lunedì 9 novembre 2015

Eccellenza sanitaria? Maddeche: in Lombardia sono tutti obiettori #194 #RU486

Eccellenza sanitaria in Lombardia, ma non per quel che riguarda l'utilizzo della RU486, la pillola per l’interruzione farmacologica di una gravidanza indesiderata. Da un'analisi dettagliata condotta sulle strutture pubbliche della regione presentata oggi al Pirellone da Sara Valmaggi e Enrico Brambilla emerge infatti che la Lombardia è al 15 esimo posto tra tutte le regioni italiane per quanto riguarda la somministrazione della pillola. Nel 2014 infatti la percentuale di Ivg farmacologiche nella Regione è ferma al 4,5% (era 3,3% nel 2013) a fronte del 30,5 % della Liguria, del 27% della Valle d’Aosta, del 23,3% del Piemonte, del 21,8% dell’Emilia Romagna e dell’11,7% della Toscana.
Un dato negativo che può essere spiegato soprattutto dal fatto che 30 strutture sulle 62 che effettuano interruzioni di gravidanza in Regione non contemplano proprio l’utilizzo della RU486. “In alcuni casi non viene proprio proposto come metodo alternativo – ha detto Sara Valmaggi – e poi spesso passa troppo tempo tra la certificazione dell’effettiva esecuzione dell’Igv e questo fa scadere il termine di 49 giorni entro i quali è possibile utilizzare il metodo farmacologico”.
Ulteriore freno il fatto che la Lombardia applica in maniera ferrea l’indicazione nazionale dei 3 giorni di ricovero, a differenza dell’Ivg chirurgica che è eseguita in day hospital. Questo a differenza di altre Regioni, come ad esempio Emilia Romagna e Toscana dove la RU486 viene al contrario somministrata in day hospital e in alcuni casi direttamente dai consultori. Altro aspetto analizzato  la diffusione di medici obiettori di coscienza. “Nulla è cambiato da Formigoni a Maroni”, ha detto Valmaggi. Nelle strutture pubbliche sono obiettori il 69,4% dei ginecologi, il 44,3% degli anestesisti e il 33.8% del personale non medico. In sette strutture inoltre (Calcinate, Iseo, Gavardo, Oglio Po, Melzo, Broni-Stradella e Gallarate) i ginecologi obiettori sono il 100%. La situazione è stato poi sottolineato è aggravata dal fatto che “non risultano privati accreditati che garantiscano l’interruzione di gravidanza”.
Infine il dato regionale sul numero di interruzioni di gravidanza, contenuto nella relazione del Ministero presentata i giorni scorsi, dove si evidenzia la diminuzione di aborti a livello nazionale, per la prima volta sotto i 100 mila . In Lombardia, è stato riferito le Ivg nel 2014 sono state 15.912, il 5,2 % in meno del 2013, con una riduzione molto inferiore alla maggior parte delle altre Regioni (-17,5% Valle d’Aosta, -11,2% Umbria, -10,2 % Marche, -7,5% Emilia Romagna). “Numeri che fanno riflettere – ha detto Valmaggi – anche perché la Lombardia è l’unica Regione che finanzia una misura economica di sostegno alle donne che rinunciano all’Ivg, il Nasko, che dovrebbe avere come obiettivo proprio quello di ridurre il ricorso all’aborto. Evidentemente non è efficace e dovrebbe essere ripensata”.

E a questo proposito ripropongo l'articolo pubblicato sul blog ad aprile dello scorso anno in occasione della manifestazione "moltopiudi194".

Si è rotto il preservativo e Sara è costretta a correre all'ospedale per chiedere che le venga prescritta la pillola del giorno dopo.

Impresa praticamente impossibile: l'80% dei medici in servizio nelle strutture della Lombardia sono obiettori.

Lei, però è fortunata. Dopo tanto peregrinare da una struttura all'altra riesce a trovare un dottore che le compila la ricetta con la quale acquistare la medicina.

Ma è ancora troppo presto per cantare vittoria. Quando si presenta in farmacia, e ne gira parecchie, non vogliono venderle il farmaco: anche dietro al bancone ci sono uomini in camice bianco che obbiettiano.

Tempo scaduto.

Seppure trovasse qualcuno disposto a dargli la pillola questa ormai non avrebbe più effetto e Sara, se gli spermatozoi di Antonello avessero raggiunto il suo ovulo, cosa molto probabile perché il rapporto si è consumato nel fatidico periodo fertile, sarebbe incinta. Cosa che purtroppo per lei è accaduta.

Decide di interrompere la gravidanza, ma non è così semplice come sembrerebbe. La legge c'è, la 194, ma anche in questo caso deve vedersela con una sanità pubblica che garantisce solo cinque IVG al giorno. E così passa la notte davanti all'ospedale sperando di battere sul tempo tutte le altre donne che come lei non vogliono portare avanti una gravidanza non desiderata. Arriva sesta, però, e per lei niente aborto.

Nel frattempo Antonello, che l'aveva lasciata sola a risolvere i loro problemi, torna a farsi vivo. Le dice che la ama, che si è venduto la moto, che vuole sposarla perché sia la madre dei suoi figli. Sara però non ha nessuno intenzione di mettere al mondo dei bambini e si lascia tentare dall'assumere un farmaco per curare l'ulcera, il cyotec, che usato in dosi massicce provoca l'interruzione della sua gravidanza.

Purtroppo Sara ha bisogno di raschiamento ed è costretta ad essere ricoverata.

Dove la ricoverano? Ovviamente in un reparto maternità in mezzo a tante donne che hanno partorito, a bambini che vengono a trovare i loro fratellini e sorelline, a padri e a suore. Suore che le danno dell'assassina perché non vuole avere un figlio.

Ma una donna sarà libera di decidere se abortire o meno? Avrà le sue ragioni per prendere una decisione del genere? A quanto pare, in Italia, no.

Questa è la storia di Sara, una storia purtroppo simile a quella di tante altre donne alla quale viene negato il diritto irrinunciabile all'autodeterminazione del loro corpo.

Questa è la storia di un'aberrazione del sistema sanitario nazionale che un gruppo di attrici del collettivo Ambrosia con molta ironia ha messo in scena sabato scorso, 12 aprile, alle colonne di San Lorenzo a Milano, proprio davanti alla basilica, mentre per alcune vie della città estremisti cattolici fanatici del comitato NO-194 sfilavano contro l'eutanasia, la sessualità libera e non riproduttiva e l'omosessualità, difendendo come unico modello di famiglia quello tradizionale, composta solo da uomo e donna uniti nel sacro vincolo del matrimonio.

Centinaia di persone hanno partecipato al presidio "moltopiudi194" durante il quale si sono succedute performance sull’aborto ma anche sui temi della sessualità e sul genere e sugli stereotipi con i quali siamo costretti a vivere.

Ovviamente si è fatta anche molta informazione e contro-informazione. A cominciare dal numero di medici obiettori: il 68% dei ginecologi, il 50% degli anestesisti e il 40% del restante personale sanitario della Lombardia si dichiara obiettore e in alcune regioni le percentuali raggiungono il 90% impedendo di fatto l'applicazione della legge 194 e il ritorno agli aborti clandestini, alla morte delle donne nelle mani delle mammane.


Perché rifiutare un aborto, non significa cancellarlo. Le donne hanno sempre saputo come interrompere gravidanze indesiderate. La 194 ha permesso che gli aborti venissero fatti in condizioni di sicurezza, inoltre, prevedendo un lavoro di prevenzione, con la legalizzazione il numero di interruzioni di gravidanza è calato. Abolire questa legge significa che le donne che se lo potranno permettere andranno ad abortire all'estero, mentre tutte le altre ricorreranno a mezzi clandestini mettendo a rischio la loro salute e la loro vita.

Questi sono attacchi alla nostra autodeterminazione: la libertà cioè di ognuna e ognuno di decidere consapevolmente del proprio corpo, della propria sessualità e della propria vita. Non devono essere morale, stato e religione a decidere per noi.

Noi vogliamo invece che tutti e tutte abbiano le conoscenze, i mezzi e le strutture per praticare una sessualità consapevole e sana, che sia libera dai rischi delle malattie sessualmente trasmissibili e da gravidanze indesiderate.

Noi vogliamo godere, esplorando tutte le potenzialità del nostro corpo e scoprendo ogni sfumatura del piacere. Vogliamo consultori laici aperti ventiquattr'ore su ventiquattro, vogliamo gli anti-abortisti fuori dalle scuole, dagli ospedali, dalle farmacie, vogliamo contraccettivi gratuiti, vogliamo lubrificanti di prima qualità. Vogliamo che la maternità sia sempre una scelta e che la genitorialità sia condivisa e responsabile.

Per i nostri corpi, decidiamo noi.


Per altre info: ambrosia.noblogs.org
mail: lucciole@autistiche.org

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