mercoledì 23 maggio 2018

Il filo rosso che lega la storia dell'arte

Cascina Pozzobonelli
Sperduta in una mareggiata di automobili e di divieti di sosta, sul fianco della Stazione Centrale di Milano c'è quel che rimane di ciò che un tempo era una residenza di campagna. È la Cascina Pozzobonelli: un bel porticato dove si è insiediata, tra condomini, alberghi e night club, una colonia di gatti, gli unici che sembrano apprezzare gli equilibri di quell' architettura classica, lascito di cultura quattrocentesca e bramantesca in questa metropoli proiettata nel futuro. E proprio in quel portico, pressoché ignorato da turisti e milanesi, c'è un affresco importantissimo che racconta l'aspetto originario del Castello Sforzesco, con la Torre del Filarete crollata nel 1521 per colpa di un'esplosione nel deposito di munizioni nel castello stesso. Fu su questa immagine che l'architetto Luca Beltrami si basò - fra il 1892 e il 1905 - per ricostruirla. Insomma, il castello attuale non sarebbe così come è oggi se non ci fosse stata la Cascina Pozzobonelli.

«Se parte in treno, cara allieva, non manchi di gettare uno sguardo», consiglia lo storico dell'arte Flavio Caroli alla sua amica, "l'esploratrice", che si lamenta con lui di essere arrivata a Milano e di non essere riuscita a vedere Il Cenacolo di Leonardo perchè non aveva prenotato per tempo. «Che colpo! È stato un gran colpo di fortuna per te non riuscire ad entrare» nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, gli risponde entusiasta il professore spiegando che «i capolavori sono il riassunto dei pensieri più profondi di un' epoca storica e costituiscono l' apertura visionaria verso il tempo che verrà». «Ora», ammonisce Caroli, «nulla è più sbagliato che vederli senza avere abbastanza chiaro il quadro complessivo del passato dal quale è sbocciato, come un albero poderoso, il capolavoro stesso». Ecco allora che per apprezzare in pieno l' Ultima Cena bisogna conoscere la Milano in cui arrivò il Da Vinci, le finte prospettive bramantesche e la pittura quattrocentesca. Inizia così la nuova fatica letteraria del prof Caroli che con la sua felice penna ha trasformato un saggio in un romanzo che fa scoprire tesori nascosti e induce all' approfondimento attraverso incredibili connessioni.

Compianto sul Cristo Morto Niccolò dell'Arca
Un esempio su tutti la Maddalena nel Compianto di Niccolò Dell' Arca databile tra il 1463 e il 1490 conservato nella chiesa di Santa Maria della Vita a Bologna dalla quale comincia la lunga teoria di bocche urlanti firmate da Ercole de Roberti, Michelangelo, Raffaello, Guido Reni, Caravaggio su su fino all'Urlo di Munch e a quello di Guernica di Picasso.
L'arte italiana in quindici weekend e mezzo (Mondadori, p. 288, 34 euro) è un lungo dialogo con un' amica di lunga data che si svolge nell' arco appunto di 15 fine settimana mentre la accompagna alla scoperta di grandi artisti, monumenti universalmente noti e gioielli nascosti nei luoghi nevralgici dell' arte italiana. Da Ravenna a Jesi, da Perugia a Venezia, da Firenze a Roma e poi Napoli, Genova, Messina, il Castello di Rivoli: passeggiando per le vie dei centri storici o raggiungendo musei fuoriporta, Caroli presenta, in un racconto ricco di immagini, protagonisti come Lorenzo Lotto che ci fa conoscere un' uma-nità sottile e pensosa, tormentata dalla malinconia: i suoi santi con la barba mal rasata che tradiscono un acuto odore di convento, i soldati con il doppio mento, i vecchi con gli occhi da cocker triste.
Poi c' è Andrea Mantegna che si ritrae a Sant' Andrea, a Mantova, sotto forma di un busto scolpito nella Cappella funeraria. «Si innamorerà dello sguardo lontano di chi vede la grandezza del passato, e subito dopo ne percepisce la caducità e la cenere, e non può che rifugiarsi nella melanconia, e dar vita, con quella, agli unici antidoti concessi agli umani, che sono l' arte e la bellezza», dice il prof all' esploratrice. Il percorso nella storia dell' arte che si fa però anche racconto personale. Ecco allora la notte passata a casa di campagna di Alberto Burri a Città di Castello dove, all' alba guardando il paesaggio e ascoltando la natura il prof Caroli capì i gretti, le combustioni: «Lì capii la linea d' ombra che unisce e separa il Nulla dall' Assoluto». Burri porta la questione del "non finito" alle estreme conseguenze, «finisce l' informe», spiega il professore che poi racconta pure le sue passioni giovanili. «Ricordi quando tu mi sgridavi perché - a tuo dire - perdevo tempo con gli artisti, invece di occuparmi di te?», dice Caroli all' amica. Oggi le opere di quegli avanguardisti degli anni '60 - quelli dell' Arte Povera: Kounellis, Fabro, Paolini, Pistoletto, Boetti, Merz - sono raccolte al Castello di Rivoli, cui dedicare un ultimo fine settimana. Ne vale la pena. In senso orario: la cascina Pozzobonelli a Milano; la Maddalena del «Compianto» di Niccolò Dell' Arca; Santa Lucia e San Vincenzo Ferrer nel Polittico di Recanati di Lorenzo Lotto; «La Venere degli stracci» di Pistoletto.
Vergine degli stracci di Michelangelo Pistoletto

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