mercoledì 2 marzo 2016

Jacob Tuggener, l'uomo che rese poesia l'altoforno



E' uno dei dieci più importanti fotografi industriali nel mondo, eppure in Italia Jakob Tuggener (1904-1988) è conosciuto per lo più dagli addetti ai lavori: il suo libro “Fabrik” uscito nel 1943 -  in cui  ripercorre la storia dell’industrializzazione e illustra il potenziale distruttivo del progresso tecnico indiscriminato il cui esito era la guerra in corso - è una pietra miliare nella storia dell'editoria fotografica al pari di  “Paris de nuit” di Brassaïs del 1933 e a “The English at Home” di Bill Brandt del 1936.
Per far conoscere la sua arte al grande pubblico la Fondazione Mast gli rende omaggio  con una doppia mostra a Bologna: fotografie e proiezioni a testimonianza del genio del fotografo svizzero scomparso nel 1988. «Tuggener è stato al tempo stesso fotografo, regista e pittore. Ma si considerava anzitutto un artista - afferma Martin Gasser, co-curatore della mostra -. Influenzato dal cinema espressionista tedesco degli anni Venti, sviluppò una cifra artistica estremamente poetica destinata a fare scuola nel secondo dopoguerra».  Tunneger è infatti capace di catturare lo sguardo dell’osservatore facendolo entrare nell’immagine  dandogli così l’opportunità di viverla; riesce a rappresentare con intensità sia il mondo dell'industria meccanica, sia quello dell’hight society. 

Con luci, ombre e  forti contrasti Tunneger mette in evidenza le diseguaglianze ma mai ha voluto essere classificato come un critico dei costumi. Ciò che gli interessa è il grado di forza con cui si manifesta un fenomeno, qualsiasi sia la condizione in cui si rivela. La sua osservazione è fatta di curiosità ma nel contempo contiene il desiderio. Sarà egli stesso infatti a coniare la definizione del proprio lavoro: «Seta e macchine, questo è Tuggener!» collocando se stesso tra i due estremi, senza mai formulare un confronto  il suo scopo era solo quello di creare immagini poetiche. Poesia che è evidente nei 4 filmati degli anni 1937-1944 che arricchiscono il percorso espositivo al Mast.
Al lavoro nelle fabbriche Tuggener dedica gran parte del suo lavoro  come mostrano le 150 stampe originali in bianco e nero esposte in “Fabrik 1933–1953”. Alcune sono tratte dal suo saggio omonimo sul rapporto tra uomo e macchina, sulla storia dell’industrializzazione e sui rischi del progresso tecnico.  Tuggener sorprende i soggetti da lui immortalati nella loro quotidianità: la smorfia sul volto del fuochista addetto al forno elettrico; un operaio che ripara una caldaia, la postina Berti che, in ritardo, corre sulla scale, gli ingegneri che discutono attorno al tavolo, la segretaria che si ammira in un uno specchietto. Ma gli interessano anche gli oggetti usati sul posto di lavoro: un pacchetto di sigarette dimenticato da un operaio tra gli ingranaggi, minuscole viti nel palmo calloso e segnato di un operaio;  il laboratorio di ricerca in una fabbrica di costruzioni meccaniche. 

Macchine, ma anche seta; operai sporchi di grasso, ma anche donne seducenti  catturate di nascosto dalla Leica di Tuggener.  In “Nuits de bal 1934–1950”  vengono infatti proiettate le sue fotografie dedicate a feste e balli mondani nei grandi hotel svizzeri. 
Le schiene nude delle dame dell’alta società, i décolleté profondi delle signora e gli sguardi estasiati degli accompagnatori si contrappongono a quelli dei camerieri che servono le pietanze o portano in conto su piccoli vassoi d'argento e degli orchestrali che suonano stanchi al veglione di San Silvestro al Palace Hotel di Saint Mortiz e al Grand Hotel Dolder di Zurigo. 
 Queste immagini non furono mai pubblicate: molti soggetti ritratti di rifiutarono di dare il nulla osta per la pubblicazione per timore di essere riconosciuti e così rimasero per lungo tempo.   Il progetto Nuits de Bal  vedrà infatti la luce in forma di libro soltanto dopo la sua morte.
Alla tecnica fotografica Tuggener affianca quella cinematografica: all’inizio sono piccoli film muti su commissione che diventa una produzione propria, già piuttosto dinamica, servendosi di un montaggio con passaggi dal campo totale al primo piano che deve molto al cinema di Ėjzenštejn e che in seguito diventerà scuola per giovani fotografi come l’americano Robert Frank. Per rappresentare l’eclettismo e l’eccezionalità di questo artista, il percorso espositivo al Mast di Bologna è arricchito dai filmati Meeting aereo” del 1937, “Il polso dei tempi nuovi” del 1938, “Il mulino del lago”, 1944, e “L’era della macchina”, 1938-70.

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