mercoledì 9 agosto 2017

Aiuto! Chi non ha un profilo social verrà giustiziato



Piazzale Flaminio, appena fuori le Mura Aureliane e a pochi metri da Piazza del Popolo, è uno dei punti nevralgici di Roma. Da lì passano i turisti diretti a Villa Borghese, alla Terrazza del Pincio, alla Chiesa di Santa Maria del Popolo e al famoso Tridente costituito da via del Corso, via di Ripetta e via del Babuino. Da lì i romani prendono la metropolitana e i bus che li portano in ogni dove. Ebbene, in questo crocevia, il 30 maggio 2095, si consumerà una terribile esecuzione di massa. Lo dice senza mezzi termini una targa commemorativa in alluminio inciso che fa bella mostra di sé da alcune settimane: «In questo luogo furono brutalmente giustiziati ventidue giovani rei di non possedere un profilo social, puniti come apolidi digitali», si legge.
Inquietante. Tanto quanto le altre lapidi spuntate come funghi in giro per la Capitale negli ultimi mesi. «Qui si tolse la vita N°44V864.962, primo androide emotivamente avanzato», si legge sul Lungotevere. La data: 3 febbraio 2379. E ancora a Villa Borghese, il parco più pittoresco di Roma dove l’antichità si sposa con il Rinascimento, la modernità con il Medioevo. L’ameno giardino sarà teatro nel novembre 2113 di una spaventosa deportazione, la prima recita la targa in ricordo di chi «colpevole di violazione degli standard della community» venne esiliato nelle «colonie penali di Marte».
Quello che ci attende dunque sembra essere un futuro poco roseo. E non sono certo solo supposizioni, ma quello a cui porterà il progressivo allontanamento dalla dimensione umana a favore di una tecnologia sempre più totalizzante. Più o meno lo stesso di quello raccontato da Black Mirror, la serie tv nella quale vengono immaginate e ricreate diverse situazioni del mondo moderno o futuro in cui una nuova invenzione tecnologica o un’idea paradossale ha, in qualche modo, destabilizzato la società e i sentimenti umani.
In realtà le targhe che presto compariranno in tutta Italia (già si trovano anche in Veneto e presto in Sicilia) sono opere di un collettivo di fotografi, DustyEye che lancia un messaggio di speranza. Il progetto, ribattezzato Il migliore dei futuri possibili ha infatti come obiettivo di diventare una grande installazione artistica e invertire la tendenza dell’attuale incapacità di progettare il domani, per tornare invece a «immaginare il futuro, a parlarne, cercando di capire come lo vogliamo». Lo stesso collettivo DustyEye ha spiegato che «l’idea è quella di creare un ponte tra passato, presente e futuro, di cui la targa ne è un’interprete, invogliando le persone a una riflessione sociale sul valore che diamo al nostro tempo e su quanto siamo assuefatti dalle nuove tecnologie, dalle loro norme e paradossi».
E comunque, sottolineano gli artisti sul loro sito: «Possiamo stare tranquilli, parafrasando l’epitaffio di Kurt Vonnegut “tutto andrà bene e nulla ci ferirà”. Ci aspettano anni radiosi. Un susseguirsi di Medioevi e Rinascimenti. La Vita continuerà in tutta la sua pacata brillantezza, sotto un Sole non così deciso ad esploderci in faccia come profetizzato. Non troppo in fretta perlomeno».
I DustyEye, che hanno deciso di nascondere la propria identità proprio per opporsi alla logica egocentrica a cui i social network danno voce celandosi dietro maschere inquietanti realizzate dallo stesso artigiano veneziano che ha prodotto quelle del capolavoro di Stanley Kubrick, Eyes wide shut, sono già noti nel panorama artistico nazionale. 
L’estate 2016 hanno decorato ogni cacca di cane trovata in giro per Roma, applicandogli occhi e vestiti e creando personaggi degni di South Park. Poi si sono inventati Un mese di bontà, l’installazione che chiedeva agli spettatori di scegliere tra appropriarsi di 5 euro protetti da una teca (ma accompagnati da un martelletto per agevolare la rottura del vetro) o attendere trenta giorni per vedere regalati in quello stesso luogo cento libri classici. Sia a Roma sia a Padova la banconota è stata presa in poche ore, ma l’installazione è rimasta per settimane sollevando controversie: c’è chi l’ha vista come uno stendardo del declino culturale e chi l’ha criticata per l’implicito insulto all’indigenza. 
E ancora La maniglia della prospettiva totale (vere e proprie maniglie sono state sparse in mezza Italia) «a cui aggrapparti mentre attraversi l’Infinito verso l’Entropia». Le loro installazioni non sono solo provocazioni fini a se stesse, ma spingono a riflettere sul concetto di opera d’arte e sul suo ruolo e forma nel mondo contemporaneo.

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