elaborata partitura visiva concepita da Cerith Wyn Evans come un concerto in cui dialogano tredici sculture in neon e un intreccio chilometrico di rette e curve luminose (sembra di trovarsi di fronte a una matassa ingarbugliata di fili che man mano si sbrogia). Per queste forme l’artista attinge al repertorio di passi, movimenti del capo e del kimono o dei gesti del ventaglio compiuti dagli attori del teatro Noh. Cerith Wyn Evans, li muta in una veste inedita attraverso un articolato montaggio che li inverte, torce, specchia, dilata, estende e sovrappone. Non solo. Riprende altresì forme utilizzate da Duchamp ne "Il grande Vetro" (1915-23) e le trasforma in luce. Ed è evidente pure l’influenza di Lucio Fontana e dei suoi “ambienti spaziali” che già avevano abitato il Pirelli Hangar Bicocca.
Altra esperienza sensoriale alla quale ci invita l’artista, che fino al 1994 è stato anche un film - maker indipendente, è quella del Cubo dove sono allestite scritte al neon (che descrivono la progressione temporale e geografica di una eclissi di sole su diversi continenti), specchi sospesi, lampadari in vetro di Murano pulsanti, installazioni sonore. «Il suono nello spazio e nell’installazione, è una forma di intuizione che guida le persone nello spazio», ha detto in conferenza stampa Evans. «È come una colonna sonora, una specie di simulacro».
La mostra, che si può visitare gratuitamente fino al 23 febbraio 2020, merita di essere vista e vissuta.

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