Caro Ciccio (il caro è ironico),
leggo con fastidio e disgusto le tue ultime affermazioni sulla libertà di espressione, parole che su tutti i giornali vengono sintetizzate nel seguente modo: “libertà sì, ma se offendi mia madre aspettati in pugno in faccia. Perché non si può provocare, insultare, ridicolizzare, la fede degli altri”.
Fastidio e disgusto che ti andrò ora a spiegare, ma prima una piccola premessa.
Credo infatti che madri e donne siano state nei secoli, e ancora lo sono oggi, offese umiliate uccise e sottomesse anche grazie al grosso contributo che la tua religione e i suoi praticanti hanno dato.
Per questo motivo, anche se credo fortemente che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli e viceversa, in queste mie poche righe cambierò la tua frase in “se offendi mio padre aspettati un pugno in faccia”.
venerdì 16 gennaio 2015
La storia di Baraa, ha solo 10 anni ed insegna ai profughi
Ho pensato subito a mia figlia Sofia e alla sua poca voglia di andare a scuola quando ho letto la storia di Baraa Antar. Una storia che fa venire i brividi: nonostante le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere, l'orrore della guerra, le persecuzioni, i bambini non si arrendano. Vogliono vogliono apprendere, vogliono comunicare, vogliono costruirsi un futuro, vogliono essere liberi.
Baraa ha solo 10 anni, è una piccola profuga siriana e vive con la famiglia nel campo di Ketermaya, nella regione dello Chouf, a sud di Beirut. È qui che tiene le sue lezioni, insegnando agli altri bambini del campo l’alfabeto arabo e perfino la lingua francese. Grazie a lei, i suoi piccoli allievi hanno imparato a salutare, ringraziare e chiedere permesso in francese, ma anche i primi rudimenti della grammatica araba. La "scuola" di Baraa è all’ombra di una pineta nei pressi del campo, la cattedra è un tavolino su cui poggia una piccola lavagna magnetica, mentre i bambini usano delle pietre come seggiole.
«Noi non pensiamo solo a giocare, ma anche a imparare», ha detto Baraa in un’intervista alla tv satellitare ’al-Arabiyà. «Ci sono bambini piccoli che stanno imparando ’alef, ba, tà...», ha continuato, con riferimento alle prime lettere dell’alfabeto arabo. Quanto al francese, Baraa stessa lo sta imparando nelle scuole di altri campi profughi: «Appena imparo qualcosa di nuovo, lo insegno agli altri bambini», racconta la piccola maestra, mentre i suoi alunni ripetono in coro: «Bonjour... comment ca va... merci...».
Baraa ha solo 10 anni, è una piccola profuga siriana e vive con la famiglia nel campo di Ketermaya, nella regione dello Chouf, a sud di Beirut. È qui che tiene le sue lezioni, insegnando agli altri bambini del campo l’alfabeto arabo e perfino la lingua francese. Grazie a lei, i suoi piccoli allievi hanno imparato a salutare, ringraziare e chiedere permesso in francese, ma anche i primi rudimenti della grammatica araba. La "scuola" di Baraa è all’ombra di una pineta nei pressi del campo, la cattedra è un tavolino su cui poggia una piccola lavagna magnetica, mentre i bambini usano delle pietre come seggiole.
«Noi non pensiamo solo a giocare, ma anche a imparare», ha detto Baraa in un’intervista alla tv satellitare ’al-Arabiyà. «Ci sono bambini piccoli che stanno imparando ’alef, ba, tà...», ha continuato, con riferimento alle prime lettere dell’alfabeto arabo. Quanto al francese, Baraa stessa lo sta imparando nelle scuole di altri campi profughi: «Appena imparo qualcosa di nuovo, lo insegno agli altri bambini», racconta la piccola maestra, mentre i suoi alunni ripetono in coro: «Bonjour... comment ca va... merci...».
mercoledì 14 gennaio 2015
Il vero volto di Renzi: sfruttatore e maschilista
Andrea Marcolongo |
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