Anita Berber |
«Era una che Lady Gaga gli spicciava casa», puntualizza Alfredo Accatino che alla von Frenytag-Loringhoven dedica il primo capitolo del suo nuovo libro Outsiders (Giunti, pagine 207, 29 euro) che ha come obiettivo ridare dignità e memoria a eventi o personaggi "incontrati" quasi per caso, che non conosceva e che ha pensato valesse la pena di condividere.
Ecco allora 34 storie, 34 uomini e donne che meritano un posto nell' arte del Novecento: dalla tata fotografa Vivian Maier all'ebreo tedesco deportato nel campo di prigionia di Saint-Cyprien Felix Nussbaum; da Rembrandt Bugatti, nipote di Giovanni Segantini e fratello del fondatore dell'omonima casa automobilistica, morto suicida a 32 anni a Mario Chiattone, uno dei più grandi visionari in campo architettonico ma messo in ombra dall'amico Sant'Elia; dal pittore pazzo per i gatti Louis Wain a Amrita Sher-Gil, definita da Accatino come la «Frida Kahlo dell'India» (nessuna artista indiana prima di lei aveva osato intraprendere la via del nudo femminile, elemento di scandalo per la cultura del suo paese d'origine); da Henry Patrick Raleigh «il morto di fame che dipingeva per i ricchi» a Karl Wilhelm Diefenbach che nella Germania dell'Ottocento anticipò quello che poi diventerà la cultura hippy nella California degli anni Sessanta. E ancora, tanto per citarne alcuni: Heinrich Rauchinger, pittore virtuoso degli anni Venti e Trenta che morì di stenti a 84 anni nel campo di concentramento di Terezìn nell'odierna Repubblica Ceca; Anita Berber, ritratta da Otto Dix, una delle prime performer della storia (era il 1910) a danzare nuda e a trasformare il proprio corpo in una forma d'arte e di espressione; Arthur Cravan, editore, pubblicista e pugile a tempo perso soprannominato «El poeta Boxeador»; Arnaldo Badodi, nato a Milano nel 1913 e morto di tifo in Russia nel '43 dopo essere stato ferito e rispedito al fronte, che faceva parte del gruppo Corrente insieme a Birolli, Sassu, Manzù; Nicolas Kalmakoff, un aristocratico russo fuggito dalla rivoluzione, un artista fissato con il demonio che morì nel 1955 solo e in condizioni di estrema indigenza in un ospedale a nord di Parigi.
«Secondo me sono tutti grandi artisti, la maggior parte dei quali dimenticati. O non conosciuti nei loro aspetti più significativi», spiega Accatino puntualizzando che il libro non è assolutamente una storia dell' arte alternativa. Con Outsiders, infatti, l'autore rende omaggio e celebra quegli artisti che la vita, senza troppi giri di parole, «ha preso a calci in culo»; quelli che hanno raggiunto il successo, ma che poi non hanno saputo mantenerlo, senza risorse, senza qualcuno che lottasse per loro, o dopo di loro, per mantenere vivo il ricordo o promuovere l'opera; quelli che hanno dovuto condividere l'arte con la malattia del corpo e dell'anima; quelli che hanno avuto la disgrazia di nascere donne anziché uomini in anni ancora acerbi. O di venire al mondo in nazioni sfigate, in periodi difficili, «visto che è meglio vivere a Saint-Tropez negli anni Sessanta che in terre di occupazioni, epurazioni, stragi, accusati di essere ebrei, froci, zoccole, comunisti, imperialisti».
Accatino li considera Outsider perché diversi, spesso in anticipo sui tempi, bollati come pazzi, alieni, stravaganti, conosciuti solo da storici dell' arte non asserviti al mainstream e collezionisti dall' occhio acuto e mai dal grande pubblico a cui vengono costantemente negati.
Outsiders perché hanno rinunciato a lottare o hanno trascurato le leggi non scritte del mercato per proseguire in solitudine la propria ricerca sino a svanire. Outsiders, infine perché non sono riusciti a sopravvivere al conformismo, alle guerre che hanno sconvolto il Novecento, alle persecuzioni razziali, culturali o politiche, alle uccisioni selettive e infine ai disastri delle droghe e agli eccessi della beat generation.
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