martedì 21 agosto 2018

"Sono Fernanda Wittgens", la donna che salvò i capolavori di Brera dai nazisti e dalle bombe

Se la Pinacoteca di Brera è uno dei musei più importanti e visitati in Italia lo si deve soprattutto a una donna. Una donna coraggiosa, determinata e innamorata dell'arte che non si risparmiò per salvare, acquistare e rendere fruibili a tutti i capolavori che oggi i visitatori di tutto il mondo possono ancora ammirare. Lei è Fernanda Wittgens, la prima soprintendente a ricoprire il ruolo di dirigente di un importante museo fino ad allora ad esclusivo appannaggio degli uomini:  «una donna», per dirla con le sue parole, «a cui il destino ha dato compiti da uomo, ma che li ha sempre assolti senza tradire l'affettività femminile».
A 61 anni dalla sua prematura morte - aveva solo 54 anni - un libro edito da Skira (Sono Fernanda Wittgens, di Giovanna Ginex, pagine 160, 19 euro) racconta l'intensa biografia della storica dell'arte antifascista (che scontò con il carcere la sua opposizione al regime) attraverso documenti, aneddoti, foto, testimonianze. Ecco allora che viene ricostruita nei minimi dettagli la vita e l'attività dell' "operaia avventizia" di Brera (una mansione umilissima per la quale venne assunta nel 1928 dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Storia dell' arte) che sostituì il direttore della Pinacoteca Ettore Modigliani nel 1941 quando le leggi razziali lo obbligarono a lasciare il suo posto; che salvò le opere della Pinacoteca dalla razzia dei nazisti e dalla distruzione delle bombe (vennero rase al suolo 26 sale su 34) spostandole personalmente con treni e autocarri in luoghi più sicuri - uno su tutti "Lo Sposalizio della Vergine" di Raffaello portato insieme ad altri capolavori a Villa Corniolo nei pressi di Orvieto - e che riuscì a guerra finita a trasformare in realtà il sogno della "Grande Brera" di Modigliani stesso.
Diceva Fernanda Wittgens: «Quando crolla una civiltà e l' uomo diventa una belva, chi ha il compito di difendere gli ideali? Sono i cosiddetti "intellettuali". Sarebbe troppo bello essere "intellettuale" in tempi pacifici e diventare codardi, quando c' è pericolo». E lei in tempo di guerra non salvò soltanto le opere d' arte conservate nel museo milanese, ma anche numerose vite umane: come quella del professore ebreo Paolo D' Ancona e della sua famiglia che fece fuggire in Svizzera e di altri ebrei che nemmeno conosceva. All' alba del 14 luglio 1944, però, tradita da un giovane ebreo tedesco collaborazionista che aveva soccorso organizzandogli l' espatrio, la Wittgens fu arrestata e condannata dal Tribunale speciale restando reclusa prima a Como e poi a Milano, a San Vittore, fino alla Liberazione. Dalla corrispondenza del carcere emerge la figura di una donna che voleva essere compresa sia nella sua femminilità sia nell' impegno professionale e politico insistendo verso la funzione sociale e morale dell' arte, che deve essere offerta a tutti come strumento di elevazione e conoscenza.
E proprio in questo senso si concentrano gli sforzi della Wittgens dopo la guerra: convincere le autorità ad assumersi l' impegno per una totale ricostruzione della Pinacoteca di Brera e il suo ingrandimento con il coinvolgimento attivo dei visitatori così come teorizzato da Modigliani che venne reintegrato come soprintendente nel 1946, ma che morì l' anno dopo lasciando a Fernanda il compito di portare a termine il progetto. Dopo quattro anni di fatiche e durissimo lavoro scientifico, tecnico, amministrativo, diplomatico e politico, il 9 giugno 1950 la Wittgens inaugurò Brera davanti alle massime autorità dello Stato con un breve, vibrante discorso nel quale tracciò la storia del cantiere braidense «comunione commovente» di tecnici, artigiani, operai che in quattro anni di lavoro a quotidiano contatto con la direzione avevano permesso il «miracolo» della ricostruzione. La vita della Pinacoteca si animò così con una serie di inediti eventi espositivi e didattici: vennero organizzate visite guidate da personale specializzato - spesso da lei stessa - per i bambini delle scuole elementari milanesi, invitando inoltre i giovani alunni a fermare graficamente le loro impressioni. Altri corsi e visite domenicali e serali furono organizzati per i Cral, i pensionati, i portatori di handicap, gli operai e gli artigiani. Nel 1955 si costituì a Brera una sezione didattica. Nella primavera del 1956 Fernanda si inventò "Fiori a Brera", un' iniziativa che ebbe un enorme successo popolare - ventimila ingressi solo nella giornata inaugurale, 180mila visitatori in 7 giorni - e che costituì anche un esempio di collaborazione tra un' azienda privata finanziatrice e un museo nazionale.
Nominata soprintendente alle Gallerie della Lombardia si occupò della ricostruzione del Museo teatrale alla Scala e del Poldi Pezzoli, oltre che del restauro del Cenacolo di Leonardo. Nel 1956 Ferruccio Parri (il primo presidente del Consiglio a capo di un governo di unità nazionale istituito alla fine della guerra) le propose di presentarsi alle amministrative di Milano con la lista del Fronte laico.
La risposta di Fernanda Wittgens: «Ora io non mi sento, come artista, di entrare nel binario dei partiti perché la mia libertà è condizione assoluta per la vita stessa del mio essere».

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