Ci sono artiste e artisti che “si interrogano sulle emergenze del nostro tempo. Aprono piste sulla superficie della cronaca. Si impegnano in atti concreti, coraggiosi, visionari. Per immaginare un altro presente”. Artivisti, li chiama Vincenzo Trione nel suo libro nel libro “Artivismo. Arte, politica, impegno” (Einaudi, pag. 220). Da questo saggio prende il titolo del mio blog che vuol dar conto dell’arte come forma di militanza. Del resto, nei tempi oscuri che stiamo vivendo l'arte non può che essere politica e qui troveranno spazio le artiste e gli artisti che con le loro opere mandano un messaggio, costringono a guardare la realtà con occhi diversi, oppure te la sbattono in faccia in tutta la sua brutalità, violenza, orrore. Mi interessa chi mischia i piani della percezione per svelare qualcosa che è sempre stato sotto gli occhi ma che non è mai stato visto dando valore al “più immondo degli escrementi”.
Cerco - per usare le parole del prof. Trione - chi crea nuove favole,
chi fa narrazioni diverse, eccentriche, provocatorie e paradossali
adatte a dire le “trasformazioni ultrarapide” dell’attualità. Senza
distinzione tra epoche storiche e medium artistici. Proprio come
suggerisce Trione che inizia il suo saggio parlando dell'Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti
nel Palazzo Pubblico di Siena e che mette nella storia dell’arte
politica le immagini fotografiche che meglio di tante analisi
economiche, sociologiche e geopolitiche riescono a descrivere le ferite
dell’umanità e che sul televisore o sullo smartphone ci informano in
tempo reale sulle fattezze dell’apocalisse che potrebbe travolgerci.
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