giovedì 18 ottobre 2018

Quel rivoluzionario di Picasso che si ispirava all'antico

Anche l’antico un tempo è stato moderno. Lo sa bene il rivoluzionario Pablo Picasso distruttore del Bello canonico. Proprio in quell’antico il maestro spagnolo scoprì le forme adatte alla metamorfosi dei codici della pratica artistica accademica che lo portarono nel 1907 a inventare le Demoiselles d’Avignon, opera riconosciuta come il manifesto di una nuova estetica. Le radici, il passato sono gli elementi ricorrenti e costanti della sua poetica e del suo fare artistico: ha assorbito e fatto suo il mondo antico, quello del Mediterraneo, di Grecia, Spagna, Italia, Cicladi e Cipro. Ha indagato miti e mitologia; ha reinterpretato divinità, fauni, satiri, ninfe e menadi dando loro dolore, gioia e vita. Egli stesso è entrato nell’Olimpo nelle vesti di Pan dopo essere stato Zeus.
Lo dimostra la mostra che inaugura oggi a Palazzo Reale a Milano Picasso Metamorfosi che si pone proprio l’obiettivo di esplorare per la prima volta, da questa particolare prospettiva, l’intenso e complesso processo creativo di quello che è a tutti gli effetti un protagonista assoluti dell’arte del XX secolo.

Suddivisi in sei sezioni sono esposti oltre 200 pezzi tra le creazioni di Picasso e opere di arte antica come ceramiche, vasi, statue, placche votive, rilievi, idoli e stile che permettono al visitatore di penetrare nel laboratorio intimo dell’artista alla luce delle fonti che ne hanno ispirato l’opera ma anche di svelare i meccanismi di una singolare alchimia che pone l’Antichità al cuore di una modernità determinante per l’arte del Novecento. Si parte dalla «Mitologia del Bacio»: ci sono frammenti archeologici con bocche che si uniscono, ma anche il disegno di Ingres Paolo e Francesca, e Il bacio di Rodin: entrambi questi artisti, prima di lui avevano tentato di scardinare l’arte accademica. Poi c'è «Picasso; Arianna tra Minotauro e Fauno» dedicata alla sua ricerca estetica che si rifà alle tante raffigurazioni di esseri fantastici presenti nel repertorio mitologico. Ecco allora la preziosa statua della figlia di Minosse dormiente che arriva dal Louvre - emblema della bellezza che incarna il rinnovamento tra tradimento e idiliio amoroso- che fa da modello per molti nudi distesi con le braccia intorno alla testa rivolta all’indietro e anche di diversi disegni di donne sedute o in piedi. In questa sezione si possono ammirare in tutta la loro bellezza il Nudo Sdraiato del 1932 e il Nudo con bouquet di iris e specchio del 1934. Quanto al Fauno, per Picasso, rappresenta il lato selvaggio, indomabile dell’umanità. Incarna il gioco, la ribellione, la devianza, la libertà e la gioia. A partire dal 1936 l’artista moltiplica la sua rappresentazione nelle sue opere ora in baccanali erotici, pra in danze armoniose. Poi c’è il Minotauro, la figura più importante per Picasso perché rappresenta il suo doppio.
Seguono «Alla Fonte dell’Antico», «Il Louvre di Picasso: tra greci, etruschi e iberici» e  «Antropologia dell’antico»  dove la ceramica è la protagonista. Il maestro la scopre nel dopoguerra, aprendo un nuovo capitolo delle sue declinazioni dall’antico e, sperimentando il potenziale artistico della terracotta dipinta, fa evolvere l’oggetto dalla sua funzione d’uso  allo status di opera d’arte. Questa immersione nell’universo ancestrale degli studi di ceramisti evoca in Picasso il ricordo di Pompei e rivela il suo gusto per tutte le forme d’espressione decorative o artistiche provenienti dall’ambiente romano. Picasso utilizza vari materiali riciclati di studio, frammenti di contenitori culinari e di piastrelle per arrivare a esiti straordinari.
In tutte le sezioni è evidente come uno dei centri dell’opera di Picasso sia il suo rapporto con l’universo femminile. L’erotismo, il sentimento amoroso, la donna sono infatti aspetti sempre presenti in tutto il suo lavoro. E proprio una donna è il soggetto della scultura che chiude la mostra. In ferro saldato utilizzato come materiale di riciclo e volutamente dipinta di bianco come un marmo La donna in giardino del 1932 si trova nell’ultima sezione dove ci sono le Metamorfosi di Ovidio illustrate da Picasso nel 1931 in una celebre edizione pubblicata da Albert Skira e di cui Skira, in occasione della mostra, ha fatto uscire una riedizione in fac-simile e in tiratura limitata. L’importanza della pratica dell’acquaforte nell’opera di Picasso applicata all’edizione a stampa permette qui di approdare al libro d’artista. La scarsa tiratura dell’opera e il modo in cui Picasso incide la lastra di rame con un semplice tratto crea un effetto concorrente al disegno. L’effetto grafico rinvia ugualmente ai decori antichi dei vasi dipinti. Le scene immaginate da Picasso accompagnano il testo e sottolineano l’importanza della fonte  letteraria nell’interpretazione che ne propone l’artista. Le Metamorfosi di Ovidio riappaiono in qualche soggetto nella celebre suite Vollard (1933-1935), di cui sono presenti alcuni fogli, che presenta l’artista nel ruolo dello scultore al lavoro con
 la modella evocando il mito di Pigmalione, senza dubbio tra i soggetti preferiti di Picasso.
«Metamorfosi», curata da Pascal Picard - direttrice dei Musei Civici di Avignone - aggiunge un nuovo tassello al percorso di approfondimento sul grande artista intrapreso da Palazzo Reale nei decenni, un vero e proprio ciclo di mostre su Picasso. Prima fra tutte l’esposizione di Guernica nella sala delle Cariatidi nel 1953 (Milano fu la prima città, e l’unica, in Italia ad esporre l’opera); nel 2001 venne organizzata una grande antologica insieme agli eredi, mentre nel 2012 la rassegna monografica che ha registrato il record imbattuto di visite.
La mostra è accompagnato da un catalogo Skira.

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