mercoledì 21 agosto 2013

La svolta libertaria di Amina "per abbattere il sistema"


Cosa c'è dietro le Femen? L'attivista tunisina Amina Sboui non è ancora riuscita a capirlo e nel dubbio ci sia un un mandatario che abbia ben poco a che fare con i diritti delle donne e la lotta alla prostituzione, ha lasciato il movimento. Arrestata per aver imbrattato il muro del cimitero di Kairouan (150 chilometri a sud di Tunisi), con l’obiettivo di denunciare un corteo di un movimento salafita interdetto dalle autorità, appena uscita dal carcere di  Messaadine, ha chiesto spiegazioni sui finanziatori dell'organizzazione femminista fondata in Ucraina famosa per le sue proteste a seno nudo in sostegno dei diritti delle donne, ma di fronte al silenzio di Inna Shevchenko, la leader del gruppo ha preferito fare un passo indietro.

"L'ho chiesto varie volte ma non ho avuto risposta", ha detto Amina in un'intervista sull'edizione maghrebina dell'Huffington Post. "E se fosse finanziato da Israele?", si chiede la diciannovenne che attualmente in stato di libertà provvisoria in attesa del processo.
Non solo. Amina non ha gradito alcune manifestazioni delle Femen: "Non mi è piaciuta l’azione in cui le ragazze strillavano ‘Amina Akbar, Femen Akbar’ (una parodia di preghiera) davanti all’ambasciata di Tunisia in Francia, o quando hanno bruciato la bandiera di Tawhid (dogma fondamentale dell’islam) davanti alla moschea di Parigi", ha dichiarato all’edizione maghrebina del sito di informazione dell’Huffington Post. "Questo ha colpito molti musulmani e molte persone a me vicine. Serve rispettare la religione di tutti", ha detto sottolineando:"Non voglio che il mio nome sia associato a un’organizzazione islamofoba". Per Amina “ci sono state buone azioni, ma altre azioni che non lo sono state per niente. Avrebbero dovuto consultare i miei avvocati prima di fare certe azioni. Quelle azioni hanno aggravato la mia situazione. Un altro capo d’imputazione, associazione a delinquere, è stato emesso contro di me mentre ero già in prigione", ha tenuto a sottolineare.
Nei giorni scorsi Amina, subito dopo essere stata fermata e rilasciata per avere lanciato delle uova contro la facciata del Ministero della Cultura, ha postato su Twitter la foto in cui appare nell’abituale tenuta scoperta che caratterizza le militanti del gruppo e con un cocktail molotov in mano. Ripresa nell’atto di accendere la miccia cartacea della bottiglia con la sigaretta stretta tra le labbra Amina si è scritta sul corpo: “We don’t need your dimocracy”, accompagnata dal messaggio “Amina proteste contre la fausse démocratie des islamistes tunisiens”. A completare il messaggio una A cerchiata. "In topless col simbolo anarchico", precisa lei che già è di nuovo attiva "per abbattere il sistema" con  Feminism Attack, l'organizzazione anarcofemminista tunisina. 
"A dire il vero, non faccio ancora parte di Feminism Attack", confessa Amina. "Ci sto pensando ancora. Ma sai, per me il problema in Tunisia non è il partito Ennahdha o la persona di Rached Ghannouchi (leader di Ennahdha, ndr), il problema è l'intero sistema. Se domani governasse uno dei partiti di opposizione, sarebbe la stessa cosa. Il mio problema non è il poter indossare qui una minigonna. So che lo potrò sempre fare. Ma che un domani una donna possa diventare presidente della Repubblica, che nelle zone rurali le donne non siano quelle che soffrono di più".
Amina spiega alla giornalista che "l'anarchia non è il caos come alcuni pensano. Anarchia non vuol dire abbattere tutto, ma abbattere il sistema. Naturalmente, se un poliziotto spara a qualcuno, non reagisco, offrendogli un libro. Il ricorso alla violenza, a volte, è necessario".
Da parte loro le militanti di Feminism Attack hanno diffuso una nota in cui si dicono sorprese dalla parole di Amina soprattutto quando parla di "presidente della repubblica donna": parole contraddittorie per una persona che si professa "anarchica". Qui di seguito la dichiarazione di Feminism Attack: "Suites aux dernières déclarations d'Amina, nous avons jugé essentiel de fournir quelques explications. L'ayant rencontré personnellement, nous avons été surprises par quelques unes de ses dites proclamations. Sa proposition de rejoindre le mouvement venait d'elle, l'action "opération 3dham" à laquelle Sana et Ines ont participé était "détachée" du mouvement pour cause des décisions mitigées qu'elle a pu rencontrer au sein du groupe, c'était uniquement pour soutenir Nasreddin Shili qui a été l'un des premiers à s'être déplacé et nous avoir soutenu le soir de notre première arrestation. Et concernant sa soit-disant proclamation vis à vis de l'anarchisme, elles nous semblent contradictoires étant donné son souhait de voir "une femme devenir présidente de la république".

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