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giovedì 20 settembre 2018

Marina Abramović: «Sono figlia di partigiani. Ho allenato il mio corpo»

L'indice sulla fiamma della candela è annerito, segno che è già da un po' che il fuoco brucia la carne viva. Ma non ci sono smorfie di dolore sul volto. Gli occhi, seppur arrossati, non tradiscono sofferenza. Marina Abramović è concentrata e guarda dritto negli occhi chi le sta davanti. Ha scelto questa immagine per la mostra, la sua prima retrospettiva italiana, che apre oggi 20 settembre a Palazzo Strozzi, Firenze. L'ha voluta chiamare The Cleaner (che si traduce in addetto alle pulizie). A 71 anni d'età e mezzo secolo di attività artistica alle spalle la "Signora delle performance" spiega così il titolo: «Come in una casa: tieni solo quello che ti serve fai pulizia del passato, della memoria, del destino». Quel che resta è l'agiografia di una delle artiste più controverse che con le sue opere ha rivoluzionato l'idea di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità di espressione. Marina Abramović ha saputo unire come pochi altri una ricerca d'avanguardia a una popolarità andata oltre i confini classici del sistema dell'arte:  riflettendo sulla propria vita, da sempre ha portato alla ribalta temi cruciali, che ci riguardano tutti, riuscendo a comunicare come nessun altro artista col presente, interpretandone le contraddizioni e le urgenze.
Anche questo è uno dei temi che fino al 20 gennaio la mostra di Palazzo Strozzi prova a raccontare attraverso video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance da parte di attori selezionati e formati (ma chissà se pagati il giusto).




Imponderabilia (1977)
Come Imponderabilia del 1977 che ripropone quanto accadde alla Galleria Comunale d'Arte Moderna di Bologna con lei nuda e il suo compagno/collega Ulay che messi all' ingresso una di fronte all'altro costringevano i visitatori che volevano entrare a strusciarsi sui loro corpi. Ai tempi intervenne la polizia per oltraggio al pudore, ieri c' era la fila per provare l'esperienza e mille flash hanno immortalato la scena. Così come The Freeing Series (tre riti di passaggio per esorcizzare il proprio contesto di origine prima di lasciare Belgrado nel 1975), Cleaning the Mirror (seduta con uno scheletro umano in grembo cerca di pulirlo con una spazzola ma si sporca sempre di più perchè l'acqua è sporca di argilla), Luminosity (nuda in equilibrio su un sellino di bicicletta appeso a un metro e mezzo da terra, muove lentamente le braccia e le gambe assorbendo energia da chi la guarda) e The House With/The Ocean View (in tre piccoli ambienti sopraelevati congiunti a terra da scale con i pioli fatti di coltelli con le lame rivolte verso l'alto ha vissuto 12 giorni e 12 notti in totale isolamento e digiuno sotto gli occhi del pubblico). 
The House With/The Ocean View

RE-PERFORMACE
«Quando vedo qualcuno che reinterpreta le mie performance provo distacco, ma anche felicità perché il mio lavoro esisterà anche oltre di me», dice ai giornalisti che ieri hanno visitato in anteprima la mostra. In perfetta forma, con una lunga treccia sulla spalla sinistra, vestita di nero Marina è soddisfatta e promette che sarà di nuovo in scena dal vivo nel 2020 alla Royal Accademy. «Ma non vi dico nulla, perché non voglio che porti sfortuna», dice sorridendo. È invece molto seria quando parla della giungla che ruota attorno alle performance. «Ho inventato le re-performace chiedendo il permesso agli artisti», racconta facendo riferimento al celebre ciclo Seven Easy Piece del 2005 realizzato al Guggenheim Museum di New York, in cui ha replicato sette storiche performance di artisti come Valie Export, Vito Acconci, Bruce Nauman, Gina Pane, Joseph Beuys e lei stessa.
«Dopo gli anni '70 le performance hanno ispirato la moda, i video musicali, la pubblicità, molti le hanno adattate e riproposte senza interpellarci, senza studiare cosa avevamo fatto e senza pagare i diritti d'autore. Era una terra di nessuno e credo che sia necessario regolamentarla per questo ho inventato un sistema di insegnamento dove si preparano gli artisti dal punto di vista psicologico e fisico». Una preparazione indispensabile alla quale si è sottoposta anche Marina per la celebre The lovers (1988) nella quale lei e Ulay dopo 12 anni di sodalizio artistico e vita di coppia si incontrano per dirsi addio a metà della Grande Muraglia cinese dopo aver percorso a piedi 2500 chilometri ciascuno partendo dalla parte opposta.

The Artist is Present
O per The Artist is Present (2010) al MoMA di NewYork: muta e immobile per tre mesi ha fissato 1675 persone che si sono avvicendate davanti a lei (tra cui Ulay - nella foto - dopo 12 anni di separazione). Non poteva mangiare, non poteva andare al bagno, non poteva bere, alzarsi o sgranchirsi le gambe: un anno prima una dottoressa preparò per lei un piano nutrizionale che le permise di saltare i pasti e le insegnò a bere solo la sera. Spiega: «All’ora di pranzo lo stomaco produce degli acidi; attraverso la ripetizione, il corpo impara che sta per essere nutrito ma, se ciò non succede, cala il livello degli zuccheri nel sangue e si può essere soggetti a malori. Così, un anno prima della mostra (la cui apertura era prevista per il marzo 2010), dovetti cominciare a imparare a saltare il pasto di mezzogiorno e a fare colazione molto presto e un solo pasto la sera, leggero e ricco di proteine. Dovevo imparare a bere acqua solo la sera, mai durante il giorno, perché non potevo fare pipì durante la performance. In caso di bisogno, la sedia era munita di uno sportello attraverso cui avrei potuto urinare. Ma fin dal secondo giorno capii che non mi sarebbe mai servito e ci misi sopra un cuscino. Durante la performance alcuni si chiesero se indossassi un pannolone. No, non ne avevo bisogno. Avevo allenato il mio corpo. Sono figlia di partigiani». Suo padre Vojin Abramović, conosciuto come Vojo fu un comandante riconosciuto, dopo la guerra, eroe nazionale di Serbia; sua madre Danica, maggiore dell'esercito, alla metà degli anni sessanta fu nominata direttore del Museo della Rivoluzione e Arte in Belgrado: entrambe tra le fila dei militanti di Tito negli anni ‘40 e inevitabilmente riflettevano la forma mentis militare, intrisa di rigore e disciplina, tra le mura di casa. Il padre le ha insegnato a nuotare lasciandola a sei anni da sola in mezzo al mare. Lui sulla barca se ne va e non si volta. «Ho sei anni e capisco di essere sola. E' la rabbia che mi fa tornare indietro, eppure lui continua a non guardame. alla fine mi ha tirato fuori afferrandomi con la mano. Non si trattava soltanto del modo in cui ex partigiani insegnavano ai bambini a essere duri: ho sempre saputo che non potevo contare su nessuno perchè non c'era amore. Mia madre non mi ha dato mai un bacio. Dopo tutto alla fine è andata bene, potrei essere molto più fuori di testa di come sono in realtà».

Rhytmn 0
«POTEVANO UCCIDERMI»
«The Artist is Present è stata la mia performance più dura», dice ora. Anche più di Rhytmn 0 del 1974 allo Studio Morra di Napoli. Su un tavolo c'erano 72 oggetti che il pubblico poteva usare su di lei. Le vennero tagliati i vestiti, fu ferita, quasi violentata, le puntarono la pistola carica alla gola finché non venne salvata dallo stesso pubblico: «Mi resi conto che potevano uccidermi. Ma quella era la performance: la sua essenza è che pubblico e performer realizzano insieme l' opera».
«Instagram non è arte», tuona Abramović. «Non possiamo chiudere gli occhi davanti alla tecnologia, ma dobbiamo usarla al meglio. Per ogni artista è molto importante trovare il suo strumento affinché il suo messaggio sia chiaro. E se il pubblico è toccato emotivamente e trasformato, vuol dire che si è fatto un buon lavoro».  E lei ci è riuscita.

Balkan Baroque
Lo dimostra il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia che le è stato assegnato nel 1997. Marina è chiamata a rappresentare ufficialmente la Serbia e il Montenegro alla Biennale, ma il progetto si interrompe bruscamente a causa del soggetto sensibile trattato dall’artista. Invitata da Germano Celant allestisce la ritualità sacrificale di Balkan Baroque in un sottoscala del Padiglione Centrale ai Giardini, scioccando pubblico e critica: «Ero seduta sul pavimento, su una catasta di ossa di vacca: sotto ce n’erano cinquecento pulite, sopra duemila sanguinolente, con attaccate carne e cartilagini. Per quattro giorni, per sette ore al giorno, sfregavo le ossa sanguinolente fino a farle diventare pulite, mentre su due schermi alle mie spalle venivano proiettate – a intermittenza e senza sonoro – immagini delle interviste a mio padre e a mia madre: Danica che ripiegava le mani sul cuore e poi si copriva gli occhi, Vojin che brandiva la sua pistola. In quel locale senza aria condizionata, nell’umida estate veneziana, le ossa sanguinolente marcirono e si riempirono di vermi, ma io continuavo a strofinarle: il lezzo era tre mendo, come quello di cadaveri sul campo di battaglia. I visitatori entravano in fila e osservavano, disgustati dalla puzza ma ipnotizzati dallo spettacolo. Mentre pulivo le ossa, piangevo e cantavo canzoni popolari jugoslave della mia infanzia. Su un terzo schermo passava un video in cui io, vestita da tipico scienziato slavo – occhiali, camice bianco, grosse scarpe di cuoio – raccontavo la storia del ratto-lupo. Per me quello era il barocco balcanico».

Pietà
ESPERIMENTO VIVENTE
La mostra inizia nel Cortile del Palazzo, dove è stato posizionato l’ex cellulare della Polizia, ridipinto di nero da Ulay, nel quale vissero per tre anni girando in tutta Europa. Si scende poi negli spazi underground della Strozzina per poi raggiungere il Piano Nobile dove si comprende come si è compiuto il “catartico” passaggio dalla pratica del disegno e della pittura, inizialmente anche a tema figurativo, verso l’impiego del corpo come “strumento artistico” d’elezione.
La mostra si estende anche al Museo dell'Opera del Duomo in dialogo con capolavori come la Pietà Bandini di Michelangelo. Si tratta di una fotografia della Pietà (Anima Mundi) (1983/2002) e del video The Kitchen V, Carrying the Milk (2009). Nella prima Marina Abramović reinterpreta l’iconografia sacra della Pietà e nella seconda rende omaggio alla mistica santa Teresa d’Avila.
Il visitatore può partecipare direttamente alle re-performance che ogni giorno saranno realizzate negli spazi di Palazzo Strozzi, tuffandosi in esperi enze che rendono questa mostra un vero e proprio e indimenticabile esperimento vivente.

Notazione gossip. C'era anche Ulay all'anteprima stampa. Marina lo ha presentato a tutti dicendo che anche lui era protagonista della mostra. Ma è finita lì. Ulay si è defilato, lei, invece raggiante ha rivelato a tutti il suo amore per l'uomo che l'accompagna.

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