lunedì 17 dicembre 2018

L'uomo e tutti gli animali: l'arca di Noè di McCurry

Da oltre trent'anni Steve McCurry racconta con le sue incredibili fotografie scattate in ogni angolo della Terra l'uomo con il suo bagaglio di esperienze, con la storia della sua comunità e delle tradizioni che vanno scomparendo, con i suoi conflitti, i drammi e le speranze. Ora lo sguardo del maestro si sofferma sugli animali. Animals è infatti il nome del progetto che debutta in anteprima mondiale con la mostra che inaugura oggi (16 dicembre 2018) al Mudec di Milano in occasione dell'apertura della nuova sezione Photo del Museo. Animali come il cane immortalato con il suo portamento fiero legato dietro a una bicicletta sgangherata in uno scenario che parla di guerra e di miseria. Siamo a Kabul, in Afghanistan, nel 2002, è un sabato: perché mai un cane Kuchi, una delle razze più coraggiose del pianeta, misto esplosivo di ferocia e amore assoluto per i padroni, perfettamente sano, è trasportato su una bici? Steve McCurry non risponde alla domanda, lascia il finale sospeso: di certo c'è che fino a quando c'erano i talebani in Afghanistan i combattimenti tra cani erano fuorilegge, oggi purtroppo, nonostante l'allarme internazionale, sono tornati a diffondersi e il cane è diretto al peggiore dei ring possibili.

Animali come l' elefantino curioso immortalato in Thailandia, in un centro di ripopolamento, che sembra voler sbirciare ciò che legge un giovane indigeno. In realtà il cucciolo non sta chiedendo le attenzioni del ragazzo, non è minimamente interessato a lui, ha solo individuato qualcosa su cui grattarsi il naso. «Sono stato fortunato», dice McCurry in conferenza stampa, «è stato pazzesco: ho visto l' elelefantino puntare il ragazzo e mettersi in quella posizione e ho avuto la prontezza di scattare». «Steve», puntualizza la curatrice della mostra Biba Giacchetti, «ha colto la simmetria del gesto, la composizione, e ha creato per noi una storia, una base di realtà su cui lavorerà la nostra fantasia».
Ecco la magia di McCurry, ecco il viaggio personale che ognuno potrà fare visitando la mostra  al Mudec Photo. Le 60 immagini selezionate dall' autore e dalla curatrice - la maggior parte inedite - lasciano piena libertà di compiere la propria esclusiva esplorazione dell'arca di Noè di McCurry dove gli animali a volte sono mezzo di spravvivenza, a volte sono sfruttati come unica risorsa a una condizione di miseria, altre volte amati e riconosciuti come compagni di vita. C'è un bambino indiano che posa con il suo serpente al collo proprio come un fusto californiano incontrato da McCurry in un supermercato di Los Angeles; c'è un ragazzino armato di mitra nei territori di guerra in Afghanistan con il suo compagno fedele, un pastore tedesco; ci sono allevatori fieri che si sono fatti ritrarre con le loro caprette in Tibet e in Pakistan.

E poi c'è lei, la ragazzina indiana nella foto scelta per la copertina del catalogo e per il manifesto della mostra con due topi sulla schiena. «Questa foto l'ho scattata nel 1996 mentre realizzavo un reportage per il Times sul viaggio tra Kerala e Chennai. La fanciulla viveva con la sua comunità nei pressi della stazione e mi ha colpito il suo atteggiamento con quei topi, li trattava come animali da compagnia». Sembra un solo esemplare, in realtà sono due che le fanno le coccole sul collo mentre lei gusta un ghiacciolo.
Ogni foto è una storia che lega indissolubilmente l'animale all'uomo e viceversa. Un affresco reale dell'interazione e della condivisione, che tocca anche il tema delle conseguenze dell'agire dell'essere umano sulla fauna locale e globale.


Sono storie dure che riguardano tutti. Ma ci sono storie anche personali.
Come quella che McCurry racconta a proposito dello scatto diventato icona della Guerra del Golfo con i cammelli che attraversano in un scenario apocalittico i pozzi di petrolio in fiamme. «Per fotografarli più da vicino sono sceso dalla jeep e li ho seguiti per circa un' ora. Solo dopo, quando sono stato sicuro di avere lo scatto giusto, mi sono reso conto che avevo lasciato la pista e mi trovano nel bel mezzo di un campo minato. Credo», rivela il maestro, «che sia stata una delle esperienze più dure e incredibili della mia intera vita professionale».
La mostra potrà essere visitata fino al 31 marzo.

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