sabato 15 novembre 2014

Suor Juana e i suoi versi erotici dedicati all'amata

"L’amore, mia signora, non trova in me alcuna resistenza e manda in fiamme il mio cuore esausto.
Impazzisco nell’estasi del vostro amore, e anche quando sono finti i vostri favori mi fanno impazzire di gioia. Amarvi è un crimine per cui non farò mai penitenza. Non importa se voi eludete i miei abbracci, mia cara, perché il solo mio pensiero può imprigionarvi".

Queste parole hanno oltre quattro secoli e le ha scritte Juana de Asbaje y Ramírez de Santillana, meglio conosciuta come Sor Juana, la suora messicana che nel 1600 scriveva poemi erotici dedicati alle donne che non poteva avere. Poemi che la critica letteraria ritiene, a ragione, pietre miliari del Siglo de oro e che il sito Lezpop ripropone parlando di un libro appena uscito negli Stati Uniti, tradotto da Edith Grossman, che riporta alla luce, senza troppi eufemismi, l’amore e il desiderio che la suora provava nei confronti di un’altra donna, Maria Luisa, la moglie del Vicerè di Spagna.

Juana Inés de la Cruz nacque a San Miguel de Nepantla, in Messico il 12 novembre 1651, terza di sei figli illegittimi: padre nobile e madre creola e analfabeta, che fece di tutto per assicurare un tutor ai suoi figli, sia maschi che femmine. All’età di 3 anni Juana sapeva già leggere e in breve tempo divorò tutti i libri della biblioteca del nonno. A 6 anni chiese alla madre di tagliarle i capelli corti così sarebbe potuta andare a studiare all’università come un uomo. In quel periodo, la madre le insegnò il nahuatl, la lingua indigena degli altopiani dell’America Centrale, che sarebbe entrata di prepotenza nelle sue opere insieme ai simboli mistici precolombiani.

Nel 1664 Juana era già famosa per il suo sapere, le sue poesie e le opere teatrali, tanto che fu invitata alla corte dalla moglie del Vicerè, Leonor Carreto, come sua dama di compagnia. Tre anni dopo, però, Juana abbandonò la Corte ed entrò in convento. Il motivo per cui scelse la vita monacale è ancora poco chiaro. Di sicuro ripugnava l’idea di doversi sposare e in secondo luogo, sapeva che ben presto avrebbe perso l’appoggio di Eleonor: si concludeva il mandato del Vicerè e sarebbe dovuta tornare in Spagna.

In compenso, la vita monacale non era particolarmente austera, anzi, nel convento di San Jeronimo Sor Juana aveva disposizione tutto il tempo per dedicarsi alla lettura e alle composizioni poetiche: la sua cella diviene la biblioteca più ricca (circa diecimila libri) di tutto il Messico. Nel 1680 arrivò a Città del Messico il nuovo Viceré, assieme alla moglie Maria Luisa Manrique de Lara, contessa di Paredes e fu amore. Peccato che quando Maria Luisa tornò in Spagna, Sor Juana si trovò senza protezione a dover fronteggiare l’arcivescovo di Città del Messico, Francisco Aguiar y Seijas, misogino e profondamente convinto che una donna non potesse avvicinarsi alla cultura. Il vescovo, infatti, le proibì di studiare e scrivere, fino a quando non Sor Juana non fu costretta a firmare la confessione: «Di tutti sono la peggiore». Dimenticata e ormai costretta a rinunciare ai suoi grandi amori morì di peste nel 1695.

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