Libera e spregiudicata in un'epoca ancora lontana dall'accettare l'omosessualità femminile; geniale dietro la macchina fotografica mentre realizzava ritratti; attenta quando documentava le trasformazioni di New York in seguito alla grande depressione del '29; pioniera nella ricerca sulla fotografia da laboratorio. Lei è Berenice Abbott, una delle più controverse protagoniste della storia fotografica del Novecento.
A lei è dedicata la mostra "Topografie" che inaugurerà il 17 febbraio prossimo al museo Man di Nuoro. Per la prima volta in Italia verranno esposte ottantadue stampe originali realizzate tra la metà degli anni Venti e i primi anni Settanta del Novecento. Un periodo effervescente che la Abbott visse in piena consapevolezza.
Nata a Springfield, nell'Ohio, il 17 luglio 1898, da giovanissima si trasferì a New York per dividere una grande casa al Greenwich Village con scrittori, filosofi e critici letterari come tra le quali la scrittrice Djuna Barnes, Kenneth Burke, Malcolm Cowley. Non nascose mai le sue tendenze lesbiche e frequentò anarchici come Hippolyte Havel. Poi approdò a Parigi, che al tempo era una fucina di talenti, di idee, di caffè e salotti dove intellettuali e artisti provenienti da ogni angolo del mondo si incontravano quotidianamente, dando vita a uno dei momenti più fecondi e memorabili della cultura del secolo scorso. Ma fu grazie all'amicizia con Man Ray - per il quale lavorò come assistente (dal 1923 al 1936) - che Berenice Abbott "scoprì" la fotografia. Man Ray cercava qualcuno che non sapesse assolutamente niente di fotografia e facesse quindi solo quello che gli veniva chiesto, ma ben presto si rese conto che Berenice era molto dotata e, rimasto impressionato dai suoi lavori, le permise di usare il suo studio.
«Mi avvicinai alla fotografia come un'anatra si avvicina all'acqua. Non ho mai voluto fare niente altro», ricorda la Abbott quegli anni cui risalgono i primi ritratti fotografici dedicati ai maggiori protagonisti dell'avanguardia artistica e letteraria europea, da Jean Cocteau, a James Joyce, da Max Ernst ad André Gide. Ritratti che costituiscono il canale espressivo attraverso il quale Berenice Abbott racconta la propria dimensione sessuale.
Spirito indipendente lasciò ben presto Ray e aprì il proprio laboratorio di fotografia frequentato da un circolo di intellettuali e artiste lesbiche come Jane Heap, Sylvia Beach, Eugene Murat, Janet Flanner, Djuna Barnes, Betty Parso. Entrò poi in contatto con il fotografo francese Eugène Atget, conosciuto per le sue immagini delle strade di Parigi, volte a catturare la scomparsa della città storica e le mutazioni nel paesaggio urbano. Per la Abbott fu un punto di svolta. La fotografa decise di abbandonare la ricerca portata avanti fino a quel momento e di fare propria la poetica di Atget dedicandosi, da quel momento in poi, al racconto della metropoli di New York. La sua attenzione si concentrò sulle architetture, sull'espansione urbana e sui grattacieli che progressivamente si sostituivano ai vecchi edifici, oltre che sui negozi e le insegne. Il risultato fu un volume, tra i più celebri della storia della fotografia del XX secolo, intitolato "Changing New York" (1939) realizzato insieme alla sua compagna, la critica Elizabeth Mc Causland (con la quale visse fino alla sua morte nel 1965), che raccoglie una serie di fotografie caratterizzate da forti contrasti di luci e ombre e da angolature dinamiche, ad esaltare la potenza delle forme e il ritmo interno alle immagini. Nel 1940 Berenice Abbott divenne picture editor per la rivista Science Illustrated: l'esperienza maturata nelle strade di New York la portò a guardare con occhi diversi le immagini scientifiche, che diventarono per lei uno spazio privilegiato di osservazione della realtà oltre il paesaggio urbano.
La mostra di Nuoro suddivisa in tre macrosezioni - Ritratti, New York e Fotografie scientifiche - racconta le tre principali fasi della produzione fotografica di Berenice Abbott attraverso una ricca selezione di scatti, tra i più celebri della sua produzione, e materiale documentario proveniente dal suo archivio. Vale la pena visitarla.
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