Mi tocca riandare alla Galleria dell'Accademia a Firenze e guardare con nuovi occhi la meravigliosa statua realizzata nel 1504 da Michelangelo. Quell'uomo di quattro metri scolpito nel marmo bianco, ritenuto un emblema del Rinascimento, non rappresenta David, ma lo stesso Buonarroti all’età di 26 anni. Lo sostiene lo storico dell’arte Mauro Di Vito in un articolo pubblicato sul sito della Treccani, in cui afferma che «Michelangelo vuole autoritrarsi nel David, e farsi riconoscere, firmandolo col proprio corpo e col proprio strumento di lavoro».
E quale sarebbe il proprio strumento di lavoro? È appunto questo il perno principale attorno al quale ruota il ragionamento di Di Vito. Scrive lo storico dell’arte: «David era giovane, bello, dallo sguardo bello (I Sam. 17,33), rosso di capelli (come Gesù I Sam. 16, 14-23). Michelangelo lo scolpisce giustamente bello, strabico», ma la fionda che il re biblico tiene in mano, secondo Di Vito, «non è né una mazzafionda, né una fionda a forcella, e se esaminiamo attentamente la sua conformazione nastriforme, non troviamo alcuna raffigurazione di fionde di questo tipo. Le fionde erano costruite con due cordicelle di crine di cavallo e una tasca centrale, nella quale era disposto il proietto, esso era fatto roteare e lanciato verso il nemico a grande velocità in ragione della forza centrifuga, il lancio avveniva rilasciando dalla mano che li stringeva uno dei capi». Quello che il David tiene in mano e che scivola lungo la schiena della statua è un nastro largo «e non può essere una fionda», secondo lo studioso, ma si tratterebbe di «una vera e propria striscia; al contrario della superficie del corpo dell’eroe presenta una ruvidezza ingiustificata, quasi che il marmo, lì, fosse stato lasciato grezzo e non levigato. La sua consistenza (nelle pieghe che si notano soprattutto in corrispondenza della mano sinistra che ne stringe il capo superiore) sembra quella del cuoio: una correggia di cuoio». Perché una correggia di cuoio? Di Vito spiega che proprio Michelangelo era un virtuoso della smerigliatura del marmo, e la ’Pietà’ vaticana, realizzata tra il 1497 e il 1499 dall’artista poco più che ventenne (il David è invece databile tra il 1501 e il 1504), lo testimonia. Era «una tecnica poco diffusa - scrive lo storico dell’arte - ottenuta con grande pazienza, e che in mancanza di carte abrasive (non ancora inventate) si praticava con lo sfregamento di cinghie di cuoio ruvide (soprattutto nelle statue a tutto tondo) sulle quali era stata sparsa la polvere di ercinite, un abrasivo naturale durissimo». Quella correggia, secondo Di Vito, sarebbe quindi lo strumento di lavoro di Michelangelo e non la fionda con la quale David uccise Golia.
Inoltre, a ulteriore supporto della tesi di Di Vito, c’è la riproduzione dei genitali di Davide che mostrano il re, che era «un efferato circoncisore», riproposto nella scultura di Michelangelo come
non circonciso. Altro particolare a sostegno della tesi dell’autoritratto è il naso ingrossato ai lati, «segno del pugno che Pietro Torrigiani aveva assestato a Michelangelo dopo un litigio». La scelta dell’artista fiorentino di riprodurre sé stesso nei panni, si fa per dire, del re David nascerebbe quindi dalla difficoltà di scolpire la statua, commissionata a Michelangelo dall’Opera del Duomo di Firenze, da un blocco di marmo, già abbozzato prima da Agostino di Duccio e poi da Antonio Rossellino, e da entrambi abbandonato per le scarsa qualità del materiale.
«Michelangelo - scrive Di Vito - dimostra una prodezza pari a quella del giovane David, ha solo 26 anni, e accetta la battaglia con il blocco di marmo gigante, così come David scende in campo contro Golia. Il paragone non è un artificio retorico: l’identificazione di sé con il proprio personaggio è ampiamente supportata da un endecasillabo autografo riportato a fianco di un disegno preparatorio per il David bronzeo, sul foglio 714 r del Louvre, dove Michelangelo scrisse: ’Davicte chollafromba et io chollarchò. [Davide con la fionda ed io con l’arco]». Michelangelo, cioè, «riesce a vincere la mole indigesta del marmo con il trapano ad arco, usato allora dagli scultori per traforare la pietra», così come «David abbatte il gigante Golia con la sua fionda», conclude lo studioso.
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