E' uno dei dieci più importanti fotografi industriali nel mondo, eppure in
Italia Jakob Tuggener (1904-1988) è conosciuto per lo più dagli addetti ai
lavori: il suo libro “Fabrik” uscito nel 1943 -
in cui ripercorre la storia dell’industrializzazione e illustra il potenziale
distruttivo del progresso tecnico indiscriminato il cui esito era la guerra in corso - è una pietra miliare nella storia dell'editoria
fotografica al pari di “Paris
de nuit” di
Brassaïs del 1933 e a “The
English at Home” di Bill
Brandt del 1936.
Per far conoscere
la sua arte al grande pubblico la Fondazione Mast gli rende omaggio con una doppia mostra a Bologna: fotografie e proiezioni a testimonianza del
genio del fotografo svizzero scomparso nel 1988. «Tuggener
è stato al tempo stesso fotografo, regista e pittore. Ma si considerava
anzitutto un artista - afferma Martin Gasser, co-curatore della
mostra -. Influenzato dal cinema espressionista tedesco degli anni Venti,
sviluppò una cifra artistica estremamente poetica destinata a fare scuola nel
secondo dopoguerra». Tunneger è infatti capace di catturare lo sguardo dell’osservatore facendolo
entrare nell’immagine dandogli così l’opportunità di viverla; riesce a rappresentare con intensità sia il mondo
dell'industria meccanica, sia quello dell’hight society. Con luci, ombre e forti contrasti Tunneger mette in evidenza le diseguaglianze ma mai ha voluto essere classificato come un critico dei costumi. Ciò che gli interessa è il grado di forza con cui si manifesta un fenomeno, qualsiasi sia la condizione in cui si rivela. La sua osservazione è fatta di curiosità ma nel contempo contiene il desiderio. Sarà egli stesso infatti a coniare la definizione del proprio lavoro: «Seta e macchine, questo è Tuggener!» collocando se stesso tra i due estremi, senza mai formulare un confronto il suo scopo era solo quello di creare immagini poetiche. Poesia che è evidente nei 4 filmati degli anni 1937-1944 che arricchiscono il percorso espositivo al Mast.
Al
lavoro nelle fabbriche Tuggener dedica gran parte del suo lavoro come mostrano le 150 stampe originali in
bianco e nero esposte in “Fabrik 1933–1953”. Alcune sono tratte dal suo
saggio omonimo sul rapporto tra uomo e macchina, sulla storia
dell’industrializzazione e sui rischi del progresso tecnico. Tuggener sorprende i soggetti da lui immortalati nella loro
quotidianità: la smorfia sul volto del fuochista addetto al forno elettrico; un
operaio che ripara una caldaia, la postina Berti che, in ritardo, corre sulla
scale, gli ingegneri che discutono attorno al tavolo, la segretaria che si
ammira in un uno specchietto. Ma gli interessano anche gli oggetti usati sul
posto di lavoro: un pacchetto di sigarette dimenticato da un operaio tra gli
ingranaggi, minuscole viti nel palmo calloso e segnato di un operaio; il laboratorio di ricerca in una fabbrica di
costruzioni meccaniche.
Macchine, ma anche
seta; operai sporchi di grasso, ma anche donne seducenti catturate di nascosto dalla Leica di
Tuggener. In “Nuits
de bal 1934–1950” vengono
infatti proiettate le sue fotografie dedicate a feste e balli mondani
nei grandi hotel svizzeri.
Le schiene nude delle dame dell’alta società,
i décolleté profondi delle signora e gli sguardi estasiati degli accompagnatori
si contrappongono a quelli dei camerieri che servono le pietanze o portano in
conto su piccoli vassoi d'argento e degli orchestrali che suonano stanchi al
veglione di San Silvestro al Palace Hotel di Saint Mortiz e al Grand Hotel
Dolder di Zurigo.
Queste immagini non furono mai pubblicate: molti soggetti
ritratti di rifiutarono di dare il nulla osta per la pubblicazione per timore
di essere riconosciuti e così rimasero per lungo tempo. Il progetto Nuits de Bal vedrà infatti la luce in forma di libro
soltanto dopo la sua morte.
Alla
tecnica fotografica Tuggener affianca quella cinematografica: all’inizio sono
piccoli film muti su commissione che diventa una produzione propria, già
piuttosto dinamica, servendosi di un montaggio con passaggi dal campo totale al
primo piano che deve molto al cinema di Ėjzenštejn e che in seguito diventerà
scuola per giovani fotografi come l’americano Robert
Frank. Per rappresentare l’eclettismo e l’eccezionalità di questo artista, il
percorso espositivo al Mast di Bologna è arricchito dai filmati “Meeting aereo” del 1937, “Il polso dei
tempi nuovi” del 1938, “Il mulino del lago”, 1944, e “L’era della macchina”,
1938-70.
Nessun commento:
Posta un commento