I talebani hanno commesso una serie infinita di violenze, di violazioni dei diritti delle donne a Kunduz, nel nord dell’Afghanistan. E hanno messo in fuga tutte coloro che erano note per il lavoro in difesa delle donne. Nuove denunce arrivano dalle pagine del New York Times: «L’occupazione dei talebani a Kunduz può essere stata temporanea, ma quello che hanno fatto ai diritti delle donne potrebbe durare a lungo», scrive Alissa J. Rubin a più di due settimane dall’attacco dei Talebani a Kunduz City e a 14 anni dalla caduta del regime del mullah Omar.
Nell’articolo si denuncia la «campagna sistematica» con cui i «talebani hanno inesorabilmente perseguitato donne» note per il loro lavoro. Si denunciano il saccheggio di una scuola superiore femminile e la distruzione degli uffici di molte delle organizzazioni che difendevano e sostenevano le donne di Kunduz, oltre al saccheggio della sede del Women’s Empowerment Center. Nel mirino anche tre radio gestite dalle donne: la redazione di un’emittente è stata distrutta, gli uffici di altre due sono stati saccheggiati. Dopo aver saccheggiato e dato alle fiamme tutto ciò che è considerato «immorale», i talebani - si legge - hanno continuato la loro «campagna» contro le attiviste con messaggi, Sms e telefonate con minacce di morte. Dalla città, denuncia il Nyt, sono fuggite le donne che gestivano la casa-protetta (shelter) per le vittime di violenze, quelle che lavoravano per il governo o per le organizzazioni internazionali, alcune impegnate nel settore dell’istruzione e tante attiviste. «Non tornerò, non tornerò mai più», ha detto al giornale Hassina Sarwari, direttrice nella provincia di Kunduz di Women for Afghan Women, che gestisce uno shelter per vittime di abusi, un centro di ascolto per la famiglia e un altro per i figli delle detenute. Gli uffici, scrive Alissa J. Rubin, sono stati saccheggiati, sono stati rubati computer e auto, mentre è stata data alle fiamme la casa-protetta.
«Prima che riuscissimo a prendere il controllo dello shelter, Hassina Sarwari e tutte le sgualdrine fuggite di casa e le ragazze allo sbando avevano già lasciato Kunduz City - ha detto Abdul
Wali Raghi, comandante dei talebani citato dal Nyt - Anche Hassina Sarwari è una sgualdrina allo sbando e se l’avessimo catturata l’avremmo impiccata nella piazza centrale di Kunduz City».
Fiona Gall, direttore del gruppo Acbar che rappresenta le ong afghane, ha denunciato un «danno psicologico» che difficilmente le donne di Kunduz riusciranno a superare. Fawzia Bostani, ingegnere che lavorava a Kunduz per il ministero dei Lavori Pubblici, ha raccontato di come sia riuscita a fuggire prima che i talebani la sorprendessero in casa. «Se la vostra vita fosse in pericolo, tornereste indietro? Sono sicura che non lo fareste», ha semplicemente detto al Nyt Naheed Asif, a capo dell’ufficio di Kundnuz del ministero per gli Affari femminili. Il giornale sottolinea come non ci siano prove di alcune delle denunce di stupri di donne da parte dei talebani nell’ostello dell’Università di Kunduz e nella sezione femminile del carcere. Il movimento fondato
dal mullah Omar, e ora guidato dal mullah Mansour, ha respinto le accuse e ha annunciato di ritenere «obiettivi militari» le emittenti Tolo Tv e 1Tv che hanno diffuso notizie in tal senso. Manizha Naderi, responsabile di Women for Afghan Women, è comunque determinata ad andare avanti perché «la gente ha bisogno di noi». «Sarà una bella sfida trovare nuovo personale - ha detto - Ma se interrompessimo il nostro lavoro sarebbe una grande vittoria per i talebani».
(fonte ADNKRONOS)
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