Se la Pinacoteca di Brera è uno dei musei più importanti e visitati in Italia lo si deve soprattutto a una donna. Una donna coraggiosa, determinata e
innamorata dell'arte che non si risparmiò per salvare, acquistare e
rendere fruibili a tutti i capolavori che oggi i visitatori di tutto il
mondo possono ancora ammirare. Lei è Fernanda Wittgens, la prima soprintendente a ricoprire il ruolo di dirigente di un
importante museo fino ad allora ad esclusivo appannaggio degli uomini:
«una donna», per dirla con le sue parole, «a cui il destino ha dato
compiti da uomo, ma che li ha sempre assolti senza
tradire l'affettività femminile».
A 61 anni dalla sua prematura morte -
aveva solo 54 anni - un libro edito da Skira (Sono Fernanda Wittgens,
di Giovanna Ginex, pagine 160, 19 euro) racconta l'intensa biografia della storica dell'arte antifascista (che scontò con il carcere la sua opposizione al regime) attraverso
documenti, aneddoti, foto, testimonianze.
Ecco allora che viene ricostruita nei minimi
dettagli la vita e l'attività dell' "operaia avventizia" di Brera (una
mansione umilissima per la quale venne assunta nel 1928 dopo la laurea
in Lettere e la specializzazione in Storia dell' arte) che sostituì il
direttore della Pinacoteca Ettore Modigliani
nel 1941 quando le leggi razziali lo obbligarono a lasciare il suo
posto; che salvò le opere della Pinacoteca dalla razzia dei nazisti e
dalla distruzione delle bombe (vennero rase al suolo 26 sale su 34)
spostandole personalmente con treni e autocarri in
luoghi più sicuri - uno su tutti "Lo Sposalizio della Vergine" di
Raffaello portato insieme ad altri capolavori a Villa Corniolo nei
pressi di Orvieto - e che riuscì a guerra finita a trasformare in realtà
il sogno della "Grande Brera" di Modigliani stesso.
Diceva Fernanda
Wittgens: «Quando crolla una civiltà e l' uomo diventa una belva, chi ha
il compito di difendere gli ideali? Sono i cosiddetti "intellettuali".
Sarebbe troppo bello essere "intellettuale" in
tempi pacifici e diventare codardi, quando c' è pericolo». E lei in
tempo di guerra non salvò soltanto le opere d' arte conservate nel museo
milanese, ma anche numerose vite umane: come quella del professore
ebreo Paolo D' Ancona e della sua famiglia che fece
fuggire in Svizzera e di altri ebrei che nemmeno conosceva. All' alba
del 14 luglio 1944, però, tradita da un giovane ebreo tedesco
collaborazionista che aveva soccorso organizzandogli l' espatrio, la
Wittgens fu arrestata e condannata dal Tribunale speciale
restando reclusa prima a Como e poi a Milano, a San Vittore, fino alla
Liberazione. Dalla corrispondenza del carcere emerge la figura di una donna che voleva
essere compresa sia nella sua femminilità sia nell' impegno
professionale e politico insistendo verso la funzione sociale
e morale dell' arte, che deve essere offerta a tutti come strumento di
elevazione e conoscenza.
E proprio in questo senso si
concentrano gli sforzi della Wittgens dopo la guerra: convincere le
autorità ad assumersi l' impegno per una totale ricostruzione della
Pinacoteca di Brera e il suo ingrandimento con il coinvolgimento
attivo dei visitatori così come teorizzato da Modigliani che venne
reintegrato come soprintendente nel 1946, ma che morì l' anno dopo
lasciando a Fernanda il compito di portare a termine il progetto. Dopo
quattro anni di fatiche e durissimo lavoro scientifico,
tecnico, amministrativo, diplomatico e politico, il 9 giugno 1950 la
Wittgens inaugurò Brera davanti alle massime autorità dello Stato con un
breve, vibrante discorso nel quale tracciò la storia del cantiere
braidense «comunione commovente» di tecnici, artigiani,
operai che in quattro anni di lavoro a quotidiano contatto con la
direzione avevano permesso il «miracolo» della ricostruzione. La vita
della Pinacoteca si animò così con una serie di inediti eventi
espositivi e didattici: vennero organizzate visite guidate
da personale specializzato - spesso da lei stessa - per i bambini delle
scuole elementari milanesi, invitando inoltre i giovani alunni a
fermare graficamente le loro impressioni. Altri corsi e visite
domenicali e serali furono organizzati per i Cral, i pensionati,
i portatori di handicap, gli operai e gli artigiani. Nel 1955 si
costituì a Brera una sezione didattica. Nella primavera del 1956
Fernanda si inventò "Fiori a Brera", un' iniziativa che ebbe un enorme
successo popolare - ventimila ingressi solo nella giornata
inaugurale, 180mila visitatori in 7 giorni - e che costituì anche un
esempio di collaborazione tra un' azienda privata finanziatrice e un
museo nazionale.
Nominata soprintendente alle Gallerie
della Lombardia si occupò della ricostruzione del Museo teatrale alla
Scala e del Poldi Pezzoli, oltre che del restauro del Cenacolo di
Leonardo. Nel 1956 Ferruccio Parri (il primo presidente
del Consiglio a capo di un governo di unità nazionale istituito alla
fine della guerra) le propose di presentarsi alle amministrative di
Milano con la lista del Fronte laico.
La risposta di Fernanda Wittgens: «Ora
io non mi sento, come artista, di entrare nel binario dei partiti perché
la mia libertà è condizione assoluta per la vita stessa del mio
essere».
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