venerdì 22 novembre 2019

Divisionismo, quando la pittura diventò strumento di militanza politica

Emilio Longoni, L'oratore dello sciopero
Quando nel maggio del 1891 venne aperta a Brera la prima edizione della Triennale di Belle Arti probabilmente i visitatori non se ne resero conto, ma quell'esposizione segnò un punto di non ritorno: l'inizio dell' arte moderna italiana. Per la prima volta vennero esposti quadri di soggetto "sociale", dove i protagonisti erano operai, contadini, gente comune che si poteva incontrare nelle campagne o nelle strade di città, ma soprattutto era rivoluzionario il modo che avevano i pittori di dipingere. Su suggerimento del mercante d'arte e critico milanese Vittore Grubicy de Dragon gli artisti della sua scuderia sostituirono la miscela chimica dei colori tradizionalmente ottenuta sulla tavolozza con un accostamento diretto dei toni complementari sulla tela posti a "striscioline" o attraverso macchie cromatiche pure messe l' una all' altra: il colore veniva "diviso" e diventava fenomeno ottico. Alla dovuta distanza l'occhio dello spettatore poteva ricomporre le pennellate staccate in una sintesi tonale percependo una maggiore luminosità nel dipinto.

In quella incredibile esposizione di Brera Gaetano Previati presentò la sua "Maternità", una tela di oltre quattro metri di lunghezza e due metri di altezza. Nella grande opera, sulla quale aveva lavorato incessantemente per oltre otto mesi dopo anni di studi preparatori, l'artista era riuscito ad evocare l'idea dell'amore materno slegandosi dal tema tradizionale della Natività puntando piuttosto a una chiave laica e simbolista. Pennellate di colori puri - a pioviscolo nel cielo e a lunghi filamenti flessuosi che disegnano le forme - traducono uno stato di meraviglia tra realtà e sogno. Il dipinto però era troppo moderno per l'epoca: i critici lo stroncarono e il pubblico della Triennale di Brera ne rise.
Gaetano Previati, Maternità
Stessa cosa successe per " L' oratore dello sciopero" (1890-1891) di Emilio Longoni. Questo dipinto, uno dei “manifesti” del divisionismo, si contraddistingue, grazie al taglio fotografico, per la sua audace composizione di straordinaria ampiezza. Il crudo realismo del cromatismo del disegno rivela una volontà di fare della pittura uno strumento di militanza politica. Come Plinio Nomellini, Longoni sposò le idee anarchiche e socialiste che lo condussero a fare della rivolta dell’operaio cittadino, soggetto non considerato dalla pittura contemporanea in Italia, il fulcro del suo operato. Tramite la tecnica, non ancora rigorosa nella divisione del tono, dalla pennellata espressiva e dal colore acceso, il dipinto proclama una ineluttabile corrispondenza tra tematica e linguaggio pittorico.

Oggi invece le tele di Previati e Longoni sono riconosciute da tutti come capolavori assoluti e viene loro stato riservato un posto d' onore nella mostra "Divisionismo. La rivoluzione della luce" che apre il 23 novembre al Castello Visconteo Sforzesco di Novara. La mostra, che ha giustamente l'ambizione di essere la più importante rassegna dedicata al movimento considerato la prima avanguardia in Italia, propone settanta capolavori selezionati da Annie-Paule Quinsac, tra i primi storici dell' arte ad essersi dedicata al Divisionismo sul finire degli anni Sessanta. È grazie a lei che il percorso espositivo è concepito come un viaggio - scandito in otto tappe - che parte proprio dalla galleria Grubicy dove si incontravano, discutevano ed esponevano Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Gaetano Previati, Emilio Longoni, Giovanni Segantini e dalla mitica Triennale del 1891. Proprio in questa sezione ci sono la "Maternità" di Previati e "L'oratore dello sciopero" di Longoni, accanto alla "Vacca bagnata" (1890) di Segantini, a "Un consiglio del nonno - Parlatorio del luogo Pio Trivulzio" (1891) di Morbelli, a "Bosco" (1887-1891) di Grubicy, al "Mediatore" (1891) di Pellizza da Volpedo, a "Fuori di porta" (1891) di Sottocornola.
Pellizza da Volpedo, Sul fienile

Nella sala incentrata sul Divisionismo trovano spazio i capolavori dei suoi principali interpreti tra cui anche opere dello stesso Grubicy. Spicca, per il messaggio politico, un altro dipinto di Longoni, "Riflessioni di un affamato": il taglio compositivo è da illustrazione, ma la voluta freddezza del linguaggio coloristico esprime senza cadere nel pathos l’estraneità del ragazzo, l’affamato infreddolito che guarda con dolorosa curiosità la copia benestante a tavola, al caldo. Il dipinto traduce con forza la diseguaglianza sociale in una città in cui i poveri aumentano esponenzialmente in funzione dell’arricchimento dei pochi.
Emilio Longoni, Riflessioni di un affamato

Ci sono poi delle sezioni dedicate completamente a Segantini (ci sono anche sette magnifici disegni in cui la superba tecnica dell' artista emerge in tutta la sua potenza);  Previati (si rimane letteralmente rapiti da "Migrazione in Val Padana" che rievoca i tramonti autunnali della campagna e del paesaggio ferrarese, come un ritorno all’infanzia, alla propria terra, una “migrazione” spazio-temporale verso il passato per uno sguardo oltre il visibile, “l’eterna peregrinazione dell’umanità che va lentamente verso la luce della perfezione”) e a Pellizza da Volpedo con cinque opere fondamentali nel percorso artistico del pittore come "Il ponte", "Il roveto", "La processione",  "Nubi di sera sul Curone" e "Sul fienile". Quest'ultimo venne ideato nell’estate 1892: osservando di fronte allo studio il fienile di casa in ombra mentre al di là di quella struttura rettangolare si dipanava la campagna rutilante di luce, Pellizza ebbe l’idea della fine di una vita contrastante con lo scenario della natura. Diventò così il dipinto che ritrae un operario agricolo senza dimora o famiglia, che si ritrova a finire i suoi giorni sul giaciglio di paglia del fienile. Si tratta di una delle opere più commoventi dell’artista, meditazione sulla morte senza sovraccarico ideologico religioso. Le figure in controluce che amministrano gli ultimi conforti al moribondo dallo sguardo già assente, sono rese in una minuta tessitura di scuri e chiari con filamenti di colori complementari. Dietro di loro, mentre si consuma il dramma umano, nel rettangolo portante del porticato, il verde della vegetazione in tocchi più piccoli e precisi e le geometrie delle case, zone di luce e di ombre contrastanti, riaffermano la continuità della vita. Il connubio tra la raffinatezza della tecnica, un divisionismo spinto all’estremo del rigore e la sobrietà nella resa dell’idea - la morte come momento ultimo della vicenda umana, e l’infinito rinascere della natura e dell’operato umano, immanenza e trascendenza - fa sì che l’opera sia uno degli esiti maggiori del simbolismo di Pellizza ed europeo.
Chiude la mostra una sala sull'evoluzione del Divisionismo nei primi decenni del '900. Ecco allora "Primavera della vita" (1906) e "Sorriso del lago" (1914) di Longoni, "Alba domenicale" (1915) e "Meditazione" (1913) di Morbelli, "Baci di sole" (1908) e "Sole e brina" (1905-1910) di Nomellini, "Ora radiosa" (1924-1925) di Fornara, cui si aggiungono tele di divisionisti meno noti e legati al territorio lombardo-piemontese quali Angelo Barabino, Carlo Cressini, Cesare Maggi, Filiberto Minozzi e Matteo Olivero.
Si può visitare fino al 5 aprile 2020.

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