C'è Milano e non Roma; c'è Voghera e non Venezia. Ci sono Cosenza, Mosca, Bruxelles e non ci sono Siena, Barcellona o San Francisco. Marco Romano - professore di Estetica in diversi atenei, membro del Consiglio superiore del ministero dei Beni Culturali, nonché direttore della rivista Urbanistica - nel suo ultimo libro "Le belle città" ne ha selezionate cinquanta considerandole opere d'arte a tutti gli effetti. Il criterio di questa scelta - che a primo acchito parrebbe azzardata - parte dal fatto che le città, tutte le città, sono l'esito di una riconoscibile intenzione estetica. Per afferrarla, non basta disporsi in contemplazione delle carte antiche o dei palazzi come davanti a un quadro, occorre invece praticare l'arte di camminare passo passo e soprattutto di vedere - non guardare soltanto - ogni strada e ogni piazza. La guida turistica chiusa nello zaino, lo sguardo verso l'alto, il viaggiatore dovrà farsi condurre dalle sue sensazioni, da ciò che attrae il suo occhio. Un occhio che, come spiega Marco Romano, va nutrito con la curiosità e allenato con lo studio, perché l'estetica della città è una disciplina consolidata e rigorosa, che non differisce in niente dalla valutazione di qualsiasi opera in ogni altro campo della critica d'arte.
Ecco allora, ad esempio, Abbiategrasso, con il fossato che lo circonda: un' opera grandiosa che non ha alcuna giustificazione militare, ma che sembra volerla includere in un possente abbraccio, nella vitale linfa che era per Milano il sistema dei Navigli. «Ci sembra di intravedere», spiega Romano, «un lungo gambero fatto d'acqua la cui coda è radicata alla confluenza dei navigli, il cui corpo risale lungo la strada monumentale e abbraccia con le sue chele - il largo fossato oggi diventato un giardino pubblico - la città».
Ecco allora Lecce, che ha sedotto Romano non tanto per la festosa decorazione di molti portali, finestre, angoli di case, balconi, facciate e chiese, quanto per «l'ampiezza e il nitore dei suoi boulevard»; ecco Ginevra che interpreta in maniera "trasgressiva" le intenzioni estetiche che tutte le città esprimono in sequenze di temi collettivi, di strade e di piazze tematizzate; ecco L'Aquila con le sue due piazze principali (una l'ex prato della fiera oggi piazza del mercato e l'altra quella del Duomo); ecco Paternò che «in grazia di un antico e radicato sentimento della bellezza, ha evitato che i quartieri costruiti nella seconda metà del Novecento, le tragiche periferie europee, qui non fossero tali».
Tra le «belle città» Marco Romano mette anche Catania, Camogli, Fermo, Alessandria, Bari e Bergamo, Acqui Terme, Ascoli Piceno, Asolo e Brisighella, Camerino, Gallipoli, Genova, Lodi, Lucca, Novi Ligure e Ostuni, Palmanova e Paternò, Pisa, Pistoia e Ravenna, Reggio Calabria, Sabbioneta, Sarzana, Sassello, Torino e Trieste. E ovviamente Milano. «Lo stile della città nel suo insieme, il suo essere voluta come un' opera d'arte, è incorporato nel suo aspetto visibile e dunque percepito subito a prescindere dal processo storico del suo formarsi e non soltanto nei suoi edifici più rappresentativi ma nella disposizione dei suoi temi collettivi rispetto alle strade e alle piazze tematizzate, sia alla massa dell'incasato», spiega l'autore.
Nessuna, tra le altre città europee, a detta di Romano, ha la cattedrale, la piazza principale, il palazzo comunale, il teatro lirico, ma anche musei, università, ospedale, Borsa, castello, giardino pubblico tutti a un tiro di schioppo nel proprio centro.
Una «città domestica», la definisce il professore, esito di una società che è riuscita a mantenere nel corso di ottocento anni un proprio felice equilibrio; una città che si rinnova e valorizza grazie al flusso di persone vivaci che decidono di viverci arricchendola di continuo con la loro alacrità, con la loro intelligenza e spirito di iniziativa. «Questa», scrive, «è la città dove chi voglia vivere ne avrà davvero l'occasione».
Non mancano nella lista i centri urbani stranieri, da Bordeaux a Brasilia, da Bruxelles a Edimburgo, passando per Jaipur e Lione, Londra e Madrid, Monaco di Baviera e Mosca, New Orleans, New York, Parigi, e Strasburgo: dalle piazze decentrate ai boulevard asimmetrici, è negli scarti dalla norma, nella variazione di uno schema storico tipico, che si manifesta la specificità e la bellezza di ogni singola città.
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