«Non ci può essere nessuna evoluzione in un'arte che utilizza ancora la pietra e il colore, ma sarà possibile fare una nuova arte con la luce, la televisione, la proiezione». Parole, queste di Lucio Fontana, che a rileggerle suonano come profetiche.
Era il 5 febbraio 1949 e, presso la Galleria del Naviglio a Milano, il padre dello Spazialismo, dei Tagli e dei Buchi creò Ambiente spaziale a luce nera: una serie di forme tridimensionali di cartapesta illuminate dalla luce violacea di Wood, fosforescenti e fluttuanti, appese al soffitto dello spazio espositivo completamente nero. L'opera, che venne mostrata per soli sei giorni e poi fu distrutta, suscitò scalpore e accese discussioni tanto che Fontana attese più di un decennio per realizzarne un'altra.
Nel catalogo l'artista spiegava che il suo obiettivo era liberare la forma, un concetto. Allo stesso tempo, lo straniamento percettivo amplificava le reazioni emotive personali, la relazione con il proprio corpo e Fontana sottolineava come il visitatore fosse costretto a fare i conti con le proprie motivazioni interiori, la sua conoscenza, la sua stessa corporeità: lo spazio non è più ospite dell'opera, statica e fredda, ma diviene esso stesso opera, si fa «ambiente spaziale» che suscita e accoglie i diversi stati emotivi del visitatore.
Dopo quella prima installazione ne seguirono altre, ma purtroppo i suoi Ambienti Spaziali - stanze, corridoi o labirinti percorribili, quasi sempre distrutti al termine dell' esposizione, formati da materiali innovativi per l' epoca come vernici fluorescenti, luci al neon e luci di Wood, e da elementi strutturali, come pavimenti instabili o a pianta ondulata, che pongono il visitatore al centro dell'opera - sono andati tutti perduti. Ora, grazie alla mostra che inaugura il 21 settembre alla Pirelli Hangar Bicocca di Milano, tutti avranno la possibilità di ammirarli di nuovo. Ambienti/Environments intende far luce proprio su questo corpus di opere di importanza storica, ma ancora poco noto al grande pubblico, che mette ulteriormente in rilievo la forza dirompente e precorritrice della ricerca di Fontana rivolta al superamento della seconda e terza dimensione.
La mostra si apre con la Struttura al Neon (1951), opera concepita come apparato decorativo per la IX Triennale di Milano: il grande neon, un arabesco fluorescente di circa cento metri, appeso all' ingresso dello spazio espositivo, introduce alla sequenza cronologica degli ambienti, a iniziare dal primo, quello della Galleria del Naviglio del 1949. Seguono i due corridoi, denominati Utopie del 1964, creati in occasione della XIII Triennale: in Pirelli HangarBicocca vengono ricostruiti come due ambienti, uno nero con una parete incurvata e con una serie di fori da cui filtra luce al neon verde, e l'altro, ricostruito per la prima volta, contraddistinto da muri e soffitti ricoperti di tappezzeria rossa metallica, da lastre in vetro "Quadrionda" e da tubi al neon rossi. Attraverso questi due lavori emerge la centralità dell'esperienza percettiva del visitatore, aspetto che Fontana sviluppa anche nell'installazione presentata per la prima e unica grande mostra personale in un museo americano, il Walker Art Center di Minneapolis, nel 1966. Per accedere a questo Ambiente spaziale, mai riallestito fino a ora, bisogna attraversare un tunnel ribassato e con pavimento inclinato, per raggiungere l' interno, dove si ritrova in una stanza delimitata da pareti forate da cui filtra la luce al neon e da un pavimento instabile di gomma morbida.
Il percorso espositivo prosegue con l'Ambiente spaziale, realizzato nel 1967 in occasione della mostra Lo spazio dell'immagine a Palazzo Trinci di Foligno, e quelli originariamente concepiti per il tour europeo della mostra americana e presentati lo stesso anno allo Stedelijk Museum di Amsterdam e successivamente al Van Abbemuseum di Eindhoven: tutti ricostruiti per la prima volta nell'HangarBicocca.
L'ultimo ambiente - datato nel 1968, anno della scomparsa del'artista e realizzato per Documenta 4 a Kassel - è disposto a conclusione del percorso cronologico nelle Navate: uno spazio labirintico bianco che conduce a un grande taglio sul muro, unico segno lasciato da Fontana e che richiama i suoi Tagli, attestandone in qualche modo il loro superamento: dalla tela allo spazio stesso.
La mostra si conclude all'interno del Cubo con Fonti di energia: sette livelli di tubi di luce colorata al neon, progettata da Fontana a Torino nel 1961 per il padiglione Energie in occasione delle celebrazioni del centenario dell'Unità d'Italia.
La mostra, curata da Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todolí, è gratuita e si potrà visitare dal 21 settembre fino al 25 febbraio 2018.
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