Il teatro dell’assurdo firmato da John Bock va in scena negli spazi del Podium della Fondazione Prada a Milano. Assurdo e caotico lo definirebbe chi si trova per la prima volta davanti alle opere (si possono chiamare così?) dell’artista tedesco noto per le performance che lui chiama «lectures» (parodie di presentazioni accademiche che si svolgono in ambienti allestiti con oggetti di uso quotidiano, materiali trovati e di scarto, mobili e altri elementi disposti a formare universi illogici, in cui i visitatori sono invitati a partecipare). A prima vista tutto ciò appare senza senso, ma in realtà il lavoro di Bock è sempre molto lucido e rigoroso: attraverso un personalissimo collage, supera e reinventa i tradizionali confini della storia dell’arte vampirizzando i generi, con la conseguenza che dipanare il bene e il male diventa impossibile impossibile.
La mostra inaugurata ieri alla Fondazione Prada «The next quasi-complex» presenta delle architetture sperimentali, frammenti di pareti, strutture improvvisate e una selezione di opere esistenti incorporate nel progetto così da creare installazioni che si presentano come scenografie per le sue performance o set dei film da lui realizzati.
Come Lütte mit Rucola (2006) che nasce dall’omonimo film in cui Bock recita il ruolo di un pazzo omicida che fa a pezzi la sua vittima ancora viva. Nel contesto del Podium, il set del film diventa installazione, ricreando il salotto in cui si è svolta la tortura. Il pubblico ne diventa testimone osservando la ricostruzione da un balcone che si affaccia sulla scena. When I’m looking into the Goat Cheese Baiser (2001) invece è una scenografia mobile utilizzata da Bock durante una delle sue performance: un assemblaggio caleidoscopico di arredi scenici che aspettano solo di prendere vita nelle mani dell’artista, così come documentato nel video della «lecture» tenutasi a New York nel 2001. L’8 settembre John Bock insieme agli attori Lars Eidinger e Sonja Viegener attiveranno il palco muovendosi all’interno del Podium «come una mosca intorno a una carcassa».
Intorno alle installazioni centrali ci sono poi altre costruzioni, tutte accessibili tramite scale, piccole porte, tende o tunnel. Una tenda fatta di calzini imbottiti ospita un assemblage di «attrezzi morti». Un’altra stanza ospita un’installazione composta da due vetrine che mostrano e al tempo stesso nascondono il loro contenuto eterogeneo e surreale. Alcuni pannelli riportano frammenti di racconti e diagrammi. Alla fine quello che resta è un viaggio nel paese degli incubi surreali dove ci si muove - magari accompagnati, come me, dallo stesso Bock - con la gioia e il timore della scoperta.
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