sabato 21 luglio 2018

Agostino Bonalumi e la sua arte flessibile

Struttura modulare bianca 1970
Un cartello posto all’ingresso avverte il visitatore: «Questa mostra è dedicata a Luca Lovati». Non poteva essere altrimenti e Agostino Bonalumi (1935-2013) a cui è dedicata la bella antologica che inaugura oggi a Palazzo Reale sarebbe stato assolutamente d’accordo: il nome del suo storico assistente - morto lunedì scorso cadendo da una scala mentre allestiva la mostra - accostato al suo dà la possibilità a chi si sofferma davanti alle sue incredibili opere di capire il grande lavoro che c’era dietro.

Non solo - come ha ricordato il figlio di Bonalumi Fabrizio durante la preview - Lovati fu il migliore amico dell’artista, ma ebbe un ruolo decisivo nella trasformazione della ricerca artistica in opera d’arte. «Fu assistente di mio padre fin dal 1971 come parte integrante del suo processo creativo perché quando mio padre affrontava un nuovo progetto Luca era un aiuto fondamentale». Ecco allora che si guardano con altri occhi le 120 opere del maestro della forma esposte a cura di Marco Meneguzzo a Palazzo Reale, aiutati anche da diversi progetti su carta presentati come focus al Museo del Novecento.
Blu abitabile 1967
Un minuto di silenzio, le parole commosse del direttore della sede espositiva Domenico Piraina, dell’assessore alla cultura Fabrizio Del Corno e di Fabrizio Bonalumi, e poi le tende di pesante velluto si aprono come un sipario sulla prima delle tre grandi installazioni: «Blu abitabile», un’opera di pittura-ambiente realizzata nel 1967 per la mostra «Lo spazio dell’immagine» di Foligno. Da qui parte il percorso espositivo, ordinato cronologicamente, che racconta il genio creativo di Bonalumi che ha inventato un universo monocromo di tele, sculture e ambienti estroflessi, creando una sinfonia di luci e ombre che, nel 1959 - insieme ad Enrico Castellani e Piero Manzoni - ha segnato il superamento dell’astrazione geometrica e della pittura informale in quella Milano che stava cercando, trovandola, la sua strada nel mondo e nella modernità.
Altra importante ricostruzione è «Struttura modulare bianca» presentata nella sala personale alla XXXV Biennale d’Arte di Venezia del 1970. Si tratta di una serie di moduli che si innalzano verso l’alto: mentre Lovati allestiva quest’opera «la falce della nera signora è entrata a Palazzo Reale», per dirla con le parole di Piraina. La terza installazione propone una parete di grande superficie, esposta nel 2003 all’Institut Mathildenhöhe di Darmstadt, in Germania. «Agostino Bonalumi», ha detto Marco Meneguzzo, «appartiene a quella generazione che ha preso molto da Lucio Fontana, ma che è riuscita a dare il senso dello spazio in una maniera assolutamente moderna, così come avevano fatto i due suoi amici e sodali, Piero Manzoni ed Enrico Castellani, pur mantenendo ciascuno una propria e ben riconoscibile cifra espressiva». Bonalumi ha trovato la chiave per dare un’immagine dell’arte strettamente aderente alla società che stava formandosi, aprendosi finalmente alla vera modernità, continuando a sperimentare fino alla fine dei suoi giorni.
La mostra si può visitare fino al 30 settembre.

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