sabato 2 giugno 2018

Adelita Husni-Bey, l'educazione libertaria diventa arte

Adelita Husni-Bey (Milano, 1985) è un’artista e un’esperta di pedagogia interessata a tematiche che spaziano dall’anarco-collettivismo al teatro, dalla giurisprudenza agli studi  sullo sviluppo urbano che ha lavorato in svariati contesti con attivisti politici, architetti, giuristi, scolari, poeti, attori, urbanisti, fisioterapisti, atleti, insegnanti e studenti, concentrandosi sulla decostruzione della complessità del concetto di collettività. Ha rappresentato l'Italia alla Biennale d'Arte di Venezia del 2017 e venerdì (8 giugno 2018) inaugura una interessante retrospettiva sulla sua eterogenea produzione alla Galleria Civica di Modena, nella sede della Palazzina dei Giardini. "Adunanza", a cura di Diana Baldon e Serena Goldoni, propone infatti gli ultimi dieci anni di lavoro tra video, installazioni, opere pittoriche, serie fotografiche,  disegni e lavori su carta.
L’artista, che vive a New York, fin da giovanissima si interessa a temi politici e sociali complessi indagandoli attraverso studi di sociologia, teorie educative anarco-collettiviste e pratiche d’insegnamento sperimentali. Le sue opere si fondano e nascono da processi collettivi, nella forma di workshop e giochi di ruolo che hanno visto la partecipazione di varie tipologie di comunità.
Il ruolo dell’artista, secondo Husni-Bey, è «creare situazioni e dinamiche nuove dove nulla è recitato e dove emergano criticamente, agli occhi dei soggetti coinvolti, le profonde connessioni con i rapporti di forza di tipo economico e sociale che governano l’Era contemporanea».
L’opera finale, i cui proventi vengono sempre contrattualmente condivisi con i partecipanti che comunque possono decidere se prestare o meno la propria immagine, restituisce infatti solo una piccola parte dell’atto pedagogico che si realizza durante le giornate di workshop. La pratica di Husni-Bey si sviluppa con mezzi espressivi differenti, ma in tutte le sue opere - anche in quelle sviluppate attraverso il disegno, il video, la fotografia, la scultura e l’installazione - è  riconoscibile la sua sensibilità e matrice pittorica. 

Quest’ultima è immediatamente evidente in ’The Sleepers’ (2011), un olio su tela che ritrae un gruppo di colletti bianchinell’atto di dormire profondamente, ma anche nel dipinto integrato all’interno della video installazione "Postcards from the Desert Island" (2011) che accoglierà i visitatori all’ingresso della Palazzina dei Giardini.
"Postcards from the Desert Island" è il frutto di un seminario di tre settimane che l’artista ha svolto con i bambini dell’Ecole Vitruve di Parigi, istituto pubblico elementare sperimentale che adotta modelli educativi basati sulla cooperazione e  sulla non competitività. Gli scolari sono stati invitati a costruire un’isola deserta nella propria aula scolastica e prendendo a prestito gli scenari del romanzo ’Il signore delle mosche' di William Golding hanno fatto auto-gestione e affrontato questioni legate alla lotta per il potere, l’immigrazione, il significato dello spazio pubblico e la disobbedienza civile.


Sono diverse le opere che hanno visto il coinvolgimento di gruppi di adolescenti, tra cui la serie "Agency" (2014), composta di una video installazione e una serie di fotografie realizzate nelle sale del Museo Maxxi di Roma. Nel museo capitolino una trentina di studenti volontari di un liceo della capitale ha partecipato a una riflessione sulle relazioni di potere nell’Italia contemporanea simulando - attraverso la libera scelta di azioni, atteggiamenti, pose e abbigliamento - l’appartenenza a cinque diverse categorie: politici, lavoratori, attivisti, banchieri e giornalisti, i quali dovevano produrre ogni ora un resoconto sullo stato di avanzamento della ’società’.
"The Council" (2017) è invece una serie fotografica risultante da un workshop svoltosi al MoMA di New York con alcuni giovani partecipanti del programma MoMA teens. Sviluppando un pensiero critico riguardo alla funzione delle istituzioni, i ragazzi, suddivisi in gruppi, dovevano immaginare una totale riorganizzazione degli spazi della storica istituzione newyorkese, servendosi anche dell’Image Theater, tecnica usata per riprodurre attraverso un’immagine ’teatrale' una determinata situazione sociale, con l’obiettivo di trovare nuovi spunti e soluzioni.
"2265" (2015) è una video installazione che restituisce alcuni momenti di un workshop e di una performance tenutisi presso il South Eastern Center for Contemporary Art di New York con un gruppo di giovani autori facenti parte di AuthoringAction, organizzazione che si occupa di educare gli adolescenti grazie al potere della scrittura creativa e dell’arte. Il workshop che ha dato origine alla performance, ha analizzato una serie di scenari colonialisti e capitalisti futuri, tra cui la prospettiva di popolare Marte. Un tema di grande attualità è quello dell’analisi e della percezione sociale del dolore e della disabilità.
Le storie di atleti giovanissimi, che si sono infortunati svolgendo un’attività sportiva, sono raccontate nel video "After the Finish Line" (2015), in cui, usando un approccio pedagogico radicale e un processo che cerca di spersonalizzare i sentimenti di fallimento, Husni-Bey ha indagato il significato e le trappole collegate allo spirito di competizione che caratterizza molti ambiti della società contemporanea."Shower" (2013) è invece un’installazione realizzata in collaborazione con l’artista Park McArthur, a testimonianza di un dialogo tra modi diversi di esperire la realtà a partire da condizionidi disabilità, che il visitatore è invitato a leggere seduto su sgabelli per doccia dall’inconfondibile design igienico-sanitario.
Nella stessa sala, il tema del rapporto con la sofferenza del corpo è affrontato anche dalla serie di disegni di grandi dimensioni "Encontrers on pain (Incontri sul dolore)" (2015), nati da incontri individuali, su cui l’artista ha ricalcato il corpo dei partecipanti dando forma all’origine sociale e politica del loro dolore fisico.
"White Paper: The Law" (2015) è invece una serie di stampe di grande formato che ripercorre la genesi e l’evoluzione della "Convenzione sull’uso dello spazio", una bozza giuridica elaborata attraverso una serie di incontri pubblici promossi dall’artista e Casco - Office for Art, Design&Theory di Utrecht per contestare le delimitazioni alla proprietà privata imposte nel 2010 nei Paesi Bassi da una legge sul divieto di occupazione abusiva. Completano la mostra altri gruppi di disegni e opere su carta che accompagnano e riprendono alcuni dei macro-temi delle installazioni.

Nessun commento:

Posta un commento