giovedì 22 giugno 2017

La svolta Lgbtq del Museo Prado

Un neonato accudito amorevolmente da quelli che sembrano due papà. No, non è il manifesto di qualche associazione arcobaleno. È un dipinto del 1631 di José De Ribera nel quale è ritratta una famiglia dell'epoca: c'è Maddalena Ventura - dalla corporatura massiccia e con il volto dai lineamenti maschili completamente ricoperto di barba - il marito e suo figlio che viene allattato al seno. Solo da questo particolare, una bella mammella nuda e turgida (oltre che dai tipici utensili di uso domestico come il fuso, l'arcolaio e la lana poggiati sui blocchi di pietra sulla destra) si capisce che è una donna.
Lo stesso può dirsi de La barbuda de Peñaranda di Juan Sanchez Cotán. L'artista, nel 1590, ha rappresentato una persona con una folta barba e una calvizie avanzata. Sembra un uomo, e invece si tratta di tal Brigida del Río, una cinquantenne che finì tra le Emblemas morales (1610) di Sebastián de Covarrubias: «Sono maschio, sono donna, sono un terzo / che non è uno, né un altro, né è chiaro \. Mi ritengono sinistro e male presagio / noti ognuno che mi ha guardato / che è altro io, se vive effeminato», scriveva a proposito di Brigida.
Nelle due signore barbute ci si imbatte percorrendo l'inedito percorso organizzato dal Museo Prado di Madrid nella sua collezione permanente in occasione del Word Pride, che si festeggia in Spagna da domani: trenta capolavori che obbligano i visitatori a guardare con altri occhi e a "normalizzare" le identità sessuali meno convenzionali.


La barbuda di Cotàn
La mirada del otro. Escenarios para la diferencia (Lo sguardo dell'altro. Scenari per la differenza) è infatti un viaggio nell'eredità iconografica della storia dell'arte occidentale legata alle tematiche LGBTQ, un'avventura alla scoperta delle relazioni sentimentali tra persone dello stesso sesso, di personaggi e comportamenti che al tempo venivano considerate «fuori dalla norma». «Non volevamo fare un racconto homoerótico, l'intenzione è quella di segnalare fatti storici incontestabili», puntualizza Carlos Navarro, curatore della mostra insieme con Álvaro Perdices. «Non sono state scelte opere che celebrano l'amore omosessuale, ma quelle immagini che documentano ciò che nel passato era o non era considerata un'identità o un comportamento sessuale normale».
Per questo motivo l'itinerario all'interno delle sale del Prado, ha come obiettivo di «aprire piccole finestre» su argomenti specifici. A partire dalla sezione Amicizie immortali nel mondo classico, dove le relazioni tra uomini erano comuni, mitizzate dagli artisti e legittimate in nome della libertà sessuale (solo quelle maschili, le lesbiche erano ripudiate, perché per i greci e i romani il piacere risiedeva esclusivamente nel fallo). Ecco allora Oreste e Pilade, Antinoo ed Adriano, ritratti nei loro statuari busti di marmo, Armodio e Aristogitone, i tirannicidi ai quali si deve la nascita della democrazia ateniese, e la scultura Saffo di Lesbo, tirata fuori per l'occasione dai depositi del museo.
Guido Reni, San Sebastiano
Il percorso LGBTQ del Prado prevede anche la tappa Perseguire i desideri dove i protagonisti sono gli artisti che vennero perseguitati e processati in vita per presunta sodomia. C'è Leonardo da Vinci e Sandro Botticelli che dopo essere stato sottoposto a un pubblico giudizio nella piazza centrale di Firenze con l'accusa di essersi coricato con un giovane di 17 anni, ritenuto innocente, cambiò vita arrivando a bruciare molte sue opere considerate compromettenti. E ancora: Benvenuto Cellini, Caravaggio, scelto non solo perché anche lui fu accusato di sodomia, ma anche per la vicenda dell'opera proposta, Davide e Golia, che si dice arrivò nelle collezioni reali di Spagna grazie al Giovanni di Tasis, conte di Villareale, etichettato all'epoca come omosessuale; e Guido Reni, un artista considerato molto "queer" che non fu perseguitato, ma le cui opere furono in gran parte censurate quando era in vita per l'ambiguità dei soggetti rappresentati. Come il timido e verginale San Sebastiano, che la regina Isabella Farnese voleva fosse ridipinto per coprire la sua scomoda sessualità. Qualcosa di simile accadde al dipinto di Cornelis van Haarlem con Zeus e gli altri dei che sollecitano Apollo a riprendere le redini del suo carro. Era chiuso nei depositi perché considerato sconveniente per le collezioni reali mostrare tutti quegli uomini nudi con in primo piano i loro lati B.

L'Ermafrodito di Bonucelli
Nella sezione Ingannevoli apparenze oltre alle donne barbute, e al bellissimo Ermafrodita in bronzo di Matteo Bonuccelli che campeggia nella sala de Las Meninas, c'è anche un prezioso disegno di Goya dal significativo titolo El Maricón de la Tía Gila, uno omuncolo ridicolo, basso e sgorbio che alzandosi la gonna guarda con aria di sfida chi lo guarda: maricón, termine dispregiativo per indicare un omosessuale, venne scritto da Goya in maiuscolo per dare dignità a quel personaggio che la società del tempo cercava al contrario di nascondere, al pari di pazzi, invalidi e mendicanti.
Goya, El Maricòn

Amare come gli dei è dedicata invece alla pittura a soggetto mitologico prodotta da artisti come Rubens e Jean-Baptiste Marie Pierre per la contemplazione privata di reali, cardinali e potenti, che mostra sensuali coppie omosessuali amoreggianti, ispirate alle storie di Ovidio e dei poeti dell' antichità.
Caliope e Calisto
Chicca dell' itinerario speciale del Prado è un dipinto di Rosa Bonheur, audace pittrice omosessuale nella Francia di fine Ottocento insignita della prestigiosa Legione d'onore francese. Il suo El Cid è il ritratto di un leone, simbolo della coscienza individuale contro il servilismo e l'oppressione maschile. Un'allegoria ancora necessaria alle donne per rivendicare la propria identità femminile.
El Cid
 La mostra, che prevede anche una serie di incontri corsi e video-interventi, si potrà visitare fino al 10 settembre 201

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